D’Alema: le confessioni di un italiano piccolo piccolo
Sabato, 30 giugno 2007
Nella lunga guerra di cifre e tatticismi che da oltre sei mesi avvelena il confronto tra maggioranza ed opposizione, tra maggioranza e forze sociali e tra gli stessi partiti della coalizione finalmente si intravvede uno spiraglio di chiarezza, anche se questa chiarezza finisce per mettere a nudo la profonda scorrettezza e l’arroganza senza pari con la quale una parte delle forze attualmente al governo del Paese ha mentito, sapendo di farlo, ai cittadini che le hanno dato fiducia.
La confessione di questo ignobile imbroglio, peraltro, non è venuta dalla voce di un gregario qualsiasi, ma per bocca di uno dei leader più accreditati del Governo Prodi, quel Massimo D’Alema che, come si ricorderà, ancora un anno fa era stato in corsa per la Presidenza della Repubblica.
E così il buon D’Alema, dal palco di CGIL Incontri di Serravalle Pistoiese ha testualmente dichiarato: «È chiaro che soldi per cancellare lo scalone non ce li abbiamo e anche se li avessimo riterrei sbagliato metterli in un’operazione di questo tipo». Ovviamente, l’affermazione non è stata seguita da alcuna dichiarazione di scusa verso quegli elettori che a buon diritto hanno vacillato sulla sedia nel sentirsi così protervamente traditi; né il Ministro degli Esteri e Vice-Presidente del Consiglio ha evidenziato il minimo rossore per la portata della sua plateale confessione.
L’incredibile e inattesa dichiarazione di D’Alema non ha mancato di suscitare l’irritazione di Guglielmo Epifani, che ha ritenuto opportuno rammentare alla platea ed all’insigne ospite che «il programma del centrosinistra parla di abolizione dello scalone: capisco che i programmi elettorali non sempre possono essere rispettati, ma una certa coerenza dovrebbe essere mantenuta». Ma com’era prevedibile la chiosa di Epifani non ha ricevuto alcun commento.
Ora, a prescindere dai problemi di coerenza dei singoli uomini politici in circolazione in questa tristissima Repubblica, le dichiarazioni di D’Alema, per la loro gravità e per la loro ricaduta sulla credibilità dell’intera compagine governativa, sollevano riflessioni di cui non potrà non tenersi debito conto alla prima tornata elettorale.
In prima istanza, è oltre modo deprimente che una coalizione si sia presentata ai cittadini facendo promesse, chiare ed in equivoche, su un tema sociale così sentito da costringere i sindacati tutti a dichiarare lo sciopero generale per ben due volte in fase di introduzione dello scalone pensionistico, senza aver fatto i conti su quanto sarebbe costato correggere lo scalone stesso.
In seconda istanza, se tali conti sono stati fatti e dunque fosse stato noto il costo dell’operazione, il tradimento delle attese dell’elettorato, - ché di questo ormai stiamo parlando, - è cosa talmente premeditata da costituire di per sé un fatto di una gravità senza precedenti nella storia della Repubblica, le cui conseguenze politiche non potrebbero che prevedere se non le immediate dimissioni di questo inqualificabile esecutivo, senza alcuna possibilità d’appello.
In terza istanza si apre un altrettanto gravissimo problema di rapporti all’interno della coalizione medesima, in cui sembra chiaro come vi sia una componente che a quell’impegno non solo ha creduto ma ad ogni costo vuol far coerentemente fede ed una componente che, invece, ha scientemente barato. E sì, perché non è lecito ritenere che coloro che insistono per l’abolizione dello scalone abbiano preso un abbaglio quando rimandano agli impegni di programma. Allo stesso modo, non è lecito che chi nei fatti intende rimangiarsi quanto sottoscritto difenda le proprie bugie attaccando con accuse di massimalismo o di qualunquismo da marciapiede la parte opposta. Davanti a questi fatti non ci troviamo davanti ad una sinistra massimalista e radicale ed ad una sinistra illuminata e progressista. Ci troviamo piuttosto di fronte ad una sinistra responsabile degli impegni assunti ed una sinistra bugiarda e demagoga, che ha costruito il suo potere profittando delle speranze e delle disperazioni degli Italiani.
