Farsa e dramma nello sblocco della perequazione delle pensioni
La Consulta
boccia il blocco delle pensioni voluto dalla Fornero e da Monti – Il provvedimento
di sblocco è erga omnes precisa la Consulta – Qualcuno pensa già a qualche
furbizia per vanificarne la portata mentre i soliti immorali danno lezione di
etica
Giovedì, 7 maggio 2015
Che l’Italia
sia un paese di furbi o di individui che si sentano tali non è una novità. Ed è
proprio sulla base di questo inesauribile requisito che i nostri uomini di
governo si stanno preparando a fronteggiare la valanga messa in moto sui conti
pubblici dalla decisione della Corte Costituzionale, che ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale del blocco della perequazione automatica sulle
pensioni superiori a tre volte il minimo imposta nel 2011 e nel 2012 dall’esecutivo Monti per mano di
Elsa Fornero.
Già, perché
se la sentenza della Consulta è di chiarezza cristallina di opposta trasparenza
è il comportamento del governo, anticipato da tal Enrico Zanetti di Scelta
Civica, sottosegretario all’Economia. Il carneade, con ineffabile sussiego, ha
dichiarato ai microfoni della tv di stato che: “Visti i sacrifici imposti alle categorie più deboli, riconoscere la
rivalutazione anche alle pensioni più elevate sarebbe immorale”. Naturalmente
il prode docente di decenza pubblica non s’è fatto sfiorare dal dubbio che la
vera immoralità sia rappresentata dal consesso parlamentare in cui sguazza, che
a fronte di una crisi drammatica fatta pagare interamente ai cittadini non ha
visto alcuna iniziativa per ridurre gli immorali – questi sì – appannaggi previsti
per lui ed i suoi esimi colleghi. Ancora nella giornata odierna, in cui il Parlamento dovrebbe varare la norma sul
taglio dei vitalizi agli ex deputati condannati per i più svariati e vili
reati, l’orientamento sembra quello di colpire solo coloro che hanno subito
condanne superiori ai sei anni, cioè nessuno.
Ma si sa,
non scopriamo nulla di nuovo. Siamo governati da personaggi nel cui vocabolario
i termini dignità, coerenza, equità e moralità sono utilizzati in conto terzi.
Si prenda ad
esempio il nuovo Capo dello Stato, quell’arcigno signore che sino a qualche
settimana fa era membro di quella Consulta che aveva bollato di illegittimità
costituzionale il famigerato Porcellum. Lo stesso personaggio, indossate le
vesti di Presidente della Repubblica non ha esitato a promulgare la nuova legge
elettorale voluta da Renzi ed i suoi incursori, che in parecchi passaggi non
solo somiglia alla precedente, ma è addirittura peggiorativa.
Pur se si
comprendono le ragioni dell’esecutivo sull’effetto micidiale che produrrà sui
conti pubblici la sentenza di sblocco della perequazione delle pensioni, ciò
comunque non legittima un comportamento elusivo dell’obbligo di adempimento del
governo. E per una volta siamo in sintonia con Belpietro e Sallusti quando
parlano di ladri di stato a danno dei pensionati a proposito del tentativo che
solletica il carneade Zanetti di eludere o di manipolarne la portata della
sentenza. La stessa Corte nella serata di ieri ha fatto filtrare un messaggio
con il quale diffida il governo dal mettere in pratica ingiustificati paletti
sulla portata erga omnes e sulla
immediatezza del dispositivo, al punto
da costringere Renzi a dichiarare che le uniche dichiarazioni da prendere in
considerazione sono e saranno quelle del ministro Padoan e non le fregnacce
rilasciate dal primo sciacqua lattughe che s’aggira per i palazzi del potere.
Che poi
venga inventata una via per minimizzare l’impatto sui conti pubblici della
ricaduta dell’onere, per certi versi può anche starci: rateizzazione, pagamento
in titoli del debito pubblico o altri surrogati, per quanto deludenti per le
aspettative di coloro che sono stati ingiustamente penalizzati, sarebbero
comprensibili. Ciò che non potrebbe mai ammettersi è un’applicazione distorta e
parziale della sentenza in questione.
D’altra
parte è innegabile che per ottemperare al disposto della Consulta non mancano
certo vie alternative per reperire il denaro necessario. Occorrerebbe solo un
minimo di coraggio e colpire le rendite che si sono ingrassate durante la crisi
o far rientrare una parte dei ricchissimi sussidi elargiti a man bassa alla
banche, quelle banche che sulle cause della crisi non possono di certo
dichiararsi estranee. Né va sottovalutato che buona parte delle somme da riconoscere
alle pensioni più elevate rientrerebbero sotto forma di imposizione fiscale
nelle casse dello stato, grazie al meccanismo dell’imposizione per scaglioni di
reddito.
La verità è
che con il provvedimento Monti-Fornero, oggi bocciato dalla Consulta, al tempo
si cercò di buttare fumo negli occhi dei cittadini, scatenando una guerra tra categorie
sociali prendendo spunto dall’indignazione generale per l’esistenza di pensioni
veramente d’oro riconosciute a ex parlamentari e tanti ex boiardi di stato, che
avevano fruito di trattamenti previdenziali di favore o avevano versato
contribuzioni a dir poco ridicole. Aver accumunato questi trattamenti a quelli
di categorie di lavoratori che avevano comunque versato importanti
contribuzioni, come i dirigenti di aziende private, ha costituito la classica
operazione di far di tutta l’erba un fascio e di edulcorare la gravità delle
responsabilità della politica nel riconoscere a se stessa ed alla sua clientela
trattamenti principeschi interamente accollati ai cittadini.
Forse non è
del tutto superfluo consigliare a tutti i soggetti coinvolti in questa
spregevole vicenda di iniquità e di violazione di principi costituzionali di
dedicare un po’ del loro tempo ad una lettura attenta e serena delle motivazioni
della sentenza della Corte. Forse prenderebbero così maggiore coscienza di
quanto siano balorde le idee di quanti vorrebbero limitarne effetti e ricadute.
Nella foto, Enrico Zanetti, sottosegretario al ministero dell'Economia e maestro di moralità.
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