lunedì, settembre 29, 2008

I cento padri del successo



Lunedì, 29 settembre 2008
Come nella tradizione i parenti del morto già litigano per l’eredità a funerale ancora da farsi. I sindacati, quelli confederali, quelli che per decenni hanno tenuto testa a generazioni di imprenditori per “la difesa dei lavoratori e la dignità della classe operaia” e che da anni combattono una sordida lotta tra sigle, ma non perché debbano affermare una supremazia pragmatica di rappresentatività, quanto per cannibalizzare tessere ai perdenti, rivendicano un ruolo determinante nella chiusura della vertenza Alitalia-CAI e, pertanto, avrebbero diritto alla riconoscenza di quel popolo di navigatori dell’aria, che deve alla fermezza con la quale hanno condotto la difficile trattativa la CISL di Bonanni, la UIL di Angeletti e la CGIL di Epifani la possibilità di rimettersi alla cloche di un aereo o a servire un the caldo a bordo al passeggero di turno. A questa autorivendicazione di merito si associa l’UGL della Polverini, che uscita dalle cantine nelle quali ha per anni ripassato la letteratura sulle corporazioni del ventennio, grazie alle porte apertegli da quella destra al governo sempre in bilico tra modernità e nostalgia, si attribuisce adesso patente di forza sindacale significativa nella medesima trattativa.
Come in una riedizione della Battaglia di Maclodio di manzoniana memoria, a sinistra risuona lo squillo delle trombe di Veltroni, segretario fantasma di un opposizione ombra, che rivendica il ruolo fondamentale delle sue missive nell’ammorbidimento della CGIL ed in quello tardivo di Colaninno e soci. Da destra naturalmente non poteva che seguire lo squillo delle trombe berlusconiane, che rammentano al popolo come con il salvataggio Alitalia l’ennesimo impegno elettorale sia stato mantenuto, a dispetto di denigratori e pessimisti.
Non c’è che dire. C’è da essere contenti che la vicenda si sia conclusa positivamente, anche se, per non rischiare di fare come un certo allenatore portoghese, che s’autoincensa a piè sospinto al limite dell’irritante supponenza, bisognerebbe rammentare a questi interessati angeli custodi del popolo ex Alitalia che contano i risultati e quelli, quando arriveranno, saranno tutti da verificare in quanto a bontà.
Nel frattempo il carro funebre con il caro estinto non s’è ancora schiodato dal portone, né è ancora nota la spesa per il funerale, anche se i governanti in carica, con gesto ammirevole d’invidiabile senso d’umana partecipazione, hanno già deciso che queste saranno a carico dello Stato, così come saranno a carico del pubblico bilancio le spese per il mantenimento delle miglia di caduti rappresentati da coloro che non troveranno collocazione nella nuova Alitalia.
Come ebbe a dire in modo pittoresco un noto comico che aveva visto bene, in politica v’è grande inclinazione a pratiche omosessuali, ovviamente con l’utilizzo delle terga altrui. E la conclusione di questa triste vicenda n’è riprova, dato che il costo per il funerale – che si mormora con cauto ottimismo potrebbe ammontare ad oltre 2,5 milioni, - sarà interamente a carico del cittadino, il quale parimenti sosterrà la spesa per il trattamento di mobilità settennale per i caduti cui prima s’accennava.
Si badi bene, storcere il naso davanti a questo tripudio d’entusiasmo per l’epilogo della vicenda Alitalia non significa si preferisse piuttosto il fallimento della Compagnia, con le catastrofiche conseguenze che ne sarebbero derivate su tutti i lavoratori occupati in quel carrozzone sgangherato. E’ che non ci si dà pace delle ragioni del fallimento di una trattativa con il pretendente precedente, con quella Air France che aveva prospettato condizioni indiscutibilmente migliori per dipendenti e debiti di Alitalia, rispetto a quelli incassati oggi da questi maitre à penser del sindacato e della politica dall’intesa con la CAI.
E se si può capire il giubilo di un capo di governo, che pur di concludere la trattativa positivamente e così confermare la personale credibilità verso il proprio elettorato, avrebbe probabilmente persino cacciato di tasca sua i soldi per chiudere l’affare, meno comprensibile è la soddisfazione di quei sindacalisti che per fare ciò che hanno fatto sono andati a Canossa, passando per le Forche Caudine di ricatti, minacce e imposizioni e della politica e dei filantropi della cordata acquirente, oltre ad aver giocato palesemente sporco con i cittadini pagatori. E costoro, che devono ringraziare solo le malformazioni croniche agli apparati uditivi ed oculari della pubblica opinione se non vengono bersagliati con il lancio di uova di dubbia freschezza, pretendono pure riconoscenza per la qualità del ruolo svolto?
