sabato, luglio 14, 2007

Le riforme e l’oppio del popolo



Venerdì, 13 luglio 2007

Karl Marx ormai due secoli or sono aveva attribuito alla religione il potere di obnubilare la mente umana ed è forse per questa ragione che al grande pensatore fu attribuita un’animosità mai documentata contro tutto ciò che aveva a che vedere con il clero e con tutto ciò che intorno a questo gravitava, qualunque fosse la natura della religione.
In realtà e quantunque Marx non potesse certo definirsi in alcun modo un uomo di fede nel soprannaturale, le sue affermazioni intendevano travalicare il confine strettamente letterale e sottintendere piuttosto che l’oppio dei popoli era rappresentato da tutto ciò che si poneva come dogmaticamente vero, assumendo per l’individuo una valenza immanente di vera e propria fede.
Sebbene i tempi cambino e cambino pure gli uomini e gli strumenti con cui si esercita il potere, rimangono i metodi concettuali di manipolazione degli individui ed ai giorni nostri l’oppio si palesa sotto le false spoglie di un riformismo di gattopardiana memoria, che pare mutare le cose per lasciarle in realtà assolutamente come erano prima se non peggiorarle.
E’ di stamani, per esempio, la notizia che il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge cosiddetto taglia-costi, dando così una risposta concreta al coro delle proteste sul costo della politica, acuitosi particolarmente dopo l’ormai best seller di Stella, La casta, che degli sprechi e delle demenzialità delle spese dei politici ha fatto un quadro allucinante quanto veritiero.
Il provvedimento, che secondo le stime dell’Esecutivo dovrebbe consentire a regime un risparmio di circa 1,3 miliardi di euro annui, ruota su quattro punti cardine:
1) la razionalizzazione della pubblica amministrazione "con la previsione di una delega per il riordino e l'accorpamento di enti, organismi e strutture pubbliche, nonché il taglio automatico di enti inutili non riordinati entro una determinata data";
2) la riforma della rappresentanza politica a livello locale per razionalizzazione i costi;
3) trasparenza e riduzione dei costi delle società in mano pubblica con relativa riduzione dei membri degli organi di tutte le società controllate dall'amministrazione pubblica non quotate in mercati regolamentati e di meccanismi di selezione pubblica per tutte le assunzioni;
4) promozione dell'etica pubblica, e cioè trasparenza degli stipendi dei vertici amministrativi; misure che permettano di scegliere tramite offerta al pubblico i candidati per le nomine di competenza delle amministrazioni pubbliche; limiti al cumulo di incarichi pubblici da parte dei titolari di cariche elettive.Il risultato dovrebbe spaziare dalla riduzione e l'accorpamento degli enti locali (dimezzamento del numero dei ministeri), ai limiti per il finanziamento pubblico dei partiti, dai tagli poderosi alle auto blu a norme "rigorosissime" sulla trasparenza nell'affidamento degli incarichi pubblici. E poi un limite dell'accumulo degli incarichi pubblici, l'abolizione cioè di quelle figure iper-attive che riescono ad essere contemporaneamente sindaci, consiglieri, amministratori e altro. Meno rami morti, quindi; peccato che gli enti inutili, in Italia, non esistano. L’agenzia per i giochi olimpici, tenutisi a Torino l’anno scorso, è classificata come indispensabile dal ministero degli affari Esteri. E, purtroppo, non si tratta di un caso isolato, dato che, ad esempio, dal tempo dei mondiali di calcio sopravvive un ente che risponde al nome di Italia 90.
Non v’è dubbio che così visto il provvedimento sembra rispondere alla richiesta di maggiore trasparenza e sostenibilità degli oneri pubblici per la politica, per quanto le stime formulate dal Governo sui risparmi derivati non coincidano con le valutazioni effettuate in altre sedi, che ridurrebbero a 500 milioni i minori costi. Probabilmente la differenza è da imputare ai meccanismi di graduale introduzione dei tagli, che non andranno in onda tutti nella presente legislatura, ed alle prevedibili limature che il provvedimento subirà nel corso del suo iter di approvazione parlamentare.
