mercoledì, agosto 04, 2010

I cattolici contro l’indecenza della politica berlusconiana


Mercoledì, 4 agosto 2010
Adesso se n’è accorto anche il settimanale cattolico Famiglia Cristiana, che denuncia «il disastro etico è ormai sotto gli occhi di tutti», riferendosi agli organi di governo, - ministri, sottosegretari, responsabili di istituzioni e aziende di stato, - che costituiscono la struttura portante del berlusconismo.
Eppure, il fenomeno sicuramente planetario, ma che in Italia ha trovato un terreno di coltura assai fecondo, costituisce uno degli impegni sbandierati da oltre un trentennio da tutti i governi che si sono succeduti alla guida del Paese e uno dei punti principali nel manifesto di ogni i partito politico, persino da quelli che della corruzione, degli strumenti tangentizi e del malaffare hanno fatto un metodo di sopravvivenza politica e di manipolazione dell’opinione pubblica.
Chi potrebbe affermare di non aver sentito sulla bocca di uno dei leader politici presenti e passati giurare sull’impegno per una lotta serrata contro le mazzette e l’evasione, che sono poi madre e figlie del disastro etico di cui anche gli ambienti vicini alla chiesa oggi denunciano la presenza velenosa? «Nel nostro Paese, in un anno, l’evasione fiscale sottrae all’erario 156 miliardi di euro, le mafie fatturano da 120 a 140 miliardi e la corruzione brucia altri 50 miliardi, se non di più», denuncia Famiglia Cristiana, che aggiunge: «Quel che stupisce è la rassegnazione generale. La mancata indignazione della gente comune. Un sintomo da non trascurare. Vuol dire che il male non riguarda solo il ceto politico. Ha tracimato, colpendo l’intera società. Prevale la “morale fai da te”: è bene solo quello che conviene a me, al mio gruppo, ai miei affiliati. Il “bene comune” è uscito di scena, espressione ormai desueta. La stessa verità oggettiva è piegata a criteri di utilità, interessi e convenienza».
E non è un caso che questa tragica presa di coscienza, pur sempre tardiva, arrivi oggi, nell’era del governo Berlusconi, che nei due anni di guida del Paese ha avuto un numero straordinario di inquisiti, - Scajola, Dell’Utri, Cosentino, Verdini, Bertolaso e la cricca, Brancher, il premier medesimo e quel Caliendo del quale in queste ore si sta consumando il dibattito parlamentare per l’eventuale sfiducia, - nonostante all’esordio della sua esperienza avesse firmato un impegno di programma contenente impegni precisi nella lotta per la moralizzazione della politica e del sistema di governo della cosa pubblica. Non è un caso perché Berlusconi e i suoi sodali hanno dato un’immagine di sé e del Paese come peggio non s’era mai visto dalla fondazione della Repubblica e le ragioni sono presto dette: «Se è vero,» - incalza Famiglia Cristiana, - «come ha detto il presidente del Senato Renato Schifani, che “la legalità è un imperativo categorico per tutti, e in primo luogo per i politici, e nessuno ha l’esclusiva”, è altrettanto indubbio che c’è, anche ad alti livelli, un’allergia alla legalità e al rispetto delle norme democratiche che regolano la convivenza civile. Lo sbandierato garantismo, soprattutto a favore dei potenti, è troppo spesso pretesa di impunità totale. Nonostante la gravità delle imputazioni. L’appello alla legittimazione del voto popolare non è lasciapassare all’illegalità. Ci si accanisce, invece, contro chi invoca più rispetto delle regole e degli interessi generali».
La prova di quanto l’analisi tracciata dal settimanale cattolico sia la tragica istantanea del nostro tempo è dimostrata dalla feroce guerra scoppiata in casa PdL, conclusasi con l’incredibile cacciata di Gianfranco Fini, presidente della Camera, e dei suoi più stretti collaboratori, accusati di tradimento e di lavorare contro il governo che avevano contribuito a formare solo per aver reclamato il ripristino di una legalità sempre più minata all’interno del partito di maggioranza. Le stesse reazioni di Berlusconi, non solo e non tanto alle denunce finiane, quanto ad ogni manifestazione di dissenso, consentono a Famiglia Cristiana di concludere: «Una concezione padronale dello Stato ha ridotto ministri e politici in “servitori”. Semplici esecutori dei voleri del capo. Quali che siano. Poco importa che il Paese vada allo sfascio. Non si ammettono repliche al pensiero unico. E guai a chi osa sfidare il “dominus” assoluto», - dove il riferimento al capo del governo ed alla sua personale situazione di debito con la giustizia non potrebbe essere più esplicito.
Infine, conclude il giornale cattolico: «Che ne sarà del Paese, dopo la rottura avvenuta tra Berlusconi e Fini? La scossa sarà salutare solo se si tornerà a fare “vera” politica. Quella, cioè, che ha a cuore i concreti problemi delle famiglie: dalla disoccupazione giovanile alla crescente povertà. Bisogna avere l’umiltà e la pazienza di ricominciare. Magari con uomini nuovi, di indiscusso prestigio personale e morale. Soprattutto se si aspira alle più alte cariche dello Stato. Giustamente, i vescovi parlano di ”emergenza educativa”. Preoccupati, tra l’altro, dalla difficoltà di trasmettere alle nuove generazioni valori, comportamenti e stili di vita eticamente fondati».
Ma ciò che resta drammatico è il silenzio della gente, quella che sotto l’onda dell’entusiasmo per le promesse aveva espresso la propria preferenza per questo governo ed oggi subisce le conseguenze di uno sfascio passivamente e sfiduciata, quasi avesse definitivamente perso la speranza che esista una via per uscire da una spirale di malaffare e di aggiogamento senza fine.

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