Veltroni e la fiaba di Cappuccetto Rosso
Venerdì, 12 ottobre 2007
La grande kermesse è pronta. Domenica 14 si apriranno i seggi per le primarie del nuovo Partito Democratico, in cui confluiranno Democratici di Sinistra, Margherita e Ulivo, dando vita ad una nuova formazione politica, che, per bocca dei suoi candidati leader, dovrà essere “un partito popolare che faccia riscoprire la passione politica, un partito radicato nel territorio per promuovere una nuova classe dirigente”.
Fin qui niente di strano, se non fosse che la promessa nuova classe dirigente sarà costituita dai soliti riciclati provenienti dalle precedenti formazioni politiche, dei quali è legittimo temere perderanno il pelo, ma certamente non il vizio: vi immaginate i D’Alema, Fassino, Rutelli che escono di scena per lasciare posto “ad una nuova classe dirigente” in palese discontinuità con il loro modo di intendere la politica? Senza voler assumere posizioni precostituite o voler fare il processo alle intenzioni, - solo perché qualche annetto d’esperienza sulle spalle riteniamo d’averlo, - preferiamo giudicare dai fatti e non dalle affermazioni di principio di cui son tutti maestri. Pertanto, dato che i candidati sono già stati designati e non ci pare che per il loro trascorso siano in grado di assicurare che alle parole seguirà la concretizzazione delle promesse, non parteciperemo alla reclamizzata festa, non fosse perché si possa dire poi che c’eravamo e, dunque, abbiamo avuto ciò che ci siamo meritati.
D’altra parte, se anziché Letta o Veltroni o Bindi avessimo potuto avere qualche ignoto Falsaperla o Vinciguerra da votare, forse il quadro sarebbe stato più convincente, ma, alle condizioni date, i sospetti sono d’obbligo.
Sia bene inteso, non che le novità nei pretendenti alla leadership del PD non ci siano. A sentire Veltroni, - che comunque ci sembra il più accreditato alla vittoria finale, - si ha la sensazione di aver davanti una persona diversa da quella conosciuta, quanto meno allevato ad una tradizione politica che nulla a che fare con la vecchia Quercia e, quel che più conta, non ha nulla in comune con quei Salvi, Mussi, D’Alema con i quali ha percorso un lungo tragitto della sua carriera. Il Nostro, quasi fosse venuto fuori dalla Scuola Catechista del Divino Amore, ostenta un possibilismo, un ecumenismo, una pacatezza, un buonismo talmente improbabili da renderlo talora addirittura comico, oltre che diverso dal passato. Non che stupisca che i vecchi slogan, come quelli della lotta di classe e della supremazia del proletariato siano stati messi in soffitta e la tuta di Cipputi sia stata sostituita da uno smagliante doppiopetto con ancora attaccato il cartellino: anche la politica si adegua all’evoluzione del sociale e nell’epoca corrente risulterebbe assai stonato parlare di proletariato e classi sociali, anche se il cavalier Berlusconi, notoriamente amante dell’archeologia, non perde occasione per ostentare cultura e mette in guardia la sua audience dai comunisti che continuano a mangiare i bambini.
Il buon Veltroni, - che deve aver maturato idea che la real politik non garantisce più il successo, - denuncia nei suoi discorsi d’investitura i mali della società e ne individua le soluzioni in ramoscelli d’ulivo, strette di mano, abbracci solidali e quant’altro faccia perno su una tradizione di stampo cattosocialista, che, francamente, commuove ma non attacca. Stupisce che nel suo programma d’azione non abbia previsto interventi di psicoterapia o di gesthalt per reprobi e refrattari, dato che la legittima “imposizione” di misure correttive degli squilibri sociali cronici ed insanabili del nostro Paese non sembra faccia più parte del suo dizionario.
