Il sogno americano del PD
Lunedì, 20 ottobre 2008
I difetti ed i limiti di una sinistra incapace di divenire effettiva forza alternativa di governo riemergono nuovi di zecca. La difficile convivenza tra Di Pietro e Veltroni si sta colorando ormai di un’intolleranza, che rende giorno dopo giorno sempre più probabile il divorzio tra i due residuati della sinistra italiana, con conseguenze questa volta assai prevedibili.
Veltroni accusa Di Pietro di aver «rotto il patto elettorale già il giorno dopo le elezioni», mentre il leader dell’Italia dei Valori, che rimanda a casa l’accusa, motiva la sua scelta con la necessità di conservare un’identità precisa nei confronti del proprio elettorato ed accusa il segretario del PD di voler «egemonizzare la sinistra e di volersi piegare al diktat delle correnti forti all’interno del partito». A queste accuse segue la denuncia di perseverare in una politica di «collaborazionismo» con la maggioranza di governo, ritenuta «intollerabile» ed «inopportuna», oltre che priva di risultato pratico. Se a questo s’aggiunge che Berlusconi rimane l’unico e vero autore dello sfascio politico e morale del Paese, il partito di Di Pietro non può non considerarsi l’ultimo baluardo contro un berlusconismo che ha avvelenato le istituzioni e la vita pubblica in generale.
Le accuse di Di Pietro sono senza alcun dubbio forti e denotano un’intransigenza difficilmente conciliabile con la linea scelta dal PD e dal suo segretario. C’è purtroppo da constatare che la strategia dell’ex DS, che deve comunque tener conto delle spinte moderate della componente ex Margherita, non ha sortito ad oggi alcun risultato. Anzi, il partito e l’intera opposizione si ritrovano in uno stato crescente d’emarginazione e vedono i propri consensi in significativo calo, causa la delusione di chi aveva riposto le proprie aspettative sulla capacità interdittiva del PD nei confronti delle prevedibili esuberanze di una maggioranza dichiaratasi conservatrice, ma in realtà rapidamente scivolata in una restaurazione reazionaria intrisa di rivalsa. Ciò sta facendo in definitiva il gioco di Di Pietro, rimasto, nei fatti, l’unica anima critica in quel che appare sempre più un coro di fiancheggiatori e di blandi dissidenti.
A ben considerare ed alla luce del comportamento del PD ad un semestre dalla tornata elettorale, sembra percepire nel partito di Veltroni e Rutelli un processo di trasformazione proteso ad allargare la propria presenza verso il centro dello schieramento politico italiano ed in pieno ammiccamento amoroso con l’UDC di Casini, con il quale sarebbe possibile incrementare il peso del blocco antigovernativo e sperare di controbilanciare le forza in campo. Ed in questo disegno vi è insito il rischio di commettere un errore esiziale, poiché se è vero che l’Italiano medio ha da tempo confermato la sua congenita avversione per le avventure estremistiche o per le ammucchiate create esclusivamente nell’intento di creare artificiosamente i numeri, un’eventuale coalizione tra PD ed UDC non sarebbe sufficiente a definire una nuova maggioranza alternativa di governo. Ed ecco che il contributo dell’IdV di Di Pietro è, in questa logica matematica, irrinunciabile.
Noi restiamo sempre dell’avviso che la fase ambigua in cui sta giocando il PD sia di per sé un elemento perdente, il motivo di un’erosione di credibilità presso il suo elettorato storico. E lo stesso spostamento verso un filoamericanismo sempre più accentuato, in cui si tenta di confondere la vera identità degli eredi dei DS, non appare del tutto convincente, supino come si presenta nella condivisione di valori e principi estranei alle radici della cultura europea. Ed in questo silenzioso caos in atto nel PD, la voce di Di Pietro non è isolata, dovendosi registrare inequivoci segni di dissenso anche tra gli ex ulivisti, che sono ancora una componente rilevante della giovane formazione politica.
