martedì, ottobre 14, 2008

Immigrato canaglia, adesso mi pento



Martedì, 14 ottobre 2008
Da qualche tempo si deve registrare l’arrivo nel nostro Paese di una nuova malattia fino ad ora sconosciuta. Una patologia di provenienza esotica che pare colpire tutti coloro cui la sorte ha riservato la collocazione in una posizione istituzionale di potere. I sintomi di questa infezione, che si manifesta con perdita di memoria e sostanziale spersonalizzazione del paziente, si avvertono attraverso un’improvvisa mutazione delle capacità percettive, che portano gradatamente l’ammalato a dichiarare di vedere cose completamente diverse da quelle che vedeva qualche tempo prima al punto da non renderlo riconoscibile per ciò che dice persino agli amici ed ai parenti più prossimi., che lo guardano sgomenti e smarriti, consapevoli delle sua infermità, ma incapaci di individuare una cura appropriata che lo riporti allo stato precedente.
I poveracci affetti dal morbo, ribattezzato dagli esperti con il nome provvisorio di “regresso gnoseologico identificativo”, si caratterizzano per l’acquisizione di una percezione del mondo in assoluta antitesi con ciò che hanno sostenuto da sempre, al punto di affermare all’apice della patologia che una certa cosa che per loro è sempre stata nera adesso è bianca e viceversa, con assoluta non curanza della perdita di credibilità che ciò genera in coloro che alle loro farneticazioni prestano orecchio
Dalle cronache di queste ultime settimane apprendiamo che la malattia sembra aver colpito il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che recentemente è stato sorpreso a rilasciare dichiarazioni incredibili sugli immigrati e sugli imprenditori, dimentico – ma sarebbe più appropriato dire ignaro, dato che il suo passato deve aver subito un black out nei suoi ricordi, - che lui medesimo è stato autore di un provvedimento di legge insieme con il grande esegeta della purezza della razza padana Umberto Bossi, che ha previsto di rispedire a casa migliaia di individui presenti sul suolo italico rei soltanto di avere la pelle scura o gli occhi a mandorla o qualche ulteriore evidente segno d’italianità sospetta.
E’ necessario combattere «la tendenza all'isolamento da parte delle minoranze di stranieri ed impedire il prodursi di fenomeni di razzismo e xenofobia che nel nostro paese tendono purtroppo ad aumentare per effetto di paura, ignoranza, degrado», ha dichiarato Fini ad un incredulo giornalista che gli chiedeva un commento ai crescenti fenomeni di razzismo registrati in tutta la Penisola. Poco ha rilevato per il presidente della Camera che la paura, l’ignoranza ed il degrado siano stati gli ingredienti del torbido calderone in cui ha rimestato il suo partito quando lui ne era ancora segretario e che continuino ad essere gli elementi su cui puntano i suoi ex generali, che di quel partito hanno raccolto l’eredità. Anzi, per essere più precisi, c’è da puntualizzare che in certe aree di degrado morale, civile e culturale AN ha trovato l’humus per mietere consensi grazie alla propaganda anti-straniero, dipinto come “ladro di lavoro” per le braccia locali o come una canaglia diseredata e dedita a pratiche innominabili per sbarcare il lunario in una terra nella quale l’accondiscendenza delle sinistre ha garantito riparo anche alla feccia del mondo.
Ma ce n’è per tutti, anche per quegli imprenditori verso i quali «c'è stata un po' di accondiscendenza, lo dico in modo papale papale, che a volte sono degli autentici sfruttatori degli immigrati», ha confessato un Fini orgoglioso di questa scoperta di verità. In questa rinnovata visione della questione immigrazione, ha proseguito il presidente di Montecitorio il primo problema da affrontare è «la lotta allo sfruttamento e al lavoro nero» perché «il problema non sono quelli che lavorano in nero, ma coloro che impiegano in condizioni di sfruttamento, coloro che arrivano in Italia spinti dal bisogno».
Come si vede, siamo davanti al capovolgimento della percezione e l’immigrato da reietto e portatore endemico di delinquenzialità è diventato un “bisognoso” a cui occorre garantire tutela dagli sfruttatori, - questa volta si presuppone nostrani, - pronti a profittare del suo stato di necessità. E questa delirante analisi si chiude con l’indicazione di una seconda priorità sul tema, che chiama in causa invece la capacità della politica di «costruire l'Italia del XXI secolo, quella che vogliamo lasciare ai nostri figli, un'Italia, che non abbia paura di riscoprire un'identità evolutiva, orgogliosa delle proprie tradizioni ma non chiusa; una via italiana all'integrazione, innovativa e anticipatrice, un modello che ben si inserisca nel quadro dei valori sanciti dall'Unione Europea».
Non c’è che dire. Il discorso, per quanto criticamente tardivo, non fa una grinza e ben s’inquadra nella pratica doppiopettista cui sono avvezzi i nostri uomini politici. Pensare che Enrico Berlinguer, per molto meno, dovette subire il dileggio di Forattini ed i processi studenteschi. Ma è noto, i tempi cambiano, la memoria è sempre più sottile e la gente è sempre più scoglionata, presa com’è dai problemi veri del quotidiano per prestare orecchio alle fandonie populiste dei figliocci e nipotini d’Almirante. Che poi qualche fannullone, che legge il giornale per ammazzare la noia, non creda ai suoi occhi nel vedere riportate dichiarazioni attribuite ad un Fini, ma che starebbero meglio in bocca ad un Bersani, è cosa che non sfiora neanche chi si abbandona a quelle esternazioni, certo com’è che nell’epoca in cui non ci sono più le stagioni non c’è più un abito invernale ed uno estivo.
E di questo passo chi si scandalizzerebbe più se il buon Bertinotti, ormai ritiratosi dalla politica attiva, mentre si dedica alla coltivazione delle rose – rosse, c’è da sperare, per antica coerenza – fosse sorpreso ad intonare “giovinezza, giovinezza……”?

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