Quelli che il sole delle Alpi
Mercoledì, 28 settembre 2011
Il mitico dissacratore Enzo Jannacci non avrebbe potuto inventare di meglio che una canzone, un po’ stonata e sorta d’elenco tragicomico, per mettere alla berlina i tanti bizzarri personaggi che costellano la nostra esistenza quotidiana . Un’ode da sgranare a guisa di rosario di persone comuni che votano scheda bianca per non sporcare o che credono che Gesù Bambino sia Babbo Natale da giovane.
Quelli che….., - questo è il titolo della nota canzone – ha subito nel tempo vari adattamenti, includendo nuovi stereotipi di ordinari boccaloni, illusi, sconfitti dalla vita, mitomani pervicaci, saccenti d’ogni sorta, in un valzer irrefrenabile di macchiette scoordinate, che costituisce l’umanità quotidiana.
Forse perché le bizzarrie e i loro autori son troppi, forse per non dare un’eccessiva rilevanza ad un fenomeno che, in fondo, è solo regionalizzato in questo nostro Paese così variegato ed esteso, certo manca nell’inno alla futilità di Jannacci un richiamo a Quelli che il sole delle Alpi, anche se il sole lo vedono di rado.
Sì perché quello del sole delle Alpi sembra essere diventato ormai un vero e proprio incubo per gli amministratori leghisti, al punto da non poter fare a meno di tappezzare muri, strade, edifici pubblici, scuole e bocciofile con questo simbolo lì dove sono presenti in forze ed hanno assunto le redini del governo locale. Così, treni pendolari, toilette di bar, cabine telefoniche e qualunque posto sia in grado d’ospitare una vetrofania sono pieni di questi simboli a memoria persecutoria della presenza o del passaggio del Carroccio e delle sue ossessioni propagandistiche.
Già il sindaco di Adro, nel bresciano, tal Oscar Lancini, s’è ritagliato un posto nella storia per i soldi spesi per far mattonellare la locale scuola elementare d’inserti raffiguranti il simbolo padano e per lo scontro che ebbe con il Quirinale a cui questa bizzarra rappresentazione di un autonomismo esasperato e mortificante dei simboli dello stato italiano non era andata giù.
Ma, come insegna un vecchio adagio, la madre delle teste fini è sempre gravida e così l’iniziativa del primo cittadino di Adro ha fatto scuola e tanti altri amministratori leghisti sono venuti allo scoperto dichiarando il loro incontenibile amore per il mosaico e l’intarsio. Così chi non esibisce il fiore stilizzato non è trendy; è quasi uno spergiuro agli occhi della nomenklatura di Cassano Magnago, a cui si devono le mille gag e i mille gadget che rendono il movimento regional-autonomista-secessionista una macchietta sgangherata in Europa. Drezzo, nel comasco, Carrù, nel cuneese, Calcinato, nel bresciano, Vimodrone, nel milanese, Garlate e Mandello, nel lecchese, - e la Lega ci perdoni se abbiamo dimenticato qualcuno dei suoi buffi avanposti, - oggi ostentano sparsi per il loro territorio analoghi emblemi a perenne ricordo del passaggio dei nipotini d’Alberto da Giussano, quasi che le mille promesse di autonomismo, federalismo, riduzioni fiscali, secessione e balle varie si possano realizzare con i simboli e non con azioni concrete e convincenti.
Per altro, questo sole ostentato dai leghisti è, a dirla tutta, anche un poco tristarello: di colorazione verde biliare, con sei petali geometrici disposti a raggiera e ingabbiati in un cerchio da moderna mountain bike, che nulla ha in comune con il simbolo da cui trarrebbe origine ed alla cui storia si rimanda il lettore curioso che avvertisse l'urgente necessità d'approfondire il tema. La stessa magistratura, più volte intervenuta su segnalazione di qualche cittadino scocciato da questa invasione di simbolismi e dall’imposizione di una rappresentazione di fede politica esasperata, ha espresso giudizi controversi, che vanno dall’abuso bell’e buono, con tanto di distrazione di pubblico denaro, al non luogo a procedere, in quanto richiami storici ad analoghi graffiti assiri, egizi e celtici che non intaccherebbero il decoro dei luoghi nei quali sono stati replicati.
Queste decisioni non hanno certo convinto i detrattori, che ritengono d’aver individuato nel simbolo leghista un preciso richiamo alle foglie della marijuana, con tutto ciò che d'immorale e diseducativo si trascinerebbe dietro l’appello indiretto a questa droga vegetale.