L’ex ministro della Difesa nel governo Prodi, Arturo Parisi, che alcuni giorni or sono aveva espresso l’augurio che la crisi della finanza non divenisse pretesto per innescare una ben più grave crisi della democrazia, intervenuto alla Festa del Partito democratico in corso a Firenze ha dichiarato: «Il mio giudizio sul governo ombra è quello di una scommessa al momento mancata» e ha poi impietosamente aggiunto: «All'inizio ho pensato che poteva essere utile ma, dopo tre mesi, il bilancio è quello di un'esperienza fallimentare».
Altrettanto dura la replica di Walter Veltroni all'ex ministro della Difesa. «Il giorno in cui Parisi utilizzerà un quarto delle sue energie per attaccare la destra» - ha sentenziato il segretario del Pd - «sarà un giorno in cui io sarò contento». Il leader dell'opposizione ha poi rincarato: «Ho sentito Parisi inneggiare a Diliberto che non è stato proprio quello più in sintonia con la cultura dell'Ulivo. L'idea di quella coalizione era sbagliata, per noi e per il Paese. Solo una maggioranza come quella a cui pensiamo potrà conquistare la maggioranza del Paese: abbiamo perduto il rapporto col territorio, dove vive la gente reale. Bisogna forgiare una nuova classe dirigente che abbia rapporto reale con la gente».
«Se mi avesse dedicato anche solo un po' di ascolto» - ha osservato Parisi di rimando - «si sarebbe accorto che è appunto su come contrastare la destra che verteva il mio intervento. O, almeno, su come evitare di aiutarla. Se l'unica fede democratica in un partito che si chiama democratico» - ha polemizzato ancora Parisi con stizza evidente - «non fosse rimasta la Festa, forse potrei spiegarglielo meglio. Oppure pensa che dopo aver praticamente sciolto l'Assemblea nazionale eletta delle primarie, - l'unico organo di partito democraticamente eletto nel quale ho qualche titolo a parlare, - il mancato confronto sulle ultime elezioni possa essere rinviato alla fantomatica Conferenza programmatica rinviata a sua volta appena ieri al 2009?».
Veltroni accusa Di Pietro di aver «rotto il patto elettorale già il giorno dopo le elezioni», mentre il leader dell’Italia dei Valori, che rimanda a casa l’accusa, motiva la sua scelta con la necessità di conservare un’identità precisa nei confronti del proprio elettorato ed accusa il segretario del PD di voler «egemonizzare la sinistra e di volersi piegare al diktat delle correnti forti all’interno del partito». A queste accuse segue la denuncia di perseverare in una politica di «collaborazionismo» con la maggioranza di governo, ritenuta «intollerabile» ed «inopportuna», oltre che priva di risultato pratico. Se a questo s’aggiunge che Berlusconi rimane l’unico e vero autore dello sfascio politico e morale del Paese, il partito di Di Pietro non può non considerarsi l’ultimo baluardo contro un berlusconismo che ha avvelenato le istituzioni e la vita pubblica in generale.
Le accuse di Di Pietro sono senza alcun dubbio forti e denotano un’intransigenza difficilmente conciliabile con la linea scelta dal PD e dal suo segretario. C’è purtroppo da constatare che la strategia dell’ex DS, che deve comunque tener conto delle spinte moderate della componente ex Margherita, non ha sortito ad oggi alcun risultato. Anzi, il partito e l’intera opposizione si ritrovano in uno stato crescente d’emarginazione e vedono i propri consensi in significativo calo, causa la delusione di chi aveva riposto le proprie aspettative sulla capacità interdittiva del PD nei confronti delle prevedibili esuberanze di una maggioranza dichiaratasi conservatrice, ma in realtà rapidamente scivolata in una restaurazione reazionaria intrisa di rivalsa. Ciò sta facendo in definitiva il gioco di Di Pietro, rimasto, nei fatti, l’unica anima critica in quel che appare sempre più un coro di fiancheggiatori e di blandi dissidenti.
A ben considerare ed alla luce del comportamento del PD ad un semestre dalla tornata elettorale, sembra percepire nel partito di Veltroni e Rutelli un processo di trasformazione proteso ad allargare la propria presenza verso il centro dello schieramento politico italiano ed in pieno ammiccamento amoroso con l’UDC di Casini, con il quale sarebbe possibile incrementare il peso del blocco antigovernativo e sperare di controbilanciare le forza in campo. Ed in questo disegno vi è insito il rischio di commettere un errore esiziale, poiché se è vero che l’Italiano medio ha da tempo confermato la sua congenita avversione per le avventure estremistiche o per le ammucchiate create esclusivamente nell’intento di creare artificiosamente i numeri, un’eventuale coalizione tra PD ed UDC non sarebbe sufficiente a definire una nuova maggioranza alternativa di governo. Ed ecco che il contributo dell’IdV di Di Pietro è, in questa logica matematica, irrinunciabile.
