Neanche gli Squallor farebbero di meglio
Martedì, 4 ottobre 2011
Chissà quali rappresaglie si preparino ai danni di Moncalvo, quel Gigi giornalista che per qualche anno ha fatto il direttore di quel dépliant di stupida demagogia con pretese da quotidiano che risponde al nome di la Padania. Il giovanotto ha parlato ed ha svelato sotto l’incalzare di Lucia Annunziata In Mezz’ora la tresca tra B&B, che non è il noto produttore di divani, ma il duo Berlusconi-Bossi, padano per nascita e padano per convenienza.
Secondo il giornalista, che cita tra le altre fonti la ex giornalista di Radio Padania Rosanna Sapori e il giornalista di Famiglia Cristiana Guglielmo Sasimini, ci sarebbe un “vero e proprio contratto stipulato davanti ad un notaio”. L’accordo, datato gennaio 2000, sarebbe stato firmato un anno prima delle politiche del 2001 in cui Bossi e Berlusconi erano alleati. Nel giugno del 2000 infatti, come aveva documentato Mario Calabresi su la Repubblica, Giovanni Dell’Elce, allora amministratore nazionale di Forza Italia e oggi deputato del Pdl, scrisse alla Banca di Roma per comunicare una fideiussione di “due miliardi di vecchie lire a favore della Lega”.
Moncalvo ha aggiunto che “Berlusconi (con l'assistenza del famosissimo Aldo Brancher, ndr) aveva fatto un intervento economico pesante a favore della casse della Lega”, che allora versava in uno stato finanziario critico: la sede del partito era stata pignorata e i giornalisti non ricevevano più lo stipendio. A quel punto Berlusconi avrebbe rinunciato “a un serie di cause civili per gli slogan e le paginate” de la Padania, in cui il premier “veniva accusato di essere mafioso”, in cambio della cessione della titolarità del simbolo del Carroccio e d’un patto che prevedeva anche la formazione di un think tank per la formulazione di una riforma costituzionale per l’elezione diretta del Presidente della Repubblica. E se fosse passata col referendum, Napolitano, ha aggiunto Moncalvo, sarebbe stato “costretto a dimettersi”. Dall’altra parte Berlusconi, “convinto di essere eletto dal plebiscito popolare”, sarebbe andato al Quirinale. A fare parte del think tank, “Tremonti, Calderoli e La Russa”.
Fin qui la storia edificante delle gesta del condottiero di Cassano Magnago, che da un po’ di tempo appare in forte calo di leadership e di credibilità, al punto da dover subire quasi la derisioni di qualche ex fedele, come Roberto Maroni, ministro degli Interni, e Flavio Tosi, sindaco di Verona e in forte ascesa di consensi nel partito, causa le esternazioni sempre più ridicole sulla secessione e l’indipendenza della Padania. Ovviamente, in perfetto stile da guappo, il democratico Bossi a liquidato le critiche definendole "parole a vanvera", mentre i suoi più fedeli picciotti hanno minacciato d’espellere i critici dal partito.
A queste farneticanti esternazioni anche il Presidente Napolitano ha sentito il dovere di dare una rintuzzata, rammentando al bolso capo del Carroccio che un certo Finocchiaro Aprile, affetto dalla stessa patologia persecutoria, fallì miseramente i suoi ben più fondati tentativi di secessionismo della Sicilia dallo stato italiano e che, comunque, la Carta non ammette l’indizione di alcun referendum sull’integrità della Repubblica.
Nonostante non appartenga alla categoria dei sovversivi, Diego Della Valle, meglio noto come Mr. Tod’s, davanti al clima da saloon che s’è orami instaurato in parlamento e nei palazzi della politica, di cui le minchiate bossiane sono un esempio illuminante, ha sentito il dovere di comprarsi una pagina di giornale per poter dire basta ad una classe politica che costantemente dà mostra della propria bassezza ed invitarla, senza mezzi termini, a tornarsene a casa, con le proprie gambe. E' inconcepibile che il Paese si dibatta in un’agonia senza fine e la sua classe dirigente sprechi il proprio tempo a recuperare gli slip persi dalle escort del capo del governo o a costruire progetti fantagiuridici di inibizione della pubblicazione di intercettazioni, riforme limitative della libertà di indagine dei magistrati e riforme del processo penale tese a garantire a quel galantuomo del premier di fare la fine che tutto il mondo s’aspetta, è stato il senso del messaggio di Della Valle.