Così affermazioni che qualificano in nuovo PD “incontro di tradizioni, per cui la nostra laicità non rinuncia al valore dell’ispirazione religiosa, ma la vive come garanzia di libertà, dialogo, ascolto. In questo senso auspichiamo attenzione verso i valori del volontariato e nei confronti di uno stato sociale inclusivo e solidale” trovano spazio accanto a con “la nascita di questo partito siamo ancora qui a testimoniare il nostro impegno di democratici e di cristiani. Vogliamo essere anche noi, donne e uomini di orientamento cattolico democratico, a raccogliere la sfida, consapevoli che l’attuale sistema politico italiano, imperniato sul bipolarismo, impone scelte chiare, moderne e coraggiose”, che se agli occhi di un lettore sprovveduto appaiono quantomeno di logica palesemente zoppicante, rivelano ad una più attenta analisi della retorica l’evidente tentativo di mettere insieme valori e sentimenti di laicità tollerante, che difficilmente si sposano con il privilegio di un orientamento religioso a scapito di altre confessioni. Evidentemente, come si suole dire, fa musica fare perno anche sui sentimenti dominanti nel contesto sociale di riferimento, sull’impalpabile immaginario, per cui se da un lato ci si professa laici convinti e dall’altro cristiani, sia chiaro che si troverà comunque spazio all’interno del PD. Per contro, si desumerebbe che musulmani, buddhisti e quant’altro, nel nuovo movimento politico non sembra avranno diritto di cittadinanza, salvo probabili ripensamenti lungo la strada.
Che mentre Veltroni reciti la peana del volemose bene alcune schegge impazzite della sua compagine politica razzolino maldestramente, si stima non infici la qualità del suo messaggio di fratellanza universale. Domenici e Cioni, rispettivamente sindaco di Firenze ed assessore alla sicurezza di quel comune, nonché compagni di partito del Nostro predicatore mormone, si scagliano a suon di codice penale contro i lavavetri, alla faccia del buonismo e della tolleranza: sarà bene che Veltroni suggerisca loro magari di trovare a questa gente un lavoretto più dignitoso per campare, dato che non ci risulta ci sia qualcuno la cui massima aspirazione nella vita sia quella di fare quel mestiere, se non per disperazione. Così i conti tornerebbero e, una volta tanto, le parole sarebbero corroborate da atti concreti di buona volontà.
Veltroni non trascura anche i giovani, che, sebbene già da parecchi anni nell’approcciare il mondo del lavoro ricevano sistematici calcioni lì dove non batte il sole, sotto gli occhi indifferenti di governi che blaterano promesse d’intervento e non muovono un dito, rappresentano in ogni caso la futura base elettorale del Paese. A loro ha promesso lavoro, salari equi, pensioni dignitose, attraverso un opera politica di riforme graduali e condivise: poco importa che questa gradualità possa tradursi in lustri d’attesa e che la condivisione sia concetto utopico quanto vuoto. Dato che prosaicamente confidiamo nella bontà del tempo dalle condizioni meteorologiche del mattino, non ci pare gli amici di Veltroni abbiano sino ad oggi fatto qualcosa per diradare le nubi che ammantano il cielo.
All’acme della sua ispirazione profetica, il Veltroni ha anche inviato una lettera ai giovani, - sarebbe il caso di dire ai teen ager, visto che è stata indirizzata ai sedicenni, - invitandoli a partecipare al kermesse, considerato che il nuovo partito nasce anche per gestire le loro speranze. Ovviamente l’iniziativa non è stata molto felice, dovendosi registrare animate manifestazioni di protesta dei giovani delle elementari e delle materne, che si son sentiti ingiustamente esclusi.
La letteratura sulle iniziative di Veltroni nella sua corsa alla guida del nascente PD è decisamente massiccia e commentarne i passaggi in questa sede sarebbe cosa assai ardua. Ciò che ci pare comunque più conti è questa evidenza di approccio buonista, che francamente appare melenso ed ingannevole, non fosse per la presenza nella nostra sociaetà di rendite di posizione e sacche di comprensibile resistenza al cambiamento, verso le quali, il semplice buonismo, si paleserà come un’aspirina per l’ammalato di tumore. Il Paese ha bisogno di una politica forte ed incisiva, capace di scelte non solo coraggiose ma anche impopolari e, se necessario, forzose, che siano in grado di cancellare la sacca di povertà in cui versano milioni di cittadini grazie alle politiche scellerate ed opportunistiche perpetrate in oltre 60 anni di sedicente democrazia, e di delineare una maggiore equità di opportunità alla collettività, attraverso una scuola più qualificata e più qualificante rispetto al mondo del lavoro, una sanità più assistenziale e meno sprecona, un sistema pensionistico più dignitoso, condizioni di lavoro più tutelate e con azzeramento delle morti bianche e dello sfruttamento del lavoro nero, un sistema fiscale meno vessatorio, una trasparenza ed onestà della politica che sia da vero esempio ai cittadini. Di fronte a queste vere e proprie emergenze, il buonismo, ancorché espediente elettorale, è puro cabaret o, per dirla come lo stesso Veltroni avrebbe ammesso qualche anno fa, oppio per il popolo.