Noi restiamo sempre dell’avviso che la fase ambigua in cui sta giocando il PD sia di per sé un elemento perdente, il motivo di un’erosione di credibilità presso il suo elettorato storico. E lo stesso spostamento verso un filoamericanismo sempre più accentuato, in cui si tenta di confondere la vera identità degli eredi dei DS, non appare del tutto convincente, supino come si presenta nella condivisione di valori e principi estranei alle radici della cultura europea. Ed in questo silenzioso caos in atto nel PD, la voce di Di Pietro non è isolata, dovendosi registrare inequivoci segni di dissenso anche tra gli ex ulivisti, che sono ancora una componente rilevante della giovane formazione politica.
L’ex ministro della Difesa nel governo Prodi, Arturo Parisi, che alcuni giorni or sono aveva espresso l’augurio che la crisi della finanza non divenisse pretesto per innescare una ben più grave crisi della democrazia, intervenuto alla Festa del Partito democratico in corso a Firenze ha dichiarato: «Il mio giudizio sul governo ombra è quello di una scommessa al momento mancata» e ha poi impietosamente aggiunto: «All'inizio ho pensato che poteva essere utile ma, dopo tre mesi, il bilancio è quello di un'esperienza fallimentare».
Altrettanto dura la replica di Walter Veltroni all'ex ministro della Difesa. «Il giorno in cui Parisi utilizzerà un quarto delle sue energie per attaccare la destra» - ha sentenziato il segretario del Pd - «sarà un giorno in cui io sarò contento». Il leader dell'opposizione ha poi rincarato: «Ho sentito Parisi inneggiare a Diliberto che non è stato proprio quello più in sintonia con la cultura dell'Ulivo. L'idea di quella coalizione era sbagliata, per noi e per il Paese. Solo una maggioranza come quella a cui pensiamo potrà conquistare la maggioranza del Paese: abbiamo perduto il rapporto col territorio, dove vive la gente reale. Bisogna forgiare una nuova classe dirigente che abbia rapporto reale con la gente».
«Se mi avesse dedicato anche solo un po' di ascolto» - ha osservato Parisi di rimando - «si sarebbe accorto che è appunto su come contrastare la destra che verteva il mio intervento. O, almeno, su come evitare di aiutarla. Se l'unica fede democratica in un partito che si chiama democratico» - ha polemizzato ancora Parisi con stizza evidente - «non fosse rimasta la Festa, forse potrei spiegarglielo meglio. Oppure pensa che dopo aver praticamente sciolto l'Assemblea nazionale eletta delle primarie, - l'unico organo di partito democraticamente eletto nel quale ho qualche titolo a parlare, - il mancato confronto sulle ultime elezioni possa essere rinviato alla fantomatica Conferenza programmatica rinviata a sua volta appena ieri al 2009?».
La schermaglia continua e l’esito è incerto, sebbene sia certo che si è perso a causa delle divisioni e, con la sussistenza di queste, si continuerà a perdere. Piuttosto, non è con lo spreco delle energie per attaccare in casa propria il dissenso che si vincono le sfide. Le energie, quelle energie positive, devono essere utilizzate per mobilitare il consenso contro un comune ed individuato avversario. Non avere contezza di questa emergenza politica, non avere il senso della prassi nella vita d’ogni giorno come in politica rende irrimediabilmente ed ottusamente perdenti in entrambe le circostanze. Il sonno della ragione genera mostri, ebbe a condensare Goya in un celeberrimo dipinto, ed alla luce delle esperienze questi mostri sono tanto più pericolosi quanto più fondano la loro radice sull’illusione di non commettere errori.
(nella foto, Arturo Parisi)
0 Commenti:
Posta un commento
Iscriviti a Commenti sul post [Atom]
<< Home page