Gli eroi di cartapesta
Domenica, 8 febbraio 2009
Fra qualche ora si compirà il primo mese di gestione CAI della nuova Alitalia e anche sulla scorta dell’audizione parlamentare di Rocco Sabelli e Roberto Colaninno in Senato, rispettivamente AD e Presidente della compagnia aerea, si cominciano a tracciare i dati poco confortanti di un’operazione di acquisizione che ben lascia intendere come i “patrioti” e il premier, sponsor dell’intera vicenda, abbiano fatto i conti senza il classico oste.
La nuova Alitalia, nata dalla fusione con AirOne e Volare Web e le ceneri della Compagnia di Bandiera, denuncia un calo del 7% del load factor, cioè del tasso critico di riempimento di ogni singolo aeromobile, sotto al quale un velivolo commerciale opera in perdita su una singola tratta. Tale tasso è, infatti, passato dal 50, già basso e preoccupante per la remunerazione della singola tratta, al 43%, che la dice lunga sulle capacità della nuova Compagnia di realizzare il pareggio in un anno o poco più come preventivato.
A dar credito ai dati forniti dalla SEA o dell’associazione dei piloti, poi, le percentuali dichiarate da Colaninno e Sabelli sarebbero del tutto ottimistiche se riferite ai movimenti registrati negli aeroporti milanesi, per i quali il load factor scende al 40% su Linate e addirittura al 30% su Malpensa. L’ANPAC, denuncia invece un tasso di riempimento medio del 39%, che, come si evince, è ben lontano dal 43% dichiarato dai vertici di CAI. In ogni caso, con i dati di Milano, i cui scali costituiscono i cosiddetti key point del traffico Alitalia nazionale e che potano il load factor al 37% medio, è ben difficile poter assumere l’attendibilità del 43% dichiarato da Sabelli.
Un raffronto con i dati di traffico dell’analogo periodo 2008, senza tener conto del dato Volare Web, dicono che il load factor integrato di Alitalia ed AirOne era del 62,6% (64,6 % AZ e 48,5% AP), che evidenzierebbe una perdita di oltre 20 punti percentuali su base annua.
Naturalmente il discorso sull’indice di riempimento aeromobile può rappresentare un parametro poco comprensibile ai non addetti ai lavori e, tra l’altro, non è un dato applicabile indifferentemente a qualunque compagnia aerea, poiché la sua significatività dipende da molteplici fattori: natura della tratta (internazionale, intercontinentale, regionale), tipologia aeromobile e disponibilità posti passeggeri (aerei piccoli, medi, grandi), composizione equipaggio, quota costo esercizio tratta (carburante, manutenzione, diritti aeroportuali e utilizzo infrastrutture di scalo), aerovia di crociera (altezza di volo, direttrice di navigazione), grond service (handling, biglietteria, assistenza passeggeri), ecc., la cui aggregazione costituisce il cosiddetto break-even, sotto al quale un singolo volo opera in attivo o in perdita. Quantunque non siano disponibili i dati di cui sopra riferiti alla nuova Alitalia, c’è da credere che, se a dati 2008 sulla tratta più remunerativa Roma-Milano-Roma, AZ ed AP accumulavano perdite significative con un load factor medio del 62,6%, tali perdite stiano divenendo voragini spaventose persino con l’ottimistico 43% comunicato da Sabelli.
Ma a cosa è dovuto l’evidente naufragio del Piano Fenice che aveva spino gli intrepidi eroi di CAI ad imbarcarsi nell’operazione Alitalia? La risposta non è difficile se si pensa che l’avidità del profitto a breve, - supportata da una scandalosa politica protezionistica voluta dal governo Berlusconi, che ha sostanzialmente concesso il monopolio degli slot tra Fiumicino e Milano alla nuova Alitalia, - ha portato i lungimiranti amministratori di CAI a fissare tariffe di trasporto estremamente elevate, che hanno convinto i passeggeri ad optare per il collegamento ferroviario tra le due città, più funzionale e meno oneroso, - peraltro migliorato con l’avvio dell’alta velocità nello scorso dicembre, - o a privilegiare hub e compagnie straniere per i collegamenti internazionali e intercontinentali, decisamente più competitive sul piano delle tariffe. A questo va aggiunta la pesantissima caduta di immagine e di affidabilità di Alitalia nel periodo della lunga ed estenuante trattativa per il passaggio a CAI, contraddistinto da disservizi indicibili, che ha fidelizzato i passeggeri presso compagnie aeree straniere decisamente più attente alla qualità del servizio.
C’è da credere che adesso prenderanno spunto da questa situazione tutt’altro che rosea nuove polemiche su fannulloni e sui costi derivanti dal livello degli organici imposti a CAI nel corso delle durissime trattative sindacali, perché mai si ammetteranno da parte del management l’incompetenza e l’approssimazione frutto dell’inesperienza nel settore, con le quali si è disegnato un piano industriale senza testa e gambe.