Iniziative come questa, che virtualmente dovrebbero rappresentare un primo scalino nel lunghissimo processo di riconciliazione con la politica, accorpano però sorprese che quello scalino fanno immediatamente franare al primo sfioramento di scarpa. Sì, perché insieme ai tagli, tanto pubblicizzati con fanfare di dichiarazioni e volti contriti, nessuno ha avuto il coraggio di comunicare ai cittadini che il provvedimento contiene anche l’adeguamento immediato delle già pingui retribuzioni degli inquilini del palazzo, che hanno incrementato il loro appannaggio di ben 300 euro mensili (3600 annui). Come dire, questi poveri servitori della Repubblica in un mese porteranno a casa quanto, tra risse, duelli verbali e minacce di crisi di governo, hanno concesso in un anno ai pensionati indigenti qualche giorno fa. Se provate ad interrogarli ad uno ad uno magari vi diranno che non avrebbero voluto, ma disgraziatamente il loro stipendio è equiparato a quello dei magistrati presidenti di sezione della Corte di Cassazione, ed essendo aumentati quelli, guarda caso l’automatismo ha voluto aumentassero anche i loro. Naturalmente, essendo a questi signori notoriamente sconosciuti sia la dignità che il senso del ridicolo, non sono stati neanche sfiorati dall’idea che, non essendo tale aumento imposto da prescrizione medica, avrebbero potuto rinunciarvi giusto per dare un minimo esempio di correttezza etica.
Né migliore sorte, oltre che pubblicità, ha avuto la notizia circa il rifiuto dei signori parlamentari, in larga parte sfruttatori di giovani assunti in nero, – quei giovani verso i quali i lavoratori ribaldi devono fare i sacrifici con le proprie pensioni, – di consentire alla regolamentazione degli accessi agli uffici parlamentari riservandolo solo a coloro accreditati come da regolare contratto di lavoro.
Ecco allora che l’oppio per il popolo assume il suo significato: la fede nella politica, la convinzione che ci sia a palazzo ancora qualcuno mosso da un alto senso di dedizione alla propria missione da poter fare gli interessi di chi lo ha eletto. Un’illusione che ci viene somministrata in dosi sempre più massicce, che non ci consente più di distinguere la bufala, lo specchietto per le allodole dal vero raggio di luce.
E così ci eravamo illusi che il ministro Bersani, con il suo ormai famoso decreto sulle liberalizzazioni, avesse effettivamente messo in campo un meccanismo che potesse tutelare i cittadini dallo strapotere di alcune lobby. Peccato che il ministro abbia sottovalutato come i prevedibili rigurgiti d’arroganza dei suoi interlocutori andassero presidiati, dato che la liberalizzazione del commercio dei carburanti ha visto solo incrementare il prezzo di benzina e gasolio (il dollaro scende rispetto all’euro, ma il prezzo del carburante stranamente sale, tra l’indifferenza di chi dovrebbe controllare); l’abolizione dell’assurdo costo di ricarica dei cellulari è stato cancellato, ma Wind, prima, ed H3G, a breve, hanno rimodulato i prezzi dei loro servizi con incrementi anche del 100%; le assicurazioni hanno subito l’imposizione di rimborsi in tempi più rapidi, ma se subisci il furto dell’auto, come è capitato allo scrivente, non solo ti chiedono di produrre documentazione che prima non era prevista, consci della paralisi in cui ormai versa il sistema giudiziario, ma, se solo protesti, ti denunciano per tentata truffa, che con i tempi dei processi per calunnia vedrai i soldi del rimborso fra qualche anno, oltre l’onere di dimostrare che sei incapace di rubare anche una caramella.
Ecco l’oppio moderno, questa fiducia in una politica che ben che vada è approssimazione, è lustrini e pagliette, è una donna rigogliosa e piena di curve, ma che quando si spoglia trabocca cellulite e silicone.
(nella foto, Giulio Santagata, autore del ddl taglia-costi,ndr)

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