Ben si comprende adesso la ragione per la quale le organizzazioni i sindacali, in coda alla fallita trattativa sulla riforma del sistema pensionistico, abbiano dichiarato che per riprendere le trattative sarebbe necessaria un’unanime linea d’indirizzo del Governo: troppo facile scaricare sul sindacato la responsabilità di non aver trovato un’intesa percorribile, solo perché questo si era rifiutato seguire gli interlocutori sul terreno dell’ambiguità. Troppo facile mettere nella mani di Diliberto e Giordano il cerino dell’oltranzismo a copertura delle proprie vergognose bugie. Stupisce semmai il senso di responsabilità e la pazienza con i quali Comunisti Italiani e Rifondazione continuano a mantenere in vita questa coalizione moribonda, rischiando solo di farsi travolgere in una caduta di credibilità e di consenso.
E che D’Alema e sodali abbiano premeditatamente mentito emerge chiaro anche dalle parole di Walter Veltroni, che nel corso dei comizi di candidatura alla guida del nascente Partito Democratico ha chiaramente sostenuto che qualora fossero disponibili le risorse per la cancellazione dello scalone sulle pensioni, lui preferirebbe investire questa disponibilità in progetti per l’occupazione dei giovani, piuttosto che per consentire ai cinquantasettenni di accedere al pensionamento: ecco il quadro tra vecchio e nuovo corso è chiuso. Nel suo mieloso ecumenismo, Veltroni rammenta urbi et orbi come sia necessario avviarci verso un sistema in cui le opposizioni dovranno rimboccarsi le maniche per lavorare insieme per la costruzione di un Paese moderno e responsabile del futuro dei giovani, le vere forze vive del Paese. E se pensare a questo futuro significa togliere al momento dell’incasso a chi per una vita ha pagato, non per dare ad altri, ma solo per innalzare qualche nuovo albero della cuccagna virtuale, poco importa, tanto – aggiungiamo noi - di promesse non onorate e di nuove bugie risponderà qualcun altro e non i tribuni d’oggi.
Certo, non è la furbizia che manca al buon Veltroni quando ammicca ai giovani, anche lui speranzoso che cadano nella rete di promesse illusorie ma di fortissima presa. Sa bene il leader nascente che i non più giovani, coloro che hanno passato una vita a sgobbare e sperare ed ora, come accade a tanti vecchi, stanno in cucina quando arrivano gli ospiti affinché con i loro racconti di vita vissuta non rompano l’incanto di tanti bei discorsi di facciata, difficilmente si farebbero irretire dai suoi specchietti per le allodole.
La confessione di questo ignobile imbroglio, peraltro, non è venuta dalla voce di un gregario qualsiasi, ma per bocca di uno dei leader più accreditati del Governo Prodi, quel Massimo D’Alema che, come si ricorderà, ancora un anno fa era stato in corsa per la Presidenza della Repubblica.
E così il buon D’Alema, dal palco di CGIL Incontri di Serravalle Pistoiese ha testualmente dichiarato: «È chiaro che soldi per cancellare lo scalone non ce li abbiamo e anche se li avessimo riterrei sbagliato metterli in un’operazione di questo tipo». Ovviamente, l’affermazione non è stata seguita da alcuna dichiarazione di scusa verso quegli elettori che a buon diritto hanno vacillato sulla sedia nel sentirsi così protervamente traditi; né il Ministro degli Esteri e Vice-Presidente del Consiglio ha evidenziato il minimo rossore per la portata della sua plateale confessione.
L’incredibile e inattesa dichiarazione di D’Alema non ha mancato di suscitare l’irritazione di Guglielmo Epifani, che ha ritenuto opportuno rammentare alla platea ed all’insigne ospite che «il programma del centrosinistra parla di abolizione dello scalone: capisco che i programmi elettorali non sempre possono essere rispettati, ma una certa coerenza dovrebbe essere mantenuta». Ma com’era prevedibile la chiosa di Epifani non ha ricevuto alcun commento.
Ora, a prescindere dai problemi di coerenza dei singoli uomini politici in circolazione in questa tristissima Repubblica, le dichiarazioni di D’Alema, per la loro gravità e per la loro ricaduta sulla credibilità dell’intera compagine governativa, sollevano riflessioni di cui non potrà non tenersi debito conto alla prima tornata elettorale.
In prima istanza, è oltre modo deprimente che una coalizione si sia presentata ai cittadini facendo promesse, chiare ed in equivoche, su un tema sociale così sentito da costringere i sindacati tutti a dichiarare lo sciopero generale per ben due volte in fase di introduzione dello scalone pensionistico, senza aver fatto i conti su quanto sarebbe costato correggere lo scalone stesso.
