Quando le chiacchiere vuote diventano l’oppio del popolo
Il premier
rilascia una dilagante intervista a tutto campo a Repubblica TV – L’ennesima occasione per autocelebrarsi, ma anche
per ammettere qualche errore nella campagna elettorale in Campania – E mentre
parla dei massimi sistemi, in generale
la situazione non migliora
Martedì, 12 maggio 2015
«Ci sono persone che pur di attirarsi qualche
attenzione passano il tempo a contestare, così costringono il mondo a parlare e
riconoscere loro un ruolo di paladini dei
presunti deboli e di difensori di una giustizia basata sull’assistenzialismo».
Così esordiva un noto giornalista di un altrettanto noto quotidiano del Sud in
un editoriale il giorno dopo in cui l’allora sindaco di Catania aveva
annunciato l’aumento del prezzo dell’autobus urbano di 20 lire.
Preso da
quell’impeto polemico, che molto spesso fa perdere la lucidità e fa precipitare
in un divertente ridicolo certi maître à penser, il valente giornalista si
sperticava nel sottolineare le buone ragioni dell’amministrazione comunale di
Catania che avevano indotto il provvedimento e, certo di poter essere molto più
convincente se avesse toccato l’orgoglio dei cittadini etnei, poi concludeva: «D’altra parte non si capisce con quale criterio ci si possa opporre all’adeguamento
del prezzo dei trasporti in una città
che si picca d’essere la Milano del Sud. Si sappia che a Londra il prezzo di un
biglietto corrisponde a ben 500 delle nostre lire e la gente là non protesta».
Naturalmente l’autore della filippica
ben si era guardato nel suo editoriale di mettere in risalto ciò che al tempo, -
ed in modo ancora più divaricato oggi, - marcava la distanza tra Milano e
Catania e tra quest’ultima e Londra. Non un accenno alle differenze di reddito,
né un doveroso rimando alla qualità ed alla capillarità dei servizi esistente
tra gli improbabili termini di paragone: la sferzata all’orgoglio cittadino
avrebbe dovuto essere più che sufficiente a far digerire la pillola a gente che
conduceva la propria esistenza in una sorta di giungla urbana in cui, per
fronteggiare la completa inesistenza di servizi pubblici dignitosi e continuare
a foraggiare sprechi si rappresentava come indifferibile un ritocco delle
tariffe di trasporto urbano. Poco importava che, per far fronte al gravissimo
disservizio, era sorta una fiorente quanto terzomondista attività di
improvvisati tramvieri privati, che con la propria auto e conniventi le autorità,
colmavano l’assenza di bus cittadini a prezzi stracciati.
In maniera pressoché simile s’è
espresso il nostro beneamato presidente del consiglio Matteo Renzi ai
microfoni di Repubblica Tv, dove, spinto dalla consueta logorrea narcisistica,
ha parlato a tutto campo: dalla scuola alle Regionali, dai migranti alla legge
elettorale, dai suoi autoreferenziali successi al dissenso interno al partito
ed ai miracolosi provvedimenti sul mercato del lavoro.
«Quello che stiamo facendo sul mercato del
lavoro in Italia lo hanno già fatto Schroeder in Germania e Clinton negli Usa.
È di sinistra riformista», ha affermato deciso il premier, senza spiegare
il senso di un’affermazione che, proferita in quel modo, rimane priva di
significato.