Fra qualche ora si compirà il primo mese di gestione CAI della nuova Alitalia e anche sulla scorta dell’audizione parlamentare di Rocco Sabelli e Roberto Colaninno in Senato, rispettivamente AD e Presidente della compagnia aerea, si cominciano a tracciare i dati poco confortanti di un’operazione di acquisizione che ben lascia intendere come i “patrioti” e il premier, sponsor dell’intera vicenda, abbiano fatto i conti senza il classico oste.
La nuova Alitalia, nata dalla fusione con AirOne e Volare Web e le ceneri della Compagnia di Bandiera, denuncia un calo del 7% del load factor, cioè del tasso critico di riempimento di ogni singolo aeromobile, sotto al quale un velivolo commerciale opera in perdita su una singola tratta. Tale tasso è, infatti, passato dal 50, già basso e preoccupante per la remunerazione della singola tratta, al 43%, che la dice lunga sulle capacità della nuova Compagnia di realizzare il pareggio in un anno o poco più come preventivato.
A dar credito ai dati forniti dalla SEA o dell’associazione dei piloti, poi, le percentuali dichiarate da Colaninno e Sabelli sarebbero del tutto ottimistiche se riferite ai movimenti registrati negli aeroporti milanesi, per i quali il load factor scende al 40% su Linate e addirittura al 30% su Malpensa. L’ANPAC, denuncia invece un tasso di riempimento medio del 39%, che, come si evince, è ben lontano dal 43% dichiarato dai vertici di CAI. In ogni caso, con i dati di Milano, i cui scali costituiscono i cosiddetti key point del traffico Alitalia nazionale e che potano il load factor al 37% medio, è ben difficile poter assumere l’attendibilità del 43% dichiarato da Sabelli.
Un raffronto con i dati di traffico dell’analogo periodo 2008, senza tener conto del dato Volare Web, dicono che il load factor integrato di Alitalia ed AirOne era del 62,6% (64,6 % AZ e 48,5% AP), che evidenzierebbe una perdita di oltre 20 punti percentuali su base annua.
Naturalmente il discorso sull’indice di riempimento aeromobile può rappresentare un parametro poco comprensibile ai non addetti ai lavori e, tra l’altro, non è un dato applicabile indifferentemente a qualunque compagnia aerea, poiché la sua significatività dipende da molteplici fattori: natura della tratta (internazionale, intercontinentale, regionale), tipologia aeromobile e disponibilità posti passeggeri (aerei piccoli, medi, grandi), composizione equipaggio, quota costo esercizio tratta (carburante, manutenzione, diritti aeroportuali e utilizzo infrastrutture di scalo), aerovia di crociera (altezza di volo, direttrice di navigazione), grond service (handling, biglietteria, assistenza passeggeri), ecc., la cui aggregazione costituisce il cosiddetto break-even, sotto al quale un singolo volo opera in attivo o in perdita. Quantunque non siano disponibili i dati di cui sopra riferiti alla nuova Alitalia, c’è da credere che, se a dati 2008 sulla tratta più remunerativa Roma-Milano-Roma, AZ ed AP accumulavano perdite significative con un load factor medio del 62,6%, tali perdite stiano divenendo voragini spaventose persino con l’ottimistico 43% comunicato da Sabelli.
Ma a cosa è dovuto l’evidente naufragio del Piano Fenice che aveva spino gli intrepidi eroi di CAI ad imbarcarsi nell’operazione Alitalia? La risposta non è difficile se si pensa che l’avidità del profitto a breve, - supportata da una scandalosa politica protezionistica voluta dal governo Berlusconi, che ha sostanzialmente concesso il monopolio degli slot tra Fiumicino e Milano alla nuova Alitalia, - ha portato i lungimiranti amministratori di CAI a fissare tariffe di trasporto estremamente elevate, che hanno convinto i passeggeri ad optare per il collegamento ferroviario tra le due città, più funzionale e meno oneroso, - peraltro migliorato con l’avvio dell’alta velocità nello scorso dicembre, - o a privilegiare hub e compagnie straniere per i collegamenti internazionali e intercontinentali, decisamente più competitive sul piano delle tariffe. A questo va aggiunta la pesantissima caduta di immagine e di affidabilità di Alitalia nel periodo della lunga ed estenuante trattativa per il passaggio a CAI, contraddistinto da disservizi indicibili, che ha fidelizzato i passeggeri presso compagnie aeree straniere decisamente più attente alla qualità del servizio.
C’è da credere che adesso prenderanno spunto da questa situazione tutt’altro che rosea nuove polemiche su fannulloni e sui costi derivanti dal livello degli organici imposti a CAI nel corso delle durissime trattative sindacali, perché mai si ammetteranno da parte del management l’incompetenza e l’approssimazione frutto dell’inesperienza nel settore, con le quali si è disegnato un piano industriale senza testa e gambe.
Nel frattempo un risultato un risultato è stato raggiunto: al prossimo carnevale di Viareggio sarà possibile avere un nuovo carro con personaggi inediti, gli eroi-patrioti che hanno salvato l’italianità, felici e sorridenti per i risultati delle loro ardua impresa, in smagliante cartapesta.
(nell'immagine, alcuni degli eroi-patrioti dell'operazione CAI-Alitalia, in veste Banda Bassotti)
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