Divertente il commento di Ignazio La Russa, - Come Maurizio Crozza deve avere il cabaret nel DNA, - il quale, buon conoscitore della claque organizzata, ha affermato che Della Valle “può farsi sentire solo a pagamento”. Né di minore ilarità quello della Bindi, che, sentendosi accumunata al nugolo di barboni che affollano la politica (excusatio non petita…), ha chiesto d’essere rispettata almeno per essere una consumatrice di scarpe Tod’s.
Ma le risse tra gli alticci frequentatori del saloon non finiscono qui. Un certo Marchionne, d’origini italo-canadesi, ma famoso per le scorrerie nei ranch e nei corral dove si mettono a punto cavalli di ferro targati FIAT, sta seminando il terrore, sparando a vista con una Colt 45 su chiunque osi attraversargli la strada e contrastare il suo progetto di addomesticare le migliaia di persone che in quei siti si guadagnano da vivere. Gli stessi complici di un tempo, dalla Calamity Marcegaglia a Bonanni e Angeletti, sembrano aver mollato lo spaccone, stanchi della sua arroganza e della propensione alla provocazione. Un certo Landini, alla testa di un pugno di peones irriducibili, pare essere rimasto l’ultimo degli ostacoli sulla sua strada.
Parlare di sconforto in questo quadro è quanto mai inopportuno, considerato che a questo sentimento corrisponde un’idea di giustizia e libertà perduta, ma sempre possibile da ripristinare. Mentre, nella situazione che stiamo vivendo, alla speranza sono stati da tempo celebrati i funerali, persino in tono minore, per evitare rappresaglie da parte dei suoi killer. Il buon Di Pietro, non esente da peccati, sebbene costretto alla macchia, è riuscito ad infliggere un durissimo colpo alla credibilità e alla baldanza dell’élite dominante, portando a casa oltre un milione e duecentomila firme per un referendum abrogativo di una legge elettorale di chiaro stampo mafioso. Ma a parte la presenza di chi sopra quel successo ha messo il cappello, pur avendone prese le distanze, come Bersani e i Kautskyani del PD, c’è già fermento e fibrillazione nel tentativo di vanificare l’opera di pulizia sollecitata dal capo dell’IdV.
Chi ci salverà da questo precipitare sempre più in basso in una spirale di vergogna e sopraffazione? C’è da confidare in Giorgio Napolitano, quel Presidente a cui qualche imbecille ha rimproverato d’esser stato comunista, onestamente comunista, affinché opponga un rifiuto netto e categorico al varo dei provvedimenti-misfatto in lavorazione nel night club di palazzo Chigi.
(nella foto, Diego Della Valle, patron della Tod's)
Secondo il giornalista, che cita tra le altre fonti la ex giornalista di Radio Padania Rosanna Sapori e il giornalista di Famiglia Cristiana Guglielmo Sasimini, ci sarebbe un “vero e proprio contratto stipulato davanti ad un notaio”. L’accordo, datato gennaio 2000, sarebbe stato firmato un anno prima delle politiche del 2001 in cui Bossi e Berlusconi erano alleati. Nel giugno del 2000 infatti, come aveva documentato Mario Calabresi su la Repubblica, Giovanni Dell’Elce, allora amministratore nazionale di Forza Italia e oggi deputato del Pdl, scrisse alla Banca di Roma per comunicare una fideiussione di “due miliardi di vecchie lire a favore della Lega”.
Moncalvo ha aggiunto che “Berlusconi (con l'assistenza del famosissimo Aldo Brancher, ndr) aveva fatto un intervento economico pesante a favore della casse della Lega”, che allora versava in uno stato finanziario critico: la sede del partito era stata pignorata e i giornalisti non ricevevano più lo stipendio. A quel punto Berlusconi avrebbe rinunciato “a un serie di cause civili per gli slogan e le paginate” de la Padania, in cui il premier “veniva accusato di essere mafioso”, in cambio della cessione della titolarità del simbolo del Carroccio e d’un patto che prevedeva anche la formazione di un think tank per la formulazione di una riforma costituzionale per l’elezione diretta del Presidente della Repubblica. E se fosse passata col referendum, Napolitano, ha aggiunto Moncalvo, sarebbe stato “costretto a dimettersi”. Dall’altra parte Berlusconi, “convinto di essere eletto dal plebiscito popolare”, sarebbe andato al Quirinale. A fare parte del think tank, “Tremonti, Calderoli e La Russa”.
