La Repubblica della “mignottanza”
Martedì, 4 novembre 2008
La battuta potrebbe sembrare di quelle forti, ma sappiamo da qualche ora le ragioni per le quali la Repubblica Italiana é diventata con Berlusconi quella delle banane: c’é qualcuno che le usa e ne ha fatto uno strumento straordinario di selezione meritocratica. E queste ragioni ce le ha svelate proprio un parlamentare dell’attuale maggioranza, che pare abbia avuto modo di ascoltare le intercettazioni di cui s’è parlato qualche tempo fa, aventi per soggetto Berlusconi, ma che i comuni cittadini potrebbero non sentire mai, visto il divieto alla loro diffusione imposto dal premier in persona.
Così il senatore Guzzanti, già padre dei debosciati Corrado e Sabrina da tempo nel mirino del clan degli Arcoresi e dei frequentatori della ex villa Giulini-Casati-Stampa, al grido di «abbasso la mignottocrazia, viva la Repubblica» ci ha svelato in queste ore l’arcano. Nel nostro Paese pare ormai consolidata una pratica di scambio che ha contagiato persino il sistema delle nomine. E se poi lo scambio avviene sulle base di una prestazione in natura tra favorente e favorito, il gioco è fatto e c’è persino la possibilità che il favorente diventi ministro nel caso in cui il favorito, metti caso, rivesta il ruolo di capo di un governo.
Le dichiarazioni di Paolo Guzzanti, riferite al ministro delle Pari Opportunità, Mara Carfagna, che non esita a definire un personaggio «dall’intelligenza politica nulla», sono state espresse nel commento alle domande di un lettore del suo blog, al quale spiega le ragioni delle sue valutazioni negative alla nomina dell’ex velina al rango di segretario di stato: «Secondo quanto dicono alcuni testimoni che considero credibili, attendibili e tutt'altro che interessati esistono proporzionati motivi per temere che la signorina in questione occupi il posto per motivi che esulano dalla valutazione delle sue capacità di servitore dello Stato, sia pure apprendista». Ed a chi lo attacca per questa sua presa di posizione contro la Carfagna, - che ha già sporto querela contro il senatore, - Guzzanti dice: «C'entra il senso dello Stato, il primato delle regole, la limpidezza della democrazia. Abbasso la mignottocrazia, viva la Repubblica». E nel post vero e proprio, il parlamentare si chiede se sia possibile che in una democrazia «il capo di un governo nomini ministro persone che hanno il solo e unico merito di averlo servito, emozionato, soddisfatto personalmente? Potrebbe essere il suo giardiniere che ha ben potato le sue rose, l'autista che lo ha ben guidato in un viaggio, la meretrice che ha ben succhiato il suo uccello, ma anche il padre spirituale che abbia ben salvato la sua anima, il ciabattino che abbia ben risuolato le sue scarpe». E sulla scorta di queste considerazioni si pone, infine, un altro interrogativo: «E’ lecito o non è lecito che si faccia ministro in uno stato immaginario e anzi in un pianeta di un'altra costellazione, una persona che ha come suo merito specifico di aver ben soddisfatto il capo del governo?».
Le dichiarazioni di Guzzanti, che, se provate, aprirebbero uno squarcio di mesta chiarezza nella vita istituzionale della Repubblica, sembrano aver provocato un terremoto nella Capitale, dove schiere interminabili di meretrici, transessuali, gay, bisex e lesbiche – ovviamente ce n’è per tutti i gusti, date le debolezze del variegato popolo parlamentare della nostra ammaccata Italia, – hanno preso d’assedio piazza Montecitorio, nella speranza d’incappare nell’occasione giusta e guadagnarsi un posticino. Peraltro, risulterebbe essere già al lavoro un’équipe di disegnatori intenti a variare l’emblema della Repubblica, nell’eventualità che, ciò che al momento si presenta solo come illazione, trovi riscontro: una bella patonza al posto della stella, incastonata nella ruota dentata e circondata da peluria varia a sostituire i rami d’ulivo e di quercia, che meglio rappresenterebbe da quel momento lo spirito nazionale.
Guzzanti, - che tra l’altro a livello di nucleo familiare dovrà una fortuna alla Carfagna tra la querela a suo carico e quella pendente sulla figlia Sabrina, alla quale l’ex velina ha chiesto ben un miliardo di risarcimento, - non pare intenda recedere di un palmo. E la vicenda non è che l’ultima di una guerra che il senatore ha aperto già da tempo nei confronti del suo ex idolo Berlusconi. Lo scorso 8 settembre, prendendo le distanze dalle lodi che il capo del governo si era prodigato a rilasciare al suo amico Putin, se n’era uscito con un lapidario: «Berlusconi mi fa vomitare!», che la dice lunga su come siano cambiati i rapporti di stima e di condivisione della linea del capo all’interno del PdL.