Questo lo state dell’arte, che come si vede ha aperto un nobile dibattito assai proficuo in quest’epoca di crisi e di malessere sociale. Noi francamente e a costo di passare per cialtroni poco attenti ai dibattiti intellettuali di un certo spessore, rimpiangiamo il buon Jannacci, che attualizzando il testo della sua canzone, di certo, oggi non potrebbe omettere un verso in omaggio di Quelli che il sole delle Alpi, anche se il sole lo vedono di rado.
Quelli che….., - questo è il titolo della nota canzone – ha subito nel tempo vari adattamenti, includendo nuovi stereotipi di ordinari boccaloni, illusi, sconfitti dalla vita, mitomani pervicaci, saccenti d’ogni sorta, in un valzer irrefrenabile di macchiette scoordinate, che costituisce l’umanità quotidiana.
Forse perché le bizzarrie e i loro autori son troppi, forse per non dare un’eccessiva rilevanza ad un fenomeno che, in fondo, è solo regionalizzato in questo nostro Paese così variegato ed esteso, certo manca nell’inno alla futilità di Jannacci un richiamo a Quelli che il sole delle Alpi, anche se il sole lo vedono di rado.
Sì perché quello del sole delle Alpi sembra essere diventato ormai un vero e proprio incubo per gli amministratori leghisti, al punto da non poter fare a meno di tappezzare muri, strade, edifici pubblici, scuole e bocciofile con questo simbolo lì dove sono presenti in forze ed hanno assunto le redini del governo locale. Così, treni pendolari, toilette di bar, cabine telefoniche e qualunque posto sia in grado d’ospitare una vetrofania sono pieni di questi simboli a memoria persecutoria della presenza o del passaggio del Carroccio e delle sue ossessioni propagandistiche.
Già il sindaco di Adro, nel bresciano, tal Oscar Lancini, s’è ritagliato un posto nella storia per i soldi spesi per far mattonellare la locale scuola elementare d’inserti raffiguranti il simbolo padano e per lo scontro che ebbe con il Quirinale a cui questa bizzarra rappresentazione di un autonomismo esasperato e mortificante dei simboli dello stato italiano non era andata giù.
Ma, come insegna un vecchio adagio, la madre delle teste fini è sempre gravida e così l’iniziativa del primo cittadino di Adro ha fatto scuola e tanti altri amministratori leghisti sono venuti allo scoperto dichiarando il loro incontenibile amore per il mosaico e l’intarsio. Così chi non esibisce il fiore stilizzato non è trendy; è quasi uno spergiuro agli occhi della nomenklatura di Cassano Magnago, a cui si devono le mille gag e i mille gadget che rendono il movimento regional-autonomista-secessionista una macchietta sgangherata in Europa. Drezzo, nel comasco, Carrù, nel cuneese, Calcinato, nel bresciano, Vimodrone, nel milanese, Garlate e Mandello, nel lecchese, - e la Lega ci perdoni se abbiamo dimenticato qualcuno dei suoi buffi avanposti, - oggi ostentano sparsi per il loro territorio analoghi emblemi a perenne ricordo del passaggio dei nipotini d’Alberto da Giussano, quasi che le mille promesse di autonomismo, federalismo, riduzioni fiscali, secessione e balle varie si possano realizzare con i simboli e non con azioni concrete e convincenti.
Per altro, questo sole ostentato dai leghisti è, a dirla tutta, anche un poco tristarello: di colorazione verde biliare, con sei petali geometrici disposti a raggiera e ingabbiati in un cerchio da moderna mountain bike, che nulla ha in comune con il simbolo da cui trarrebbe origine ed alla cui storia si rimanda il lettore curioso che avvertisse l'urgente necessità d'approfondire il tema. La stessa magistratura, più volte intervenuta su segnalazione di qualche cittadino scocciato da questa invasione di simbolismi e dall’imposizione di una rappresentazione di fede politica esasperata, ha espresso giudizi controversi, che vanno dall’abuso bell’e buono, con tanto di distrazione di pubblico denaro, al non luogo a procedere, in quanto richiami storici ad analoghi graffiti assiri, egizi e celtici che non intaccherebbero il decoro dei luoghi nei quali sono stati replicati.
Queste decisioni non hanno certo convinto i detrattori, che ritengono d’aver individuato nel simbolo leghista un preciso richiamo alle foglie della marijuana, con tutto ciò che d'immorale e diseducativo si trascinerebbe dietro l’appello indiretto a questa droga vegetale.
Questo lo state dell’arte, che come si vede ha aperto un nobile dibattito assai proficuo in quest’epoca di crisi e di malessere sociale. Noi francamente e a costo di passare per cialtroni poco attenti ai dibattiti intellettuali di un certo spessore, rimpiangiamo il buon Jannacci, che attualizzando il testo della sua canzone, di certo, oggi non potrebbe omettere un verso in omaggio di Quelli che il sole delle Alpi, anche se il sole lo vedono di rado.
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