domenica, gennaio 16, 2011

Il martirio del santo di Arcore

Domenica, 16 gennaio 2011
E’ da molto tempo che si scrive contro Silvio Berlusconi, contro il suo modo di fare politica, - se di politica si può mai parlare e non, piuttosto, di qualcos’altro più oscuro e fetido, - della sua interpretazione del potere e dell’esercizio dello stesso, e persino della sua discesa in campo, che, ha detta dei maligni, non avrebbe avuto nulla di eroico e ideale se non salvare con ogni mezzo se stesso dalle mille accuse rivoltegli dai giudici per gli imbrogli compiuti per arricchirsi e per mettere al sicuro l’impero costruito con la protezione ben pagata dei corrotti che aveva prezzolato nel corso del tempo.
A questo coro di detrattori e persecutori ci siamo uniti anche noi, poveri di spirito e, soprattutto, di lungimirante intuizione.
Di queste pecche della nostra intelligenza oggi facciamo pubblica ammenda, dovendo riconoscere, anche se tardivamente, che il divino uomo di Arcore, questo inestimabile regalo del Padreterno, aveva ragione, poiché ha definitivamente fatto capire al mondo che le regole del vivere civile, quelle che ci si era dati nella convinzione che potesse esistere un confine tra bene e male, tra giusto e sbagliato, tra lecito e illecito, erano solo il frutto della radicata ipocrisia di quanti non avevano capito che la vita va vissuta senza imporsi alcun schema, inutili orpelli morali ed etici, che finiscono solo per frustrare l’esistenza.
E’ a Silvio Berlusconi e ai suoi apostoli, tra i quali Emilio Fede, Lele Mora, Marcello Dell’Utri, Guido Bertolaso, Denis Verdini, Gianfranco Micciché e tantissimi altri, - ben oltre i dodici di cui si circondava suo fratello Gesù, - che dobbiamo il superamento di concetti vuoti come concussione, corruzione, falso in bilancio, sfruttamento della prostituzione, anche minorile, costituzione di fondi neri per addomesticare testimoni e tante altre banalità alle quali abbiamo creduto per qualche secolo, in un oscurantismo morale dominante al cospetto del quale il medio evo appare un’epoca di fervida cultura progressista.
C’è da augurarsi che presto cadano tabù come l’incesto e l’omicidio, il primo simbolo di una ritrovata felicità del corpo e dell’anima anche in ambito familiare e il secondo come elemento regolatore naturale di rapporti malsani tra gli individui.
Giustamente il profeta di palazzo Chigi, sostenuto in questo da un uomo schivo ma sempre pronto ad offrire al Messia il suo illuminato supporto, tal Niccolò Ghedini, grida nei confronti di quanti ancora osino resistere e levino il dito contro ciò che gli imputano come misfatti che si tratta di infanganti montature tese solo a diffamare la sua opera apostolica, personaggi affetti da un endemico oscurantismo o dall’invidia per non aver potuto assaggiare le grazie carnali Kharima El Mahroug, al secolo Ruby. I suoi persecutori non saranno mai in grado di capire l’estasi che deriva dall’accoppiarsi con una minorenne marocchina e, men che meno, il valore altamente umanitario di una intercessione per farla rilasciare quando la ragazzina era caduta nelle grinfie di quattro sbirri repressi obbedienti a leggi ingiuste.
L’Italia con questo regalo piovutole dal cielo, oggi è ritornata a splendere nel mondo, riacquisendo quella posizione di faro di civiltà che s’era spento da qualche millennio con la scomparsa dell’Impero Romano. E che lo abbia capito persino la Chiesa, notoriamente centro di reazionario conservatorismo, è tutto dire: si pensi all’importante passo avanti che ha fatto il Vaticano sdoganando la bestemmia allor quando questa, opportunamente contestualizzata, serva a suscitare ilarità, magari in una barzelletta, o ad esternare il disagio irrefrenabile e profondo di un perseguitato dallo sorte.
E qualcuno osa ancora ironizzare sulle affermazioni del divino Silvio quando qualifica il suo pontificato come “governo del fare”, aggiungendo a quel fare la parola “schifo”. E’ evidente che ci si trova in quelle circostanze di fronte a gente ignorante e, dunque, incapace di cogliere il valore del verbo e il significato delle gesta di un santo ora operaio, ora maestro, ora impiegato e, perché no, ora pedofilo se serve a rompere le catene che legano ad una concezione della sessualità platealmente bigotta.
Certo, la lotta per il trionfo della nuova fede non è facile e di garantito successo, anche se il martire di Arcore, forte dell’esperienza del fratello Gesù capace di mettere in fuga i mercanti dal tempio, saprà trovare la strada per far sì che la sua parola trionfi sull’infinita ipocrisia del manipolo di miserabili persecutori, che da sempre lo assediano facendosi scudo di leggi ingiuste e fuori da ogni sentiero che conduce al riscatto dell’umanità.

(nella foto, Ilda Boccassini, giudice del tribunale di Milano indicato come uno dei capi del movimento di persecuzione a Silvio Berlusconi)

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