Così il senatore Guzzanti, già padre dei debosciati Corrado e Sabrina da tempo nel mirino del clan degli Arcoresi e dei frequentatori della ex villa Giulini-Casati-Stampa, al grido di «abbasso la mignottocrazia, viva la Repubblica» ci ha svelato in queste ore l’arcano. Nel nostro Paese pare ormai consolidata una pratica di scambio che ha contagiato persino il sistema delle nomine. E se poi lo scambio avviene sulle base di una prestazione in natura tra favorente e favorito, il gioco è fatto e c’è persino la possibilità che il favorente diventi ministro nel caso in cui il favorito, metti caso, rivesta il ruolo di capo di un governo.
Le dichiarazioni di Paolo Guzzanti, riferite al ministro delle Pari Opportunità, Mara Carfagna, che non esita a definire un personaggio «dall’intelligenza politica nulla», sono state espresse nel commento alle domande di un lettore del suo blog, al quale spiega le ragioni delle sue valutazioni negative alla nomina dell’ex velina al rango di segretario di stato: «Secondo quanto dicono alcuni testimoni che considero credibili, attendibili e tutt'altro che interessati esistono proporzionati motivi per temere che la signorina in questione occupi il posto per motivi che esulano dalla valutazione delle sue capacità di servitore dello Stato, sia pure apprendista». Ed a chi lo attacca per questa sua presa di posizione contro la Carfagna, - che ha già sporto querela contro il senatore, - Guzzanti dice: «C'entra il senso dello Stato, il primato delle regole, la limpidezza della democrazia. Abbasso la mignottocrazia, viva la Repubblica». E nel post vero e proprio, il parlamentare si chiede se sia possibile che in una democrazia «il capo di un governo nomini ministro persone che hanno il solo e unico merito di averlo servito, emozionato, soddisfatto personalmente? Potrebbe essere il suo giardiniere che ha ben potato le sue rose, l'autista che lo ha ben guidato in un viaggio, la meretrice che ha ben succhiato il suo uccello, ma anche il padre spirituale che abbia ben salvato la sua anima, il ciabattino che abbia ben risuolato le sue scarpe». E sulla scorta di queste considerazioni si pone, infine, un altro interrogativo: «E’ lecito o non è lecito che si faccia ministro in uno stato immaginario e anzi in un pianeta di un'altra costellazione, una persona che ha come suo merito specifico di aver ben soddisfatto il capo del governo?».
Le dichiarazioni di Guzzanti, che, se provate, aprirebbero uno squarcio di mesta chiarezza nella vita istituzionale della Repubblica, sembrano aver provocato un terremoto nella Capitale, dove schiere interminabili di meretrici, transessuali, gay, bisex e lesbiche – ovviamente ce n’è per tutti i gusti, date le debolezze del variegato popolo parlamentare della nostra ammaccata Italia, – hanno preso d’assedio piazza Montecitorio, nella speranza d’incappare nell’occasione giusta e guadagnarsi un posticino. Peraltro, risulterebbe essere già al lavoro un’équipe di disegnatori intenti a variare l’emblema della Repubblica, nell’eventualità che, ciò che al momento si presenta solo come illazione, trovi riscontro: una bella patonza al posto della stella, incastonata nella ruota dentata e circondata da peluria varia a sostituire i rami d’ulivo e di quercia, che meglio rappresenterebbe da quel momento lo spirito nazionale.
Guzzanti, - che tra l’altro a livello di nucleo familiare dovrà una fortuna alla Carfagna tra la querela a suo carico e quella pendente sulla figlia Sabrina, alla quale l’ex velina ha chiesto ben un miliardo di risarcimento, - non pare intenda recedere di un palmo. E la vicenda non è che l’ultima di una guerra che il senatore ha aperto già da tempo nei confronti del suo ex idolo Berlusconi. Lo scorso 8 settembre, prendendo le distanze dalle lodi che il capo del governo si era prodigato a rilasciare al suo amico Putin, se n’era uscito con un lapidario: «Berlusconi mi fa vomitare!», che la dice lunga su come siano cambiati i rapporti di stima e di condivisione della linea del capo all’interno del PdL.
Noi il senso di malessere fisico denunciato da Guzzanti nei confronti di Berlusconi lo avvertiamo già da tanto tempo e ci auguriamo che divenga presto epidemia contagiosa, perché oltre al malaffare, alla delinquenza, alla corruzione, al nepotismo, all’arroganza e chi più ne ha più ne metta sarebbe assai duro convivere anche con il lenocinio di stato.
(nella foto, il senatore Paolo Guzzanti)
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