Ma Renzi è
fatto così. E’ convinto che basti eccedere in ottimismo, nell’esaltare il senso
dei pericoli scampati ancorché effettivamente incombenti, nel liquidare con
quattro battutine al curaro le contestazioni che gli vengono dall’interno della
compagine politica cui dichiara d’appartenere, per ottundere la materia grigia
dei suoi interlocutori e portarsi a casa quel che vende per ampio consenso alla
sua politica degli annunci, o a mascherare la portata nefasta delle riforma
messe in campo a colpi di fiducia. Non abbiamo appreso da lui che una delle
armi che utilizza il potere è quella di ridicolizzare il dissenso o esimersi
dal confronto. Lui è solo ultimo di una lunga schiera di venditori di fumo che
lottano al grido di panzane per rimanere incollato alla poltrona. Gli è spesso
sufficiente abbandonarsi all’autocelebrazione, alla citazione di grandi
personaggi della storia, che hanno sicuramente agito in contesti e in
condizioni profondamente diversi, ma che hanno riportato significativi successi,
per accreditare il proprio operato. Poco importa che la disoccupazione sia
ormai al 13% e che il suo Jobs Act, con
la cancellazione dell’articolo 18 dello Statuto, sia comunemente considerato
una iattura.
«Alcuni candidati mi imbarazzano eccome, però
dico che le liste PD sono pulite» precisa Renzi a proposito dell’affaire
Campania, pur ammettendo che «su alcune
liste collegate al Presidente si può discutere, ci sono candidati che non
voterei neanche se costretto». L’affermazione si rivela una piccola opera d’arte
di cerchiobottismo: da una parte l’ammissione della presenza di candidati
impresentabili, esponenti di note famiglie camorriste, candidati di cui ammette
l’invotabilità; dall’altra – udite, udite! – una apodittica pulizia delle liste
del PD, che suona in stridente contraddizione con le affermazioni precedenti,
quantunque il furbetto presidente del consiglio tenga a precisare che i poco di
buono si trovino nelle liste di appoggio.
Ma caro
presidente, ma allora è più che evidente che ci ha preso per cialtroni.
Premesso che lei in persona è andato a baciare come un mamma santissima il suo
agente sul posto Vincenzo De Luca, l’ipotesi che questi vinca con i l’appoggio
della delinquenza la lascia indifferente? Crede che basti una presa di distanza
per purgarsi da ogni responsabilità nel conseguire un’eventuale vittoria
elettorale con l’apporto della camorra o si sia talmente abituati alle nefaste
regole imposte dalla Balena Bianca da restare indifferenti? Non le pare che
avrebbe fatto una miglior figura se il suo PD avesse rifiutato ogni alleanza
con certa gentaglia? Come mai permette ad un condannato come Vincenzo De Luca,
quantunque in primo grado, di candidarsi alla presidenza di una regione quando
sa che dovrà rinunciare all’incarico in forza della Severino?
Non
intendiamo qui porgli tante domande, caro presidente, tanto abbiamo contezza
che lei è avvezzo a sfuggire quelle scomode e ad attaccare l’etichetta di gufo
a chi dissente dal suo verbo. Ci sembrerebbe però che con la questione degli
apparentamenti elettorali con canaglie e affini, senza trascurare la doppia
velocità con la quale ha trattato gli inquisiti altrui e quelli che albergano
nel suo governo con il suo consenso, il senso della misura sia stato superato e
sarebbe doveroso un atto di completa chiarezza al Paese.
E in quanto
alle occasioni, sicuramente non le mancherebbero. Per esempio, qualora volesse
dare una dimostrazione di buona volontà e di pentimento per le tante violenze
commesse a danno degli Italiani, non ultima con quello sgorbio nostalgico di
legge elettorale, allora rispetti i dettami della Consulta e smetta di mostrare
tracotante i muscoli ai pensionati, ai quali, sino ad oggi, non ha
somministrato che ignobili salassi. Facile accreditarsi con regalie da 80 euro
a chi non li ha chiesti; un po’ meno facile pensare di portarsi il consenso a
casa defraudando di diritti legittimi chi nella vita residua che gli rimane può
fare affidamento per salvaguardare il proprio reddito su un assegno mai più negoziabile.
Se quello
che propaganda è il nuovo PD, se questo PD è la casa del centrosinistra ed il
prologo del Partito della Nazione, allora, egregio presidente, per favore non
apra quella porta.
Nella foto, Renzi e De Luca in cameratesco abbraccio
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