Fin qui la storia edificante delle gesta del condottiero di Cassano Magnago, che da un po’ di tempo appare in forte calo di leadership e di credibilità, al punto da dover subire quasi la derisioni di qualche ex fedele, come Roberto Maroni, ministro degli Interni, e Flavio Tosi, sindaco di Verona e in forte ascesa di consensi nel partito, causa le esternazioni sempre più ridicole sulla secessione e l’indipendenza della Padania. Ovviamente, in perfetto stile da guappo, il democratico Bossi a liquidato le critiche definendole "parole a vanvera", mentre i suoi più fedeli picciotti hanno minacciato d’espellere i critici dal partito.
A queste farneticanti esternazioni anche il Presidente Napolitano ha sentito il dovere di dare una rintuzzata, rammentando al bolso capo del Carroccio che un certo Finocchiaro Aprile, affetto dalla stessa patologia persecutoria, fallì miseramente i suoi ben più fondati tentativi di secessionismo della Sicilia dallo stato italiano e che, comunque, la Carta non ammette l’indizione di alcun referendum sull’integrità della Repubblica.
Nonostante non appartenga alla categoria dei sovversivi, Diego Della Valle, meglio noto come Mr. Tod’s, davanti al clima da saloon che s’è orami instaurato in parlamento e nei palazzi della politica, di cui le minchiate bossiane sono un esempio illuminante, ha sentito il dovere di comprarsi una pagina di giornale per poter dire basta ad una classe politica che costantemente dà mostra della propria bassezza ed invitarla, senza mezzi termini, a tornarsene a casa, con le proprie gambe. E' inconcepibile che il Paese si dibatta in un’agonia senza fine e la sua classe dirigente sprechi il proprio tempo a recuperare gli slip persi dalle escort del capo del governo o a costruire progetti fantagiuridici di inibizione della pubblicazione di intercettazioni, riforme limitative della libertà di indagine dei magistrati e riforme del processo penale tese a garantire a quel galantuomo del premier di fare la fine che tutto il mondo s’aspetta, è stato il senso del messaggio di Della Valle.
Divertente il commento di Ignazio La Russa, - Come Maurizio Crozza deve avere il cabaret nel DNA, - il quale, buon conoscitore della claque organizzata, ha affermato che Della Valle “può farsi sentire solo a pagamento”. Né di minore ilarità quello della Bindi, che, sentendosi accumunata al nugolo di barboni che affollano la politica (excusatio non petita…), ha chiesto d’essere rispettata almeno per essere una consumatrice di scarpe Tod’s.
Ma le risse tra gli alticci frequentatori del saloon non finiscono qui. Un certo Marchionne, d’origini italo-canadesi, ma famoso per le scorrerie nei ranch e nei corral dove si mettono a punto cavalli di ferro targati FIAT, sta seminando il terrore, sparando a vista con una Colt 45 su chiunque osi attraversargli la strada e contrastare il suo progetto di addomesticare le migliaia di persone che in quei siti si guadagnano da vivere. Gli stessi complici di un tempo, dalla Calamity Marcegaglia a Bonanni e Angeletti, sembrano aver mollato lo spaccone, stanchi della sua arroganza e della propensione alla provocazione. Un certo Landini, alla testa di un pugno di peones irriducibili, pare essere rimasto l’ultimo degli ostacoli sulla sua strada.
Parlare di sconforto in questo quadro è quanto mai inopportuno, considerato che a questo sentimento corrisponde un’idea di giustizia e libertà perduta, ma sempre possibile da ripristinare. Mentre, nella situazione che stiamo vivendo, alla speranza sono stati da tempo celebrati i funerali, persino in tono minore, per evitare rappresaglie da parte dei suoi killer. Il buon Di Pietro, non esente da peccati, sebbene costretto alla macchia, è riuscito ad infliggere un durissimo colpo alla credibilità e alla baldanza dell’élite dominante, portando a casa oltre un milione e duecentomila firme per un referendum abrogativo di una legge elettorale di chiaro stampo mafioso. Ma a parte la presenza di chi sopra quel successo ha messo il cappello, pur avendone prese le distanze, come Bersani e i Kautskyani del PD, c’è già fermento e fibrillazione nel tentativo di vanificare l’opera di pulizia sollecitata dal capo dell’IdV.
Chi ci salverà da questo precipitare sempre più in basso in una spirale di vergogna e sopraffazione? C’è da confidare in Giorgio Napolitano, quel Presidente a cui qualche imbecille ha rimproverato d’esser stato comunista, onestamente comunista, affinché opponga un rifiuto netto e categorico al varo dei provvedimenti-misfatto in lavorazione nel night club di palazzo Chigi.
(nella foto, Diego Della Valle, patron della Tod's)
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