Le buffonate di regime sull’eguaglianza
Sabato, 21 agosto 2010
E’ già qualche tempo che le reti televisive di stato inondano regolarmene gli schermi di uno strano messaggio, nel quale compaiono una serie di figuranti che recitano una tiritera a proposito dell’improbabile eguaglianza di tutti i cittadini difronte alla legge, senza distinzione di sesso, religione, razza, lingua, opinioni politiche e condizioni personali e sociali.
A questo messaggio i figuranti aggiungono poi che la è compito della repubblica rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono quest’uguaglianza e limitano la partecipazione dei cittadini alla vita economica e sociale del Paese.
Dopo il comprensibile smarrimento iniziale, ci si rende conto che quel cast è stato assoldato per diffondere la pubblicità di uno degli articoli della nostra Costituzione più disatteso ed equivoco, quasi si trattasse di una confezione di sottilette della cui bontà bisogna convincere la gente o di un dentifricio che promette di sbiancare i denti.
A ben guardarsi in giro ci sono miglia d’esempi che dimostrano come nel Paese reale le differenze tra i cittadini, tra Nord e Sud, tra ricchi e poveri, tra cattolici e appartenenti ad altre confessioni, tra uomini e donne e così discorrendo sono tali da costituire un vero e proprio scandalo planetario, - se si guarda alla strettissima cerchia degli stati cosiddetti progrediti e civili.
Per quanto possa sembrare manicheo e persino fastidioso, va purtroppo registrato che l’avvento del berlusconismo e della sua cultura della supremazia dell’élite ha inferto un colpo micidiale al processo di traduzione in fatti concreti dei dettami dell’articolo tre della Carta costituzionale. Mai, come l’avvento del Cavaliere si era assistito ad un avvilimento della condizione femminile, sempre più relegata al ruolo d’oggetto per le morbose attenzioni di una schiera massiccia di maschi infoiati. Glutei, cosce, seni e quanto in grado di solleticare le fantasie inconfessabili dei maschi peninsulari abbondano, per non dire strabordano, dagli schermi televisivi e dalle riviste nazionali, con la giustificazione che il senso del pudore nazionale s’è ormai evoluto al punto tale che pochi si scandalizzano al cospetto di una mutanda esibita o di un capezzolo sgusciante casualmente da un decolté.
Ma il punto non è questo. La questione vera è che la donna continua a restare, - ed oggi più che mai, - un oggetto di concupiscenza esasperata, uno strumento per focalizzare l’attenzione, un essere idoneo solo a trasferire piacere, un bene di consumo usa e getta confezionato con un package accattivante. Non a caso lo stesso premier che si circonda di veline, di escort disposte a tutto persino nei festini organizzati per intrattenere ospiti internazionali, usa questi “diversivi sessuali” per consolidare il proprio successo personale e l’accredito del Paese.
Non parliamo poi delle discriminazioni violente alle quali sono sottoposti quanti dissentono dalla politica di regime. I comunisti, i rossi, pur se ormai sono argomento di ricerca paleontologica, ma hanno carme e ossa nella mente malata di Berlusconi e dei suoi seguaci, sono bersaglio di quotidiani attacchi scomposti, guerre senza quartiere d’annientamento al che se non fosse per l’impossibilita di procedere all’annientamento fisico del “nemico” non avrebbero nulla da invidiare allele operazioni di pulizia etnica perpetrate da Milosevic e dai suoi assassini Karadzic, Djukic, Jovan, Mladic, per citare alcuni dei galantuomini della storia recente.
Questi nemici non si combattono con i fucili ma con armi raffinatissime di distruzione fatte di dossier, offese al limite della sconcezza, editti bulgari ed altre leccornie simili, allo scopo di screditarne irrimediabilmente l’immagine e la credibilità, vere è proprie campagne di killeraggio morale.
Non diverso è il discorso sulle condizioni sociali e l’eguaglianza di trattamento davanti alla legge. C’è in questo Paese stomachevole una giustizia che non colpisce i ladri conclamati, i mafiosi ed i loro amici e fiancheggiatori e una giustizia che spedisce in galera il ladro di un cocomero; una giustizia che consente persecuzioni senza tregua verso chi magari non paga il canone alla televisione di regime e lascia del tutto impuniti mazzettisti di regime, aziende che evadono ma nell’orbita del potere dominante; una giustizia che punisce automobilisti che eccedono i limiti di velocità e che chiude entrambi gli occhi sui parlamentari che scorrazzano senza pudore a bordo di lussuosissime automobili messe a disposizione loro con pubblico denaro.
E gli esempi potrebbero continuare all’infinito, a rischio di annoiare chi legge con un elenco di ribalderie quotidiane sotto gli occhi di tutti.
Ma adesso occorre prendere atto di quest’attenzione del regime alle tante ingiustizie che ha radicato nella cultura del Paese, che per ragioni francamente incomprensibili se non sospette, tra un formaggino e un assorbente a tre veli, ha deciso che è giunta l’ora di rimuovere gli ostacoli alla piena eguaglianza dei cittadini.