Fin qui niente di strano, se non fosse che la promessa nuova classe dirigente sarà costituita dai soliti riciclati provenienti dalle precedenti formazioni politiche, dei quali è legittimo temere perderanno il pelo, ma certamente non il vizio: vi immaginate i D’Alema, Fassino, Rutelli che escono di scena per lasciare posto “ad una nuova classe dirigente” in palese discontinuità con il loro modo di intendere la politica? Senza voler assumere posizioni precostituite o voler fare il processo alle intenzioni, - solo perché qualche annetto d’esperienza sulle spalle riteniamo d’averlo, - preferiamo giudicare dai fatti e non dalle affermazioni di principio di cui son tutti maestri. Pertanto, dato che i candidati sono già stati designati e non ci pare che per il loro trascorso siano in grado di assicurare che alle parole seguirà la concretizzazione delle promesse, non parteciperemo alla reclamizzata festa, non fosse perché si possa dire poi che c’eravamo e, dunque, abbiamo avuto ciò che ci siamo meritati.
D’altra parte, se anziché Letta o Veltroni o Bindi avessimo potuto avere qualche ignoto Falsaperla o Vinciguerra da votare, forse il quadro sarebbe stato più convincente, ma, alle condizioni date, i sospetti sono d’obbligo.
Sia bene inteso, non che le novità nei pretendenti alla leadership del PD non ci siano. A sentire Veltroni, - che comunque ci sembra il più accreditato alla vittoria finale, - si ha la sensazione di aver davanti una persona diversa da quella conosciuta, quanto meno allevato ad una tradizione politica che nulla a che fare con la vecchia Quercia e, quel che più conta, non ha nulla in comune con quei Salvi, Mussi, D’Alema con i quali ha percorso un lungo tragitto della sua carriera. Il Nostro, quasi fosse venuto fuori dalla Scuola Catechista del Divino Amore, ostenta un possibilismo, un ecumenismo, una pacatezza, un buonismo talmente improbabili da renderlo talora addirittura comico, oltre che diverso dal passato. Non che stupisca che i vecchi slogan, come quelli della lotta di classe e della supremazia del proletariato siano stati messi in soffitta e la tuta di Cipputi sia stata sostituita da uno smagliante doppiopetto con ancora attaccato il cartellino: anche la politica si adegua all’evoluzione del sociale e nell’epoca corrente risulterebbe assai stonato parlare di proletariato e classi sociali, anche se il cavalier Berlusconi, notoriamente amante dell’archeologia, non perde occasione per ostentare cultura e mette in guardia la sua audience dai comunisti che continuano a mangiare i bambini.
Il buon Veltroni, - che deve aver maturato idea che la real politik non garantisce più il successo, - denuncia nei suoi discorsi d’investitura i mali della società e ne individua le soluzioni in ramoscelli d’ulivo, strette di mano, abbracci solidali e quant’altro faccia perno su una tradizione di stampo cattosocialista, che, francamente, commuove ma non attacca. Stupisce che nel suo programma d’azione non abbia previsto interventi di psicoterapia o di gesthalt per reprobi e refrattari, dato che la legittima “imposizione” di misure correttive degli squilibri sociali cronici ed insanabili del nostro Paese non sembra faccia più parte del suo dizionario.
Così affermazioni che qualificano in nuovo PD “incontro di tradizioni, per cui la nostra laicità non rinuncia al valore dell’ispirazione religiosa, ma la vive come garanzia di libertà, dialogo, ascolto. In questo senso auspichiamo attenzione verso i valori del volontariato e nei confronti di uno stato sociale inclusivo e solidale” trovano spazio accanto a con “la nascita di questo partito siamo ancora qui a testimoniare il nostro impegno di democratici e di cristiani. Vogliamo essere anche noi, donne e uomini di orientamento cattolico democratico, a raccogliere la sfida, consapevoli che l’attuale sistema politico italiano, imperniato sul bipolarismo, impone scelte chiare, moderne e coraggiose”, che se agli occhi di un lettore sprovveduto appaiono quantomeno di logica palesemente zoppicante, rivelano ad una più attenta analisi della retorica l’evidente tentativo di mettere insieme valori e sentimenti di laicità tollerante, che difficilmente si sposano con il privilegio di un orientamento religioso a scapito di altre confessioni. Evidentemente, come si suole dire, fa musica fare perno anche sui sentimenti dominanti nel contesto sociale di riferimento, sull’impalpabile immaginario, per cui se da un lato ci si professa laici convinti e dall’altro cristiani, sia chiaro che si troverà comunque spazio all’interno del PD. Per contro, si desumerebbe che musulmani, buddhisti e quant’altro, nel nuovo movimento politico non sembra avranno diritto di cittadinanza, salvo probabili ripensamenti lungo la strada.