In seconda istanza, se tali conti sono stati fatti e dunque fosse stato noto il costo dell’operazione, il tradimento delle attese dell’elettorato, - ché di questo ormai stiamo parlando, - è cosa talmente premeditata da costituire di per sé un fatto di una gravità senza precedenti nella storia della Repubblica, le cui conseguenze politiche non potrebbero che prevedere se non le immediate dimissioni di questo inqualificabile esecutivo, senza alcuna possibilità d’appello.
In terza istanza si apre un altrettanto gravissimo problema di rapporti all’interno della coalizione medesima, in cui sembra chiaro come vi sia una componente che a quell’impegno non solo ha creduto ma ad ogni costo vuol far coerentemente fede ed una componente che, invece, ha scientemente barato. E sì, perché non è lecito ritenere che coloro che insistono per l’abolizione dello scalone abbiano preso un abbaglio quando rimandano agli impegni di programma. Allo stesso modo, non è lecito che chi nei fatti intende rimangiarsi quanto sottoscritto difenda le proprie bugie attaccando con accuse di massimalismo o di qualunquismo da marciapiede la parte opposta. Davanti a questi fatti non ci troviamo davanti ad una sinistra massimalista e radicale ed ad una sinistra illuminata e progressista. Ci troviamo piuttosto di fronte ad una sinistra responsabile degli impegni assunti ed una sinistra bugiarda e demagoga, che ha costruito il suo potere profittando delle speranze e delle disperazioni degli Italiani.
Ben si comprende adesso la ragione per la quale le organizzazioni i sindacali, in coda alla fallita trattativa sulla riforma del sistema pensionistico, abbiano dichiarato che per riprendere le trattative sarebbe necessaria un’unanime linea d’indirizzo del Governo: troppo facile scaricare sul sindacato la responsabilità di non aver trovato un’intesa percorribile, solo perché questo si era rifiutato seguire gli interlocutori sul terreno dell’ambiguità. Troppo facile mettere nella mani di Diliberto e Giordano il cerino dell’oltranzismo a copertura delle proprie vergognose bugie. Stupisce semmai il senso di responsabilità e la pazienza con i quali Comunisti Italiani e Rifondazione continuano a mantenere in vita questa coalizione moribonda, rischiando solo di farsi travolgere in una caduta di credibilità e di consenso.
E che D’Alema e sodali abbiano premeditatamente mentito emerge chiaro anche dalle parole di Walter Veltroni, che nel corso dei comizi di candidatura alla guida del nascente Partito Democratico ha chiaramente sostenuto che qualora fossero disponibili le risorse per la cancellazione dello scalone sulle pensioni, lui preferirebbe investire questa disponibilità in progetti per l’occupazione dei giovani, piuttosto che per consentire ai cinquantasettenni di accedere al pensionamento: ecco il quadro tra vecchio e nuovo corso è chiuso. Nel suo mieloso ecumenismo, Veltroni rammenta urbi et orbi come sia necessario avviarci verso un sistema in cui le opposizioni dovranno rimboccarsi le maniche per lavorare insieme per la costruzione di un Paese moderno e responsabile del futuro dei giovani, le vere forze vive del Paese. E se pensare a questo futuro significa togliere al momento dell’incasso a chi per una vita ha pagato, non per dare ad altri, ma solo per innalzare qualche nuovo albero della cuccagna virtuale, poco importa, tanto – aggiungiamo noi - di promesse non onorate e di nuove bugie risponderà qualcun altro e non i tribuni d’oggi.
Certo, non è la furbizia che manca al buon Veltroni quando ammicca ai giovani, anche lui speranzoso che cadano nella rete di promesse illusorie ma di fortissima presa. Sa bene il leader nascente che i non più giovani, coloro che hanno passato una vita a sgobbare e sperare ed ora, come accade a tanti vecchi, stanno in cucina quando arrivano gli ospiti affinché con i loro racconti di vita vissuta non rompano l’incanto di tanti bei discorsi di facciata, difficilmente si farebbero irretire dai suoi specchietti per le allodole.
1 Commenti:
Ho letto i resoconti di stampa e trovo anch'io incredibile il comportamento di D'Alema.
Condivido le considerazioni sulla premeditazione dell'attuale Governo di non cancellare lo scalone, altrimenti non ci sarebbero stati mesi e mesi di discussioni e trattative su una questione che, se effettivamente condivisa, non richiedeva che un atto legislativo di abrogazione dello scalone stesso.
Con questi politici non solo non si andrà lontano, ma è drammatico rendersi conto che al loro tramonto non ci sarà un nuovo giorno.
Pietro Cossetti - Arezzo
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