Il Grande Bordello
Sabato, 23 ottobre 2010
Ci siamo. Anzi, ci risiamo. E’ partita l’ennesima edizione del Grande Bordello, ma i partecipanti non sono diversi da quelli del trash reality precedente, perché pare che al pubblico piacciano e portino agli autori tantissima pubblicità.
Quest’edizione porta il nome di “lodo Alfano 2 – la vendetta” e prevede che l’attore principale, un uomo in fuga dai tribunali e braccato dalla giustizia, oltre che dagli scandali, tenti l’ennesima scalata all’impunità assoluta con un escamotage nuova escogitata dai soliti complici: Alfano, alla sceneggiatura e alla costumistica, Ghedini ai dialoghi, Letta al montaggio, Cicchitto e Gasparri al marketing promozionale, Capezzone alla fotografia e un cast di anonimi figuranti alla claque, ovviamente con la regia di Silvio Berlusconi da Arcore, che nella trash supera persino Woody Allen. Si, perché il grande regista attinge dalla realtà e ne porta sullo schermo la riproposizione in chiave interpretativa. Nel Grande Bordello non c’è invenzione, non c’è fantasia, c’è la grottesca verità di una disperazione senza fine di un uomo che tenta con ogni trucco, ricatto, colpo di mano, imbroglio, violenza ideologica di piegare la legalità a proprio beneficio e poter adagiare definitivamente il “culo nel burro”, - come si conviene con il linguaggio ormai in uso in ogni reality che si rispetti.
Ma questa volta la messa in onda dello spettacolo è probabilmente abortita ancor prima di vedere il piccolo schermo, perché già dai tioli di testa il signor Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica Italiana, - quella vera e che ancora grazie a lui sembra resistere allo sfacelo della legalità e della democrazia, - ha detto un secco no. Un no motivato dal fatto che non solo non intende farsi coinvolgere nella storia, visto che non ritiene di avere alcuna necessità di dotarsi di scudi ulteriori rispetto a quelli già previsti dalla Carta Costituzionale, ma anche dal fatto che a suo autorevole avviso «Il Lodo Alfano contrasta la Costituzione», - come ha scritto a Carlo Vizzini, presidente della Commissione del senato dove il testo del disegno di legge è stato approvato.
Se non fosse per la pietà che stimolano certe osservazioni, ci sarebbe veramente da ridere. La troupe del fuggiasco, infatti, non ha trovato di meglio che gridare allo scandalo, se non addirittura al sovvertimento delle regole costituzionali, poiché la segnalazione del Capo dello Stato «già sarebbe stato irrituale se un presidente avesse scritto, per criticare una legge in itinere, ai presidenti delle Camere. Figurarsi mandarla direttamente a un presidente di commissione. È un'ingerenza incredibile»: ma guarda un po’ che bella lezione di rispetto delle regole viene da un pulpito che abitualmente le calpesta ed è uso farne carta straccia!
E dire che Napolitano segnala senza mezzi termini: «Non posso peraltro fare a meno di rilevare che la decisione assunta dalla commissione da lei presieduta incide, al di là della mia persona, sullo status complessivo del presidente della Repubblica riducendone l'indipendenza nell'esercizio delle sue funzioni. Infatti tale decisione, che contrasta con la normativa vigente risultante dall'articolo 90 della Costituzione e da una costante prassi costituzionale, appare viziata da palese irragionevolezza nella parte in cui consente al Parlamento in seduta comune di far valere asserite responsabilità penali del presidente della Repubblica a maggioranza semplice anche per atti diversi dalle fattispecie previste dal citato articolo 90».
E mentre sulla scorta di queste chiarissime dichiarazioni il destino del provvedimento sembra irrimediabilmente segnato ed infuria la canea, già si mette in moto la macchina per una nuova sceneggiatura, che salvi capre e cavoli e aggiri la questione.
