Italicum Waterloo di Renzi?
Continua la guerra tra i dem – Mossa inaudita di Renzi che
sostituisce gli oppositori in seno alla Commissione Affari Costituzionali – Le ragioni
dell’opposizione sono tutt’altro che peregrine – Il ruolo del Capo dello Stato
nello scontro in atto e per la tutela della democrazia
Giovedì, 23
aprile 2015
Il lungo silenzio che ha contraddistinto questo blog,
contrariamente a quanto qualcuno ha sospettato, non è certo sintomo di pedissequa
condivisione delle vicende politiche che hanno segnato la vita pubblica del
Paese. A parte le connotazioni del tutto volontaristiche di questo blog e gli
impegni di altra natura che assorbono il tempo a disposizione, potremmo anche
confessare che siamo rimasti ad osservare non senza sbalordimento l’incalzare
delle gesta di Renzi e delle sue truppe cammellate, per meglio formulare giudizi
complessivi e critiche maggiormente basate su dati di fatto consolidati.
Considerato che sono stati spesi fiumi d’inchiostro sul
discutibile provvedimento degli 80 euro, sulla riforma del Senato, sullo
scellerato jobs act, sugli improvvidi accordi del Nazareno con Berlusconi e
soci, franati all’alba dell’elezione di Sergio Mattarella alla Presidenza della
Repubblica, vale la pena soffermarsi sulla guerra interna ancora in corso all’interno
del PD tra i cosiddetti renziani e la consistente minoranza del partito, giunti
ormai a rappresentare ben un terzo della compagine dem. L’argomento principe
rimasto sul tappeto, che sta vivendo una fase di scontri senza esclusione di
colpi e che ad ogni giorno che passa sembra preludere alla resa dei conti, è l’Italicum,
cioè il progetto di nuova legge
elettorale varato con l’appoggio di FI in forza dell’accodo del Nazareno, la
cui approvazione è oggi messa in discussione persino da quel Berlusconi per gli
interessi del quale ha assunto la fisionomia contestata dalle componenti
minoritarie del PD.
La vicenda ha dei risvolti a dir poco sconcertanti, poiché, se non
per oscuri fini egemoni ed autoritari che hanno avvinto Renzi, non si capisce l’ostinazione
con la quale il capo del governo e segretario del PD insiste nel voler
mantenere inalterato il corpo del provvedimento già votato al Senato e che
invece i gruppi riferiti a Bersani, Cuperlo, Civati, Speranza e Boccia,
vorrebbero emendato alla Camera.
Com’è noto, oggetti del contendere sono l’espressione delle
preferenze da parte del corpo elettorale nella scelta dei candidati da eleggere
ed il quorum previsto per accedere al premio di maggioranza. Tali aspetti della
legge, da sempre contestati dalla minoranza PD, hanno scatenato una battaglia
senza quartiere, al punto che al Senato l’approvazione del provvedimento è
avvenuta con una maggioranza risicata di alcuni voti. Alla Camera, dove il
provvedimento è stato inviato in Commissione prima di passare al voto dell’Aula,
per anticipare la presentazione di emendamenti contrari Matteo Renzi, con un
provvedimento mai visto in una democrazia occidentale, ha deciso di rimuovere i
componenti sgraditi sostituendoli con altrettanti yes men di sua fiducia che gli potessero garantire l’approvazione
del testo di legge da sottoporre al voto del Parlamento senza variazione alcuna
rispetto al testo passato al Senato.
Dire che quella di Renzi è stata un’iniziativa da democrazia nord
coreana o da parlamento bulgaro degli anni più bui per disfarsi dell’opposizione
interna non fa sufficiente giustizia della terminologia che effettivamente
bisognerebbe usare in questi casi. Certo è che coloro che l’accusano di deriva
autoritaria e d’aver compiuto un atto eversivo delle regole democratiche non hanno torto e che con il trascorrere del
tempo lo spavaldo ex-sindaco si stia rivelando un pericoloso bullo è
sostanzialmente nei fatti.
