Congratulazioni, lei è un fallito
Giovedì, 9 ottobre 2008
“Le dichiarazioni dello stato di insolvenza sono equiparate alla dichiarazione di fallimento solo nell'ipotesi in cui intervenga una conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento, in corso o al termine della procedura, ovvero nell'ipotesi di accertata falsità dei documenti posti a base dell'ammissione alla procedura”.
Così recita l’art. 7bis della legge di conversione del decreto Alitalia, varata in sordina a modifica della legge Marzano sul salvataggio delle grandi imprese e quella sul fallimento del 1942. Un articolo che con un colpo di spugna cancella i processi a carico di Cragnotti, Tanzi e mette in mano a Geronzi un salvacondotto formidabile, ponendolo al riparo dalle conseguenze delle indagini cui da tempo è sottoposto.
Vuole ,infatti, l’articolo che per essere sottoposti a processo per mala gestione occorre che l’azienda sia in stato fallimentare, poiché se la sua gestione viene affidata ad un commissario, che magari riesce a risollevarne le sorti dal precedente stato d’insolvenza, decade automaticamente ogni addebito a carico di colui che insolvente la resa. La perseguibilità rimane salva solo nel caso in cui il commissario non sia riuscito nel suo obiettivo di rilancio della società sottoposta ai provvedimenti di cui alla Marzano.
Ad apprendere notizie di questa portata, peraltro rese note grazie al lavoro di una giornalista RAI3, Milena Gabanelli, che ha condotto per il rotocalco televisivo Reporter un’inchiesta sugli ultimi dieci mesi di tormentata storia Alitalia, c’è da restare allibiti. “La fabbrica permanente delle leggi ad personam”, come La Repubblica ha definito il governo Berlusconi, ha ancora una volta partorito una norma che salva dalle conseguenze giudiziarie personaggi dal passato tutt’altro che cristallino, con l’intento ormai più che dichiarato di rendere legittima ogni nefandezza in campo economico e finanziario. Non era bastato addomesticare il reato di falso in bilancio. Adesso è lecita persino la bancarotta. Tutti reati appannaggio di un ceto sociale a cui non basta svillaneggiare il cittadino con l’impunità nel truccare i numeri della propria azienda, con un evasione fiscale che non ha pari nel mondo civile, con l’elusione delle più elementari norme di sicurezza sul lavoro o con lo sfruttamento di lavoratori sottopagati, assunti in nero ed in condizioni di precariato permanente. Adesso per costoro, solo perché sodali di una classe politica al potere che è in grado ormai di generare soltanto voltastomaco, arriva anche la licenza di imbrogliare i creditori, nella certezza che nessuno potrà mai contestare loro un appunto, una critica, una censura sul modo come hanno operato.
Stupisce, altresì, che la denuncia di questo ennesimo broglio ai danni delle fede popolare sia opera di un giornalista, di un cronista curioso, - e per questo senza dubbio scomodo, - che si avvede dell'inqualificabile disegno e lo propone all'attenzione della cronaca. Mentre chi fa politica per mestiere, quell’opposizione alla quale si affida quella parte del Paese che è più che stanca dello spettacolo indecoroso che ci ammannisce quotidianamente chi detiene il potere, nulla ha detto dell’ennesima scodella di fetido rancio che si stava preparando agli Italiani, dimostrando con ciò di essere molto più fantasma di quanto non esprima il suo velleitario governo ombra.
Né consola il sospetto che l’articolo in questione, qualora fosse approvato e divenisse legge dello stato, non mancherà di incorrere nella bocciatura della Consulta, che non potrà mai avallare un’ulteriore violazione indecente del principio di eguaglianza dei cittadini, cui non può essere riservato un trattamento differenziato davanti alla legge nell'incorrere in un analogo reato: l’insolvenza del piccolo artigiano e l’accertamento del suo stato fallimentare non può valutarsi diversamente da quello del presidente della Cirio o della Parmalat, della Postalmarket o della Filatura di Grignasco. La legge Marzano è stata pensata per difendere i creditori, tra i quali rientrano le maestranze, - prime ad essere colpite da una crisi aziendale ed anche’esse creditrici dell’azienda in gravi difficoltà, - e per evitare le gravi ripercussioni che ne deriverebbero al sistema economico dal crack di un complesso societario significativo per l'economia, non come un passaporto diplomatico pergarantire l’impunità degli amici degli amici.
Purtroppo non passa giorno senza dover prendere atto di come la misura sia sempre sul punto di lambire il bordo del contenitore ed esondare e c’è da sperare che quando questo malauguratamente dovesse avvenire, al deflusso incontrollato delle acque, non si sommi l’ira sempre più cieca che si sta sedimentando nel Paese tra le classi più deboli e più povere, costantemente vessate da una politica nepotistica e clientelare, a cui non potrebbe fare da deterrente il manipolo di bersaglieri su cui conta La Russa.
E in questo scenario di golpe strisciante Berlusconi ha persino la spudoratezza di dichiarare che «non può esserci dialogo con un’opposizione che parla di regime», come se queste critiche fossero il frutto di un abbaglio e non, piuttosto, la conseguenza degli stomachevoli olezzi d’olio di ricino che ormai ammorbano l’aria e tolgono il respiro.
“Le dichiarazioni dello stato di insolvenza sono equiparate alla dichiarazione di fallimento solo nell'ipotesi in cui intervenga una conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento, in corso o al termine della procedura, ovvero nell'ipotesi di accertata falsità dei documenti posti a base dell'ammissione alla procedura”.
