giovedì, aprile 23, 2015

Italicum Waterloo di Renzi?



Continua la guerra tra i dem – Mossa inaudita di Renzi che sostituisce gli oppositori in seno alla Commissione Affari Costituzionali – Le ragioni dell’opposizione sono tutt’altro che peregrine – Il ruolo del Capo dello Stato nello scontro in atto e per la tutela della democrazia
Giovedì, 23 aprile 2015
Il lungo silenzio che ha contraddistinto questo blog, contrariamente a quanto qualcuno ha sospettato, non è certo sintomo di pedissequa condivisione delle vicende politiche che hanno segnato la vita pubblica del Paese. A parte le connotazioni del tutto volontaristiche di questo blog e gli impegni di altra natura che assorbono il tempo a disposizione, potremmo anche confessare che siamo rimasti ad osservare non senza sbalordimento l’incalzare delle gesta di Renzi e delle sue truppe cammellate, per meglio formulare giudizi complessivi e critiche maggiormente basate su dati di fatto consolidati.
Considerato che sono stati spesi fiumi d’inchiostro sul discutibile provvedimento degli 80 euro, sulla riforma del Senato, sullo scellerato jobs act, sugli improvvidi accordi del Nazareno con Berlusconi e soci, franati all’alba dell’elezione di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica, vale la pena soffermarsi sulla guerra interna ancora in corso all’interno del PD tra i cosiddetti renziani e la consistente minoranza del partito, giunti ormai a rappresentare ben un terzo della compagine dem. L’argomento principe rimasto sul tappeto, che sta vivendo una fase di scontri senza esclusione di colpi e che ad ogni giorno che passa sembra preludere alla resa dei conti, è l’Italicum,  cioè il progetto di nuova legge elettorale varato con l’appoggio di FI in forza dell’accodo del Nazareno, la cui approvazione è oggi messa in discussione persino da quel Berlusconi per gli interessi del quale ha assunto la fisionomia contestata dalle componenti minoritarie del PD.
La vicenda ha dei risvolti a dir poco sconcertanti, poiché, se non per oscuri fini egemoni ed autoritari che hanno avvinto Renzi, non si capisce l’ostinazione con la quale il capo del governo e segretario del PD insiste nel voler mantenere inalterato il corpo del provvedimento già votato al Senato e che invece i gruppi riferiti a Bersani, Cuperlo, Civati, Speranza e Boccia, vorrebbero emendato alla Camera.
Com’è noto, oggetti del contendere sono l’espressione delle preferenze da parte del corpo elettorale nella scelta dei candidati da eleggere ed il quorum previsto per accedere al premio di maggioranza. Tali aspetti della legge, da sempre contestati dalla minoranza PD, hanno scatenato una battaglia senza quartiere, al punto che al Senato l’approvazione del provvedimento è avvenuta con una maggioranza risicata di alcuni voti. Alla Camera, dove il provvedimento è stato inviato in Commissione prima di passare al voto dell’Aula, per anticipare la presentazione di emendamenti contrari Matteo Renzi, con un provvedimento mai visto in una democrazia occidentale, ha deciso di rimuovere i componenti sgraditi sostituendoli con altrettanti yes men di sua fiducia che gli potessero garantire l’approvazione del testo di legge da sottoporre al voto del Parlamento senza variazione alcuna rispetto al testo passato al Senato.
Dire che quella di Renzi è stata un’iniziativa da democrazia nord coreana o da parlamento bulgaro degli anni più bui per disfarsi dell’opposizione interna non fa sufficiente giustizia della terminologia che effettivamente bisognerebbe usare in questi casi. Certo è che coloro che l’accusano di deriva autoritaria e d’aver compiuto un atto eversivo delle regole democratiche  non hanno torto e che con il trascorrere del tempo lo spavaldo ex-sindaco si stia rivelando un pericoloso bullo è sostanzialmente nei fatti.