Che mentre Veltroni reciti la peana del volemose bene alcune schegge impazzite della sua compagine politica razzolino maldestramente, si stima non infici la qualità del suo messaggio di fratellanza universale. Domenici e Cioni, rispettivamente sindaco di Firenze ed assessore alla sicurezza di quel comune, nonché compagni di partito del Nostro predicatore mormone, si scagliano a suon di codice penale contro i lavavetri, alla faccia del buonismo e della tolleranza: sarà bene che Veltroni suggerisca loro magari di trovare a questa gente un lavoretto più dignitoso per campare, dato che non ci risulta ci sia qualcuno la cui massima aspirazione nella vita sia quella di fare quel mestiere, se non per disperazione. Così i conti tornerebbero e, una volta tanto, le parole sarebbero corroborate da atti concreti di buona volontà.
Veltroni non trascura anche i giovani, che, sebbene già da parecchi anni nell’approcciare il mondo del lavoro ricevano sistematici calcioni lì dove non batte il sole, sotto gli occhi indifferenti di governi che blaterano promesse d’intervento e non muovono un dito, rappresentano in ogni caso la futura base elettorale del Paese. A loro ha promesso lavoro, salari equi, pensioni dignitose, attraverso un opera politica di riforme graduali e condivise: poco importa che questa gradualità possa tradursi in lustri d’attesa e che la condivisione sia concetto utopico quanto vuoto. Dato che prosaicamente confidiamo nella bontà del tempo dalle condizioni meteorologiche del mattino, non ci pare gli amici di Veltroni abbiano sino ad oggi fatto qualcosa per diradare le nubi che ammantano il cielo.
All’acme della sua ispirazione profetica, il Veltroni ha anche inviato una lettera ai giovani, - sarebbe il caso di dire ai teen ager, visto che è stata indirizzata ai sedicenni, - invitandoli a partecipare al kermesse, considerato che il nuovo partito nasce anche per gestire le loro speranze. Ovviamente l’iniziativa non è stata molto felice, dovendosi registrare animate manifestazioni di protesta dei giovani delle elementari e delle materne, che si son sentiti ingiustamente esclusi.
La letteratura sulle iniziative di Veltroni nella sua corsa alla guida del nascente PD è decisamente massiccia e commentarne i passaggi in questa sede sarebbe cosa assai ardua. Ciò che ci pare comunque più conti è questa evidenza di approccio buonista, che francamente appare melenso ed ingannevole, non fosse per la presenza nella nostra sociaetà di rendite di posizione e sacche di comprensibile resistenza al cambiamento, verso le quali, il semplice buonismo, si paleserà come un’aspirina per l’ammalato di tumore. Il Paese ha bisogno di una politica forte ed incisiva, capace di scelte non solo coraggiose ma anche impopolari e, se necessario, forzose, che siano in grado di cancellare la sacca di povertà in cui versano milioni di cittadini grazie alle politiche scellerate ed opportunistiche perpetrate in oltre 60 anni di sedicente democrazia, e di delineare una maggiore equità di opportunità alla collettività, attraverso una scuola più qualificata e più qualificante rispetto al mondo del lavoro, una sanità più assistenziale e meno sprecona, un sistema pensionistico più dignitoso, condizioni di lavoro più tutelate e con azzeramento delle morti bianche e dello sfruttamento del lavoro nero, un sistema fiscale meno vessatorio, una trasparenza ed onestà della politica che sia da vero esempio ai cittadini. Di fronte a queste vere e proprie emergenze, il buonismo, ancorché espediente elettorale, è puro cabaret o, per dirla come lo stesso Veltroni avrebbe ammesso qualche anno fa, oppio per il popolo.
Nella favola di Cappuccetto Rosso, la bimbetta che andò a trovar la nonna si rese conto di essere davanti al lupo cattivo solo alla fine della storia. Domenica 14 si rimanga in casa, che causa l’inquinamento e le mutate condizioni climatico-ambientali i lupi ormai circolano anche per borghi e città.
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