mercoledì, novembre 05, 2008

Barack Obama cambia la storia del mondo


Mercoledì, 5 novembre 2008
In genere non ci occupiamo di politica estera, ché il nostro blog dispone di risorse troppo limitate per potersi dedicare anche alla valutazione di fatti extranazionali. C’è poi da dire che il nostro Paese è di per sé una fucina di accadimenti e, pertanto, preferiamo dare spazio all’analisi dei fatti di casa nostra, che costituiscono oggetto di attenzione comune più immediata. Tuttavia nelle scorse ore è accaduto qualcosa di epocale, di straordinario per la vita del pianeta, qualcosa che ha posto una pietra miliare nella storia dell’umanità e che riveste fondamentale importanza nella cultura occidentale.
Questa notte è stato incoronato 44° presidente degli USA, la nazione a torto o ragione guida del mondo evoluto, un nero, un signore dall’inconfondibile nome africano, Barack Obama, che per i prossimi quattro anni guiderà la prima potenza della terra.
L’evento è di straordinaria importanza per diverse ordini di ragioni, non ultima la dimostrazione di maturità di un popolo, quello Americano, che ha sfondato un ulteriore frontiera, quella del pregiudizio razziale, che sembrava resistere nel Nuovo Continente come è ancora fortemente resistente nel nostro Paese.
Vi è poi la sconfitta dei Repubblicani americani, dopo otto anni di governo e di condizionamento del mondo con le loro politiche guerrafondaie e di perpetuazione della strategia di rapina dei Paesi più poveri del globo, causa l’approccio egocentrico della loro visione politica, tesa ad acquisire il controllo della distribuzione delle risorse e delle fonti di approvvigionamento delle materie prime vitali per l’esistenza e lo sviluppo.
Un’altra ragione di straordinarietà è conferita all’avvenimento dal pensionamento di quel George W. Bush, che ha spesso interpretato, sull’onda di quanto qualche decennio prima aveva fatto il padre, la politica internazionale come un affare di famiglia, dal quale trarre vantaggiosi ritorni per sé ed il proprio clan. La guerra irakena in cui ha cacciato il mondo è stata un esempio di affarismo senza scrupoli, nel quale hanno trovato ulteriore arricchimento aziende di amici, sostenitori e le attività petrolifere del clan Bush, grazie all’escalation del prezzo del greggio determinatasi in conseguenza del contingentamento delle forniture.
Bush passerà certamente alla storia, non fosse perché presidente degli Stati Uniti, anche per le drammatiche vicende di terrorismo che sono accadute durante il suo mandato. Ma passerà alla storia anche per le ombre mai diradate sui rapporti d’affari della sua famiglia con il famigerato Osama Bin Laden e per le tragiche vicende delle Twin Towers, delle quali la storia medesima ci rivelerà un giorno come sia stato possibile che i segnali premonitori non fossero stati colti per tempo e come sia stato possibile la messa in pratica di un operazione certamente spettacolare come quella. Ci svelerà forse la storia anche le oscure manovre dell’amministrazione presidenziale nel nascondere evidenze, depistare indagini ed addomesticare perizie e referti.
Barack Obama rappresenta il nuovo in tutti i sensi e rappresenta la rivincita dei Democratici, che tornano alla guida d’America dopo le vicende Clinton. Tuttavia, non ci s’illuda che il passaggio epocale debba necessariamente significare un modo radicalmente nuovo di approcciare il mondo da parte dell’America. Primariamente perché gli USA rimangono un Paese con una frammentazione d’interessi planetaria; e comunque sarebbe impensabile ritenere che possano rinunciare ai meccanismi di controllo dei propri interessi per favorire una sorta di autodeterminazione dei popoli: ciò contrasterebbe con l’esigenza di garantirsi la sicurezza interna attraverso gli avamposti consolidati nel tempo e darebbe spazio a coloro che non aspettano che un segnale di inversione di tendenza per sostituirsi ai precedenti guardiani e far pesare il loro ruolo egemonico.
C’è invece da credere che il cambio di guida concorrerà a ridefinire i rapporti con i vecchi alleati, specialmente europei, e a consolidare i vincoli di cooperazione storica messi in crisi da qualche esuberanza del texano Bush.Rimane comunque un quadro di speranza, una speranza che l’ascesa di Obama possa metter freno all’onda di decadenza nostalgica che sta attraversando il Vecchio Continente e rigeneri anche dalle nostre parti un maggiore rispetto delle libertà civili e della convivenza.

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