sabato, ottobre 08, 2011

Lo stallone stanco

Sabato, 8 ottobre 2011
Commovente. Quale altro termine potrebbe meglio descrivere il senso del discorso di Silvio Berlusconi in TV a poche ore dalla sua partenza per Mosca dove presenzierà al compleanno del suo fraterno amico Putin.
Un discorso nel quale ha comunicato alla nazione l’immenso sacrificio, ai confini dell’eroismo, che è chiamato a fare lui e i suoi ministri per l’Italia, nonostante l’ammessa stanchezza e le enormi delusioni provate dalla sua mitica discesa in campo.
Anche la gente, a suo indiscutibile giudizio, è con lui, continua a sostenerlo mentre incerto sale il calvario quotidiano, incitandolo o aggiustandogli la croce sul groppone, certa che una sua rinuncia ci getterebbe nel caos. «Ma ve l’immaginate un governo con Bersani, Di Pietro e Vendola?.... Con Di Pietro alla Giustizia?» ha ammonito il sant’uomo, senza acrimonia ma con la voce quasi incerta per la commozione. Dunque, lui non si farà da parte perché vuole bene al Paese, per spirito encomiabile di sacrificio – si potrebbe persino parlare di martirio! – perché nell’attuale situazione di crisi una rinuncia sarebbe esiziale per le sorti della nazione.
Da giovani abbiamo avuto qualche amico che aveva preso una strada pericolosa, una di quelle strade fatta di facili illusioni artificiali, che tanti ha condotto ad un’esperienza sfortunata e senza ritorno. Certo per un giovane debole e afflitto da molteplici problemi esistenziali e di crescita, sull’onda di una subcultura fondata sulla convinzione che il chiudersi in una torre eburnea virtuale in contrapposizione alla lotta per degli ideali e dei valori, il percorso fu tragicamente facile. E a chi gli chiedeva con l’intento d’aiutarlo di confidargli quali benefici ritenesse di trarre da un trip da LSD o da altre sostanze, la risposta era sconvolgente: vado in un mondo migliore, un mondo fatto di colori e di speranze, in cui gli altri mi amano, mi accettano con entusiasmo e mi sento veramente forte, unico, insostituibile.
Il mondo che descriveva, ovviamente, era falso, era probabilmente la proiezione inconscia del malessere che si portava dentro, delle ragioni per le quali nella sua debolezza aveva la necessità di surrogare la realtà tangibile con un’esistenza virtuale appagante, pur se breve.
Ecco, i discorsi di Berlusconi – lungi da noi l’idea di voler insinuare qualunque sospetto sull’uomo a pratiche d’una certa natura – somigliano anche troppo a quelli del nostro sfortunato amico di gioventù. Anche lui s’ostina a credere che il suo mondo, quello dei bunga-bunga, della patonza che gira e della gnocca a gogò, sia quello reale e non quello virtuale in cui si cala alla fine delle sue giornate di lavoro. Un mondo nel quale s’immagina il plauso della gente, il sostegno plebiscitario del popolo, persino pronto ad incitarlo a farsi la prossima donzella e a scommettere sulla sua erculea resistenza di maschio stallone.
Tutto ciò è grave. Ma è ancor più grave che proprio in assenza di anabolizzanti ed altri supporti chimici sia in grado di stravolgere la realtà che lo circonda sino al punto da negare la più solare delle evidenze: il popolo è stanco delle sue bizzarrie, è stanco dei suoi lagnosi onanismi verbali alla volta di comunisti, giudici, procure e di quant’altro si dichiari apertamente stufo dell’indegno spettacolo che ha dato e continua a dare di sé e del suo sgangherato esecutivo.
Persino la Chiesa non ha potuto più fare a meno di insorgere allo sconcio e chiedere a gran voce di aprire finalmente porte e finestre per ricambiare l’aria, un’aria fetida e irrespirabile che sta intossicando istituzioni e cittadini.
Il tapino, l’ex stallone da nave da crociera, il casanova a cui la patonza gira grazie al denaro smisurato e non certo in virtù del fascino spento da vegliardo siliconato, non vuol capire che gli Italiani non ce l’hanno su con lui perché invidiosi delle abbuffate di gnocca, che per svariate ragioni non possono o non vogliono permettersi, ma per la manifesta incapacità dimostrata di gestire il potere che gli hanno delegato nell’esercizio del governo; della vacuità con cui ha gestito la cosa pubblica, del disprezzo che non ha nascosto nel farsi carico dei problemi della gente comune. Mai s’è visto in quasi settant’anni di storia repubblicana un governo capace di scatenare l’odio di un così sterminato numero di categorie sociali: pubblici dipendenti, magistrati, insegnanti, imprenditori piccoli e grandi, pensionati, studenti, operai, ceto medio e chi più ne ha più ne metta, al punto che quando, con ebete sorriso ammaliante insiste nel proclamare le sue visioni di un popolo felice, pronto a riconfermarlo alla scadenza del mandato, i suoi appelli disperati suonano ancor più vaneggianti di quelli del suo ex amico di bisbocce Muammar Gheddafi in uno dei suoi demenziali interventi a pagamento da qualche radio araba amica.
Di Pietro, qualche settima fa, ebbe ad ammonire sul pericolo di disordini che il perdurare di questo stallo può determinare, disordini accompagnati magari da eventi luttuosi, che tutti vorrebbero ed avrebbero il dovere di evitare. Non siamo in grado né di scongiurare quell’ipotesi, né men che meno di confermarla. Certo è che il moltiplicarsi della protesta, aizzata anche dall’ulteriore benzina di pazzesche leggi bavaglio in procinto d’essere varate, non lasciano presagire alcunché di buono.
In genere gli stalloni, quelli di razza che hanno contribuito alla perpetuazione della specie, quando giungono alla fine della carriera subiscono una triste fine. Altri vengono confinati in un recinto più o meno ampio dove si possono godere gli ultimi anni d’esistenza in libertà. C’è d’augurarsi che il nostro, senza voler tirare inutilmente la corda all’estremo, decida per un pascolo senza steccati, dotato di un comodo ricovero con tutti confort, con tanto di videoregistratore nel quale far scorrere a piacimento qualche fotogramma piccante, che gli ricordi i bei tempi andati e gli dia l’illusione di essere per sempre l'ncontrastato re del bunga-bunga.

(nella foto, Gheddafi e Berlusconi che si scambiano affettuosi convenevoli ad un incontro tra grandi esperti di gnocca)


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