E che la componente minoritaria del PD abbia ragioni da vendere nel contestare quegli aspetti della nuova legge elettorale è confortato dalla valutazione che del provvedimento danno parecchi costituzionalisti. «Non c’è dubbio. Intanto l’Italicum è un’emerita porcheria. E soprattutto a mio avviso è palesemente incostituzionale, confermando tutti i profili d’illegittimità ai quali la Corte àncora la decisione sul Porcellum, relativi alla rappresentatività delle assemblee e alla libertà e all’eguaglianza del diritto di voto, come “il più fondamentale dei diritti”», ha affermato Massimo Villone, emerito costituzionalista dell’università Federico II di Napoli ed ex senatore in un intervista a il Fatto Quotidiano. «Sotto il profilo della rappresentatività, la Corte dice che si può limitare a beneficio della governabilità,»continua Villone, - «ma con un iperpremio di maggioranza e in aggiunta anche un ballottaggio, sono sicurissimo di avere la maggioranza. E allora le soglie, a che servono? Sono un limite inutile ed eccessivo, di cui non c’è bisogno, per garantire la governabilità. In realtà puntano a una semplificazione forzosa del sistema politico, che non è un fine costituzionalmente rilevante e bilanciabile con il voto, e anzi si pone in contrasto con l’art. 49 della Costituzione.»
La legittimità costituzionale del provvedimento investe poi anche la questione delle candidature plurime oltre che quella delle liste bloccate. A mero titolo d’esempio s’immagini di esprimere la preferenza per un certo candidato, ma di non voler eletto il capolista in cui il nome di quel candidato è compreso. Non v’è dubbio alcuno che quella preferenza contribuirà a far eleggere anche quel capolista che non avrei mai votato. Nello stesso tempo votare un certo candidato in un dato luogo, per esempio Catania, che magari s’è presentato in un’altra città, per esempio Bari, qualora questo candidato dovesse optare per l’elezione a Bari il voto espresso non avrà contribuito all’elezione di un altro candidato a Catania a cui non era stato assegnato quel voto? E se questo non fosse sufficiente a dimostrare che l’Italicum reca in seno perversioni persino peggiori del Porcellum, ci si è resi conto che con il meccanismo del ballottaggio e del premio di maggioranza l’unico partito che avrà candidati eletti anche con le preferenze e sarà quello che avrà vinto, mentre gli altri avranno eletti provenienti dalle liste bloccate. «Ricordiamoci poi che la legge elettorale vale per la Camera, ma s’intreccia con la riforma del Senato,»ha avverte il professor Villone, che poi conclude: «Per com’è disegnato è un Senato dei nominati: così si colpisce ancora il principio di rappresentanza dei cittadini e si aggrava il vizio sistemico. Aggiungo: arriveremmo a un governo padrone del parlamento, grazie alla ghigliottina prevista nella riforma. Secondo me la Costituzione serve a limitare il potere, non a ingigantirlo a danno della partecipazione democratica.»
Alla luce di queste considerazioni ben si comprende come il malumore interno al PD sia tutt’altro che uno strumentale dissenso teso ad indebolire politicamente la figura di Matteo Renzi. E’ probabile che un po’ per indole e un po’ perché offuscato dalle pressioni di cattivi consiglieri il capo dell’esecutivo si sia lasciato prendere la mano dalla frenesia di chiudere un capito lo ormai aperto da troppo tempo. Tuttavia sottovaluta le conseguenze sia di un frettoloso epilogo della questione che le reazioni tutte da verificare del Capo dello Stato, cui competerà la firma finale di promulgazione della legge.
A questo proposito non si può trascurare che Sergio Mattarella viene dalla Corte Costituzionale, quell’organo costituzionale di cui era membro proprio ai tempi della bocciatura del Porcellum, cui l’Italicum in qualche maniera sembra riprendere i punti peggiori su cui si è focalizzata l’attenzione della Corte. E il sospetto che Mattarella possa anche opporsi in prima battuta di apporre la sua firma sul clone di quella legge infame questa volta non potrà certo essere superato con la sostituzione dell’inquilino del Quirinale.


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