Così recita l’art. 7bis della legge di conversione del decreto Alitalia, varata in sordina a modifica della legge Marzano sul salvataggio delle grandi imprese e quella sul fallimento del 1942. Un articolo che con un colpo di spugna cancella i processi a carico di Cragnotti, Tanzi e mette in mano a Geronzi un salvacondotto formidabile, ponendolo al riparo dalle conseguenze delle indagini cui da tempo è sottoposto.
Vuole ,infatti, l’articolo che per essere sottoposti a processo per mala gestione occorre che l’azienda sia in stato fallimentare, poiché se la sua gestione viene affidata ad un commissario, che magari riesce a risollevarne le sorti dal precedente stato d’insolvenza, decade automaticamente ogni addebito a carico di colui che insolvente la resa. La perseguibilità rimane salva solo nel caso in cui il commissario non sia riuscito nel suo obiettivo di rilancio della società sottoposta ai provvedimenti di cui alla Marzano.
Ad apprendere notizie di questa portata, peraltro rese note grazie al lavoro di una giornalista RAI3, Milena Gabanelli, che ha condotto per il rotocalco televisivo Reporter un’inchiesta sugli ultimi dieci mesi di tormentata storia Alitalia, c’è da restare allibiti. “La fabbrica permanente delle leggi ad personam”, come La Repubblica ha definito il governo Berlusconi, ha ancora una volta partorito una norma che salva dalle conseguenze giudiziarie personaggi dal passato tutt’altro che cristallino, con l’intento ormai più che dichiarato di rendere legittima ogni nefandezza in campo economico e finanziario. Non era bastato addomesticare il reato di falso in bilancio. Adesso è lecita persino la bancarotta. Tutti reati appannaggio di un ceto sociale a cui non basta svillaneggiare il cittadino con l’impunità nel truccare i numeri della propria azienda, con un evasione fiscale che non ha pari nel mondo civile, con l’elusione delle più elementari norme di sicurezza sul lavoro o con lo sfruttamento di lavoratori sottopagati, assunti in nero ed in condizioni di precariato permanente. Adesso per costoro, solo perché sodali di una classe politica al potere che è in grado ormai di generare soltanto voltastomaco, arriva anche la licenza di imbrogliare i creditori, nella certezza che nessuno potrà mai contestare loro un appunto, una critica, una censura sul modo come hanno operato.
Stupisce, altresì, che la denuncia di questo ennesimo broglio ai danni delle fede popolare sia opera di un giornalista, di un cronista curioso, - e per questo senza dubbio scomodo, - che si avvede dell'inqualificabile disegno e lo propone all'attenzione della cronaca. Mentre chi fa politica per mestiere, quell’opposizione alla quale si affida quella parte del Paese che è più che stanca dello spettacolo indecoroso che ci ammannisce quotidianamente chi detiene il potere, nulla ha detto dell’ennesima scodella di fetido rancio che si stava preparando agli Italiani, dimostrando con ciò di essere molto più fantasma di quanto non esprima il suo velleitario governo ombra.
Né consola il sospetto che l’articolo in questione, qualora fosse approvato e divenisse legge dello stato, non mancherà di incorrere nella bocciatura della Consulta, che non potrà mai avallare un’ulteriore violazione indecente del principio di eguaglianza dei cittadini, cui non può essere riservato un trattamento differenziato davanti alla legge nell'incorrere in un analogo reato: l’insolvenza del piccolo artigiano e l’accertamento del suo stato fallimentare non può valutarsi diversamente da quello del presidente della Cirio o della Parmalat, della Postalmarket o della Filatura di Grignasco. La legge Marzano è stata pensata per difendere i creditori, tra i quali rientrano le maestranze, - prime ad essere colpite da una crisi aziendale ed anche’esse creditrici dell’azienda in gravi difficoltà, - e per evitare le gravi ripercussioni che ne deriverebbero al sistema economico dal crack di un complesso societario significativo per l'economia, non come un passaporto diplomatico pergarantire l’impunità degli amici degli amici.
Purtroppo non passa giorno senza dover prendere atto di come la misura sia sempre sul punto di lambire il bordo del contenitore ed esondare e c’è da sperare che quando questo malauguratamente dovesse avvenire, al deflusso incontrollato delle acque, non si sommi l’ira sempre più cieca che si sta sedimentando nel Paese tra le classi più deboli e più povere, costantemente vessate da una politica nepotistica e clientelare, a cui non potrebbe fare da deterrente il manipolo di bersaglieri su cui conta La Russa.
E in questo scenario di golpe strisciante Berlusconi ha persino la spudoratezza di dichiarare che «non può esserci dialogo con un’opposizione che parla di regime», come se queste critiche fossero il frutto di un abbaglio e non, piuttosto, la conseguenza degli stomachevoli olezzi d’olio di ricino che ormai ammorbano l’aria e tolgono il respiro.
Nel frattempo il ministro Tremonti, che ha dichiarato di aver apposto la sua firma sul provvedimento senza aver contezza di questi risvolti, ha minacciato le proprie dimissioni qualora l'articolo incriminato non venga cancellato, facendo così emergere che anche dentro la maggioranza si sta iniziando a determinare qualche strappo, e lasciando intravvedere come anche il fortino di Berlusconi possa cominciare a scricchiolare quando si tenta di mutare la coesione in connivenza .
(nella foto, Giulio Tremonti, Ministro dell’Economia, tra i firmatari della legge pro Alitalia, contenente le norme salva falliti)
(nella foto, Giulio Tremonti, Ministro dell’Economia, tra i firmatari della legge pro Alitalia, contenente le norme salva falliti)
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