E che la componente minoritaria del PD abbia ragioni da vendere
nel contestare quegli aspetti della nuova legge elettorale è confortato dalla
valutazione che del provvedimento danno parecchi costituzionalisti. «Non c’è dubbio. Intanto l’Italicum è
un’emerita porcheria. E soprattutto a mio avviso è palesemente
incostituzionale, confermando tutti i profili d’illegittimità ai quali la Corte
àncora la decisione sul Porcellum, relativi alla rappresentatività delle assemblee
e alla libertà e all’eguaglianza del diritto di voto, come “il più fondamentale
dei diritti”», ha affermato Massimo Villone, emerito costituzionalista dell’università
Federico II di Napoli ed ex senatore in un intervista a il Fatto Quotidiano. «Sotto il profilo della
rappresentatività, la Corte dice che si può limitare a beneficio della
governabilità,» – continua Villone, - «ma
con un iperpremio di maggioranza e in aggiunta anche un ballottaggio, sono
sicurissimo di avere la maggioranza. E allora le soglie, a che servono? Sono un
limite inutile ed eccessivo, di cui non c’è bisogno, per garantire la
governabilità. In realtà puntano a una semplificazione forzosa del sistema
politico, che non è un fine costituzionalmente rilevante e bilanciabile con il
voto, e anzi si pone in contrasto con l’art. 49 della Costituzione.»
La legittimità costituzionale del provvedimento investe poi anche
la questione delle candidature plurime oltre che quella delle liste bloccate. A
mero titolo d’esempio s’immagini di esprimere la preferenza per un certo candidato,
ma di non voler eletto il capolista in cui il nome di quel candidato è
compreso. Non v’è dubbio alcuno che quella preferenza contribuirà a far
eleggere anche quel capolista che non avrei mai votato. Nello stesso tempo
votare un certo candidato in un dato luogo, per esempio Catania, che magari s’è
presentato in un’altra città, per esempio Bari, qualora questo candidato
dovesse optare per l’elezione a Bari il voto espresso non avrà contribuito all’elezione
di un altro candidato a Catania a cui non era stato assegnato quel voto? E se
questo non fosse sufficiente a dimostrare che l’Italicum reca in seno
perversioni persino peggiori del Porcellum, ci si è resi conto che con il
meccanismo del ballottaggio e del premio di maggioranza l’unico partito che
avrà candidati eletti anche con le preferenze e sarà quello che avrà vinto,
mentre gli altri avranno eletti provenienti dalle liste bloccate. «Ricordiamoci poi che la legge elettorale
vale per la Camera, ma s’intreccia con la riforma del Senato,» – ha avverte il professor Villone, che poi
conclude: «Per com’è disegnato è un Senato dei nominati: così si colpisce ancora
il principio di rappresentanza dei cittadini e si aggrava il vizio sistemico.
Aggiungo: arriveremmo a un governo padrone del parlamento, grazie alla
ghigliottina prevista nella riforma. Secondo me la Costituzione serve a
limitare il potere, non a ingigantirlo a danno della partecipazione
democratica.»
Alla luce di queste considerazioni ben si comprende come il
malumore interno al PD sia tutt’altro che uno strumentale dissenso teso ad
indebolire politicamente la figura di Matteo Renzi. E’ probabile che un po’ per
indole e un po’ perché offuscato dalle pressioni di cattivi consiglieri il capo
dell’esecutivo si sia lasciato prendere la mano dalla frenesia di chiudere un
capito lo ormai aperto da troppo tempo. Tuttavia sottovaluta le conseguenze sia
di un frettoloso epilogo della questione che le reazioni tutte da verificare
del Capo dello Stato, cui competerà la firma finale di promulgazione della
legge.
A questo proposito non si può trascurare che Sergio Mattarella
viene dalla Corte Costituzionale, quell’organo costituzionale di cui era membro
proprio ai tempi della bocciatura del Porcellum, cui l’Italicum in qualche
maniera sembra riprendere i punti peggiori su cui si è focalizzata l’attenzione
della Corte. E il sospetto che Mattarella possa anche opporsi in prima battuta
di apporre la sua firma sul clone di quella legge infame questa volta non potrà
certo essere superato con la sostituzione dell’inquilino del Quirinale.
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