E’ non si perde tempo ad enumerare le tante cose rimaste volutamente in ombra in questa trattativa, che non sono certo di secondaria importanza, ma che verranno al pettine quanto prima come i classici nodi nei capelli.
Fra le tante cose che avremmo voluto vedere, da inguaribili sognatori quali siamo, avrebbe dovuto esserci una presa di posizione della magistratura nei confronti degli ex manager della ex Alitalia, che a detta dei politici – gli stessi che ce li avevano messi, - dei sindacalisti, dei dipendenti, degli azionisti e della stampa sono i veri ed unici responsabili del disastro. Chiamare a rispondere delle proprie responsabilità qualcuna di queste eminenze, - che magari nella confusione ha lasciato in fretta e furia l’azienda con tanto di liquidazione da superenalotto, - sarebbe stato un bell’esempio di Paese che cambia, che non ricorre solo alla battuta di qualche caratterista che dà del fannullone ai propri dipendenti senza far seguire i necessari provvedimenti, che è consapevole che il pesce che perde la freschezza comincia a puzzare dalla testa e non dalla coda e che i dipendenti, come i cittadini, rispecchiano fedelmente vizi e virtù di chi impartisce loro gli ordini. Queste omissioni non sono solo criticabili perché inosservanza delle norme di legge, ma costituiscono vere e proprie opportunità perse per dare il segno che non è solo lo scoop politico il piatto preferito di chi amministra la giustizia ma anche la corretta modalità con la quale si gestiscono le aziende, specialmente quando impiegano denaro pubblico e comunque mettono a rischio posti di lavoro.
Ma è lecito pretendere che si chiarisca quale è stato il ruolo di Intesa S. Paolo in tutta la vicenda, consulente del governo nella valutazione di Alitalia, anzi consulente di CAI nell’acquisto, anzi socio nella cordata che ha acquisito, anzi prestasoldi di Carlo Toto, patron di AirOne? E’ doveroso far chiarezza sulle ragioni che hanno attribuito ad Alitalia una valutazione pressoché analoga alla Compagnia aerea di Toto? E’ legittimo che si chiariscano i conflitti d’interesse che gravano su parecchi dei soci della cordata CAI?
Il caso Alitalia farà sicuramente scuola, anche perché arriva in un momento storico nel quale spettri autoritari e di regime stanno prepotentemente prendendo corpo. Come sostiene Inviato Speciale, quotidiano online: «Per questi motivi il laboratorio Alitalia è importante, oltre le specifiche contrattuali definite per i dipendenti. Mai come prima, in tutta la storia repubblicana, la palude ha visto i sindacati confederali così mescolati ai partiti di riferimento o ai poteri di rifermento. Mai si è visto un governo così impegnato a fare un affare, fino al punto di giocare su qualunque tavolo pur di favorire i propri beniamini. Per i più anziani, una volta, i comunisti stavano coi lavoratori, i liberali con gli imprenditori ed i democristiani saltavano tra le due parti. Alla fine si trovava un ‘compromesso’». Oggi, in un’epoca in cui il paradosso sembra essere divenuto normalità, i comunisti si sono estinti, i liberali stanno sempre con gli imprenditori ma si sono trasformati nel loro braccio armato e parlano il linguaggio del manganello e i democristiani continuano a saltare da una parte all’altra, non per fare compromessi ma per partecipare al banchetto del potere. E al di là di questi giochi, di questa fiction in cui orgoglio, dignità, sentimento non hanno più cittadinanza, c’è l’esercito dei replicanti, quello dei senza diritti, coloro la cui esistenza è funzionale alla sopravvivenza della razza padrona: chissà se Alan E. Nourse avrebbe mai immaginato nel lontano 1974 che le fantasie di The Bladerunner sarebbero divenute tragica realtà all’alba del terzo millennio.


(nella foto, Corrado Passera, a.d. di Intesa S. Paolo ed autore del piano Fenice di privatizzazione Alitalia. Consulente del Governo, è divenuto consulente della CAI e, successivamente, entrato nella compagine azionaria di questa società, acquirente di Alitalia)

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