E’ inevitabile, the show must go on!: adesso che ci siamo abituati, come faremmo ormai dopo tantissimi anni a fare a meno del Grande Bordello?
Quest’edizione porta il nome di “lodo Alfano 2 – la vendetta” e prevede che l’attore principale, un uomo in fuga dai tribunali e braccato dalla giustizia, oltre che dagli scandali, tenti l’ennesima scalata all’impunità assoluta con un escamotage nuova escogitata dai soliti complici: Alfano, alla sceneggiatura e alla costumistica, Ghedini ai dialoghi, Letta al montaggio, Cicchitto e Gasparri al marketing promozionale, Capezzone alla fotografia e un cast di anonimi figuranti alla claque, ovviamente con la regia di Silvio Berlusconi da Arcore, che nella trash supera persino Woody Allen. Si, perché il grande regista attinge dalla realtà e ne porta sullo schermo la riproposizione in chiave interpretativa. Nel Grande Bordello non c’è invenzione, non c’è fantasia, c’è la grottesca verità di una disperazione senza fine di un uomo che tenta con ogni trucco, ricatto, colpo di mano, imbroglio, violenza ideologica di piegare la legalità a proprio beneficio e poter adagiare definitivamente il “culo nel burro”, - come si conviene con il linguaggio ormai in uso in ogni reality che si rispetti.
Ma questa volta la messa in onda dello spettacolo è probabilmente abortita ancor prima di vedere il piccolo schermo, perché già dai tioli di testa il signor Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica Italiana, - quella vera e che ancora grazie a lui sembra resistere allo sfacelo della legalità e della democrazia, - ha detto un secco no. Un no motivato dal fatto che non solo non intende farsi coinvolgere nella storia, visto che non ritiene di avere alcuna necessità di dotarsi di scudi ulteriori rispetto a quelli già previsti dalla Carta Costituzionale, ma anche dal fatto che a suo autorevole avviso «Il Lodo Alfano contrasta la Costituzione», - come ha scritto a Carlo Vizzini, presidente della Commissione del senato dove il testo del disegno di legge è stato approvato.
Se non fosse per la pietà che stimolano certe osservazioni, ci sarebbe veramente da ridere. La troupe del fuggiasco, infatti, non ha trovato di meglio che gridare allo scandalo, se non addirittura al sovvertimento delle regole costituzionali, poiché la segnalazione del Capo dello Stato «già sarebbe stato irrituale se un presidente avesse scritto, per criticare una legge in itinere, ai presidenti delle Camere. Figurarsi mandarla direttamente a un presidente di commissione. È un'ingerenza incredibile»: ma guarda un po’ che bella lezione di rispetto delle regole viene da un pulpito che abitualmente le calpesta ed è uso farne carta straccia!
E dire che Napolitano segnala senza mezzi termini: «Non posso peraltro fare a meno di rilevare che la decisione assunta dalla commissione da lei presieduta incide, al di là della mia persona, sullo status complessivo del presidente della Repubblica riducendone l'indipendenza nell'esercizio delle sue funzioni. Infatti tale decisione, che contrasta con la normativa vigente risultante dall'articolo 90 della Costituzione e da una costante prassi costituzionale, appare viziata da palese irragionevolezza nella parte in cui consente al Parlamento in seduta comune di far valere asserite responsabilità penali del presidente della Repubblica a maggioranza semplice anche per atti diversi dalle fattispecie previste dal citato articolo 90».
E mentre sulla scorta di queste chiarissime dichiarazioni il destino del provvedimento sembra irrimediabilmente segnato ed infuria la canea, già si mette in moto la macchina per una nuova sceneggiatura, che salvi capre e cavoli e aggiri la questione.
E’ inevitabile, the show must go on!: adesso che ci siamo abituati, come faremmo ormai dopo tantissimi anni a fare a meno del Grande Bordello?
(nella foto, una vignetta di Rainer Hachfeld pubblicata da Neues Deutscheland, che la dice lunga su come ci vedono all'estero)
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