Certo, basterebbe questo per richiedere la messa in stato d’accusa davanti al popolo di questa classe politica, dato che le agenzie di pubblicità, magari amiche di qualche amico, si saranno arricchite nell’approntare lo short, ma i committenti sanno già molto bene che il messaggio populista alla fine resterà lettera morta come lo è da oltre 60 anni e che il progresso etico di una nazione non è certo mortadella.
A questo messaggio i figuranti aggiungono poi che la è compito della repubblica rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono quest’uguaglianza e limitano la partecipazione dei cittadini alla vita economica e sociale del Paese.
Dopo il comprensibile smarrimento iniziale, ci si rende conto che quel cast è stato assoldato per diffondere la pubblicità di uno degli articoli della nostra Costituzione più disatteso ed equivoco, quasi si trattasse di una confezione di sottilette della cui bontà bisogna convincere la gente o di un dentifricio che promette di sbiancare i denti.
A ben guardarsi in giro ci sono miglia d’esempi che dimostrano come nel Paese reale le differenze tra i cittadini, tra Nord e Sud, tra ricchi e poveri, tra cattolici e appartenenti ad altre confessioni, tra uomini e donne e così discorrendo sono tali da costituire un vero e proprio scandalo planetario, - se si guarda alla strettissima cerchia degli stati cosiddetti progrediti e civili.
Per quanto possa sembrare manicheo e persino fastidioso, va purtroppo registrato che l’avvento del berlusconismo e della sua cultura della supremazia dell’élite ha inferto un colpo micidiale al processo di traduzione in fatti concreti dei dettami dell’articolo tre della Carta costituzionale. Mai, come l’avvento del Cavaliere si era assistito ad un avvilimento della condizione femminile, sempre più relegata al ruolo d’oggetto per le morbose attenzioni di una schiera massiccia di maschi infoiati. Glutei, cosce, seni e quanto in grado di solleticare le fantasie inconfessabili dei maschi peninsulari abbondano, per non dire strabordano, dagli schermi televisivi e dalle riviste nazionali, con la giustificazione che il senso del pudore nazionale s’è ormai evoluto al punto tale che pochi si scandalizzano al cospetto di una mutanda esibita o di un capezzolo sgusciante casualmente da un decolté.
Ma il punto non è questo. La questione vera è che la donna continua a restare, - ed oggi più che mai, - un oggetto di concupiscenza esasperata, uno strumento per focalizzare l’attenzione, un essere idoneo solo a trasferire piacere, un bene di consumo usa e getta confezionato con un package accattivante. Non a caso lo stesso premier che si circonda di veline, di escort disposte a tutto persino nei festini organizzati per intrattenere ospiti internazionali, usa questi “diversivi sessuali” per consolidare il proprio successo personale e l’accredito del Paese.
Non parliamo poi delle discriminazioni violente alle quali sono sottoposti quanti dissentono dalla politica di regime. I comunisti, i rossi, pur se ormai sono argomento di ricerca paleontologica, ma hanno carme e ossa nella mente malata di Berlusconi e dei suoi seguaci, sono bersaglio di quotidiani attacchi scomposti, guerre senza quartiere d’annientamento al che se non fosse per l’impossibilita di procedere all’annientamento fisico del “nemico” non avrebbero nulla da invidiare allele operazioni di pulizia etnica perpetrate da Milosevic e dai suoi assassini Karadzic, Djukic, Jovan, Mladic, per citare alcuni dei galantuomini della storia recente.
Questi nemici non si combattono con i fucili ma con armi raffinatissime di distruzione fatte di dossier, offese al limite della sconcezza, editti bulgari ed altre leccornie simili, allo scopo di screditarne irrimediabilmente l’immagine e la credibilità, vere è proprie campagne di killeraggio morale.
Non diverso è il discorso sulle condizioni sociali e l’eguaglianza di trattamento davanti alla legge. C’è in questo Paese stomachevole una giustizia che non colpisce i ladri conclamati, i mafiosi ed i loro amici e fiancheggiatori e una giustizia che spedisce in galera il ladro di un cocomero; una giustizia che consente persecuzioni senza tregua verso chi magari non paga il canone alla televisione di regime e lascia del tutto impuniti mazzettisti di regime, aziende che evadono ma nell’orbita del potere dominante; una giustizia che punisce automobilisti che eccedono i limiti di velocità e che chiude entrambi gli occhi sui parlamentari che scorrazzano senza pudore a bordo di lussuosissime automobili messe a disposizione loro con pubblico denaro.
E gli esempi potrebbero continuare all’infinito, a rischio di annoiare chi legge con un elenco di ribalderie quotidiane sotto gli occhi di tutti.
Ma adesso occorre prendere atto di quest’attenzione del regime alle tante ingiustizie che ha radicato nella cultura del Paese, che per ragioni francamente incomprensibili se non sospette, tra un formaggino e un assorbente a tre veli, ha deciso che è giunta l’ora di rimuovere gli ostacoli alla piena eguaglianza dei cittadini.
Certo, basterebbe questo per richiedere la messa in stato d’accusa davanti al popolo di questa classe politica, dato che le agenzie di pubblicità, magari amiche di qualche amico, si saranno arricchite nell’approntare lo short, ma i committenti sanno già molto bene che il messaggio populista alla fine resterà lettera morta come lo è da oltre 60 anni e che il progresso etico di una nazione non è certo mortadella.
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