Addio Mr. Chips
Giovedì, 10 novembre 2011
Sembrerebbe finita l’avventura neo autoritaria del governo di Silvio Berlusconi, celebre tycoon, grande puttaniere, apprezzato piazzista, modesto showman, politico fallito. E con lui e con la sua incontenibile protervia se ne va via un pezzo incommensurabile dell’economia italiana e del suo benessere, economia per troppo tempo emarginata a problematica di serie infima e mortificata dai folli propositi del personaggio di privilegiare esclusivamente l’invenzione di meccanismi idonei a garantirgli un’impunità legale e definitiva dalla decina di processi penali che lo riguardano.
Invano ha tentato con ogni mezzo, anche il più meschino e volgare, di spacciarsi per un perseguitato politico, preso costantemente di mira da una magistratura al soldo di un’opposizione mai rassegnata alla sconfitta subita nelle urne. Questa è una colossale bugia inventata per confondere le cose e nascondere la vera ragione della sua comparsa in politica. I reati per i quali è stato perseguito riguardano la sua vita da imprenditore spregiudicato, antecedente la discesa in campo, e solo di recente, in decorrenza di mandato parlamentare e governativo, ha collezionato qualche scampolo di processo ulteriore, come quello per il caso Ruby, grazie al fatto che quando si è inclini al disprezzo della legge non è certo l’occupazione di cariche istituzionali che frena la propensione a delinquere. Anzi in quelle circostanze ci si sente molto più forti e al di sopra d’ogni rischio di perseguibilità.
L’uomo esce sconfitto dalla scena ben oltre ogni possibile immaginazione. Non abbandona la scena per scelta o per presa d’atto d’una impossibilità a continuare a causa d’un dissenso sui suoi programmi politici, ma perché cacciato a furor di popolo per manifesta incapacità e per il palesarsi definitivo d’una mancanza di credibilità assoluta, vittima lui medesimo delle fandonie da avanspettacolo raccontate a mezzo mondo e degli impegni mai mantenuti nei confronti dei suoi elettori e dei suoi interlocutori internazionali.
Si porta sul gobbo un indelebile marchio di infamia persino più grande del folle Mussolini che nelle sventure d’Italia l’ha preceduto. Il controverso Duce lasciò il Paese nello sfascio di una ricostruzione susseguente una folle avventura bellica, situazione nella quale c’erano comunque le condizioni sociali per rimboccarsi le maniche e ricrescere. Silvio Berlusconi lascia in eredità un Paese in piena crisi prefallimentare, distrutto nella speranza, nella voglia di lottare, rinchiuso in un egoismo sordo, profondamente diviso da campanilismi esasperati, corroso da una guerra generazionale senza quartiere, con un tessuto sociale lacerato dalle mille storture provocate dalle sue politiche di guerra al sindacato, dal disimpegno verso la deindustrializzazione di intere aree della Penisola, da un’irrisolta questione occupazionale giovanile, dallo sfruttamento quasi schiavistico di lavoratori costretti a subire qualunque oscurantistica regressione dei diritti nei posti di lavoro. E non ultimo un crollo drammatico della fiducia nella politica e nelle istituzioni, a cui non sono stati risparmiati attacchi farneticanti e schizofrenici, con l’intento di soggiogarne la libertà e addomesticarne il consenso, ma con il risultato di radicare un incontenibile voltastomaco nei confronti della loro credibilità.
Qualcuno ha paragonato il tycoon di Arcore al personaggio di Rasputin per l’enorme potere concentrato nelle sue mani, per l’uso spregiudicato che ne ha fatto e per le mitiche qualità e incontinenze sessuali: d’altra parte l’uno s’era fatto monaco e si spacciava, dunque, per uomo di fede; il Nostro s’è sempre dichiarato unto del Signore, dunque legittimato ad ogni sorta di efferatezza in nome del Padre Celeste. Le notti di entrambi sono velate di misteri e d’avventure mirabolanti e chissà che anche il membro di Berlusconi alla sua dipartita da questo doloroso mondo non venga gelosamente conservato ed esposto in qualche museo, come succede a quello di Rasputin dal 2004, in bella mostra in quello di San Pietroburgo. Certo è che entrambi hanno avuto il malsano potere di avvelenare la realtà sociale nella quale hanno vissuto e agito, con scandali d’ogni taglia e d’ogni tipo e lasciando dietro di sé macerie sociali difficili da rimuovere nel breve periodo.
Insieme con lui sono destinati a sparire dalla geografia politica un numero considerevole di mezze figure e imbonitori, che gli hanno molto spesso tenuto il bordone perché servi veri o perché falsi e opportunisti compagni di viaggio. E' in questa circostanza che, come Mr. Chips, il Cavaliere si renderà conto d’esser stato sempre solo, a dispetto delle sue illusorie convinzioni: la sconfitta è sempre orfana e quando la nave affonda anche i ratti si precipitano sulle scialuppe di salvataggio nella speranza di non affogare.
Agli sconfitti, a coloro che hanno combattuto battaglie oneste e impavide, è d’uso concedere l’onore delle armi, come ultimo atto di rispetto per un avversario che ha condotto il confronto con lealtà e determinazione. Francamente a Berlusconi non ci pare possa riconoscersi tale atto di rispetto, non fosse per il tronfio disprezzo con il quale ha svillaneggiato costantemente avversari e oppositori e per l’epilogo (ancora tutto da verificare al momento in cui scriviamo, ndr) con il quale è stato costretto a lasciare.
Sebbene non sia generalmente considerato gesto d’eleganza infierire sui vinti, noi oggi scegliamo di passare per persone di scarsa sensibilità, e, francamente, nel non nutrire alcun compatimento per la fine meritata di Silvio Berlusconi, peraltro giunta anche troppo tardi, ci permettiamo anche di augurargli, al grido di “Viva l’Italia”, cento di questi giorni!
Ci scusiamo con i lettori per il lungo silenzio trascorso sino ad oggi, ma tra le storture di questo disgraziato Paese vi è anche la qualità del servizio telefonico e adsl. Purtroppo siamo ostaggio della Telecom, che, al di là della tanto decantata liberalizzazione della telefonia, continua a mantenere il monopolio delle centrali di smistamento traffico, dalle quali, in tante aree del Paese, persevera nell’erogare servizi da terzo mondo. Purtroppo la zona dalla quale scriviamo usufruisce di servizi adsl da albori della civiltà e ciò molto spesso c’impedisce di tenervi informati con il nostro punto di vista sui fatti della vita quotidiana.
Invano ha tentato con ogni mezzo, anche il più meschino e volgare, di spacciarsi per un perseguitato politico, preso costantemente di mira da una magistratura al soldo di un’opposizione mai rassegnata alla sconfitta subita nelle urne. Questa è una colossale bugia inventata per confondere le cose e nascondere la vera ragione della sua comparsa in politica. I reati per i quali è stato perseguito riguardano la sua vita da imprenditore spregiudicato, antecedente la discesa in campo, e solo di recente, in decorrenza di mandato parlamentare e governativo, ha collezionato qualche scampolo di processo ulteriore, come quello per il caso Ruby, grazie al fatto che quando si è inclini al disprezzo della legge non è certo l’occupazione di cariche istituzionali che frena la propensione a delinquere. Anzi in quelle circostanze ci si sente molto più forti e al di sopra d’ogni rischio di perseguibilità.
L’uomo esce sconfitto dalla scena ben oltre ogni possibile immaginazione. Non abbandona la scena per scelta o per presa d’atto d’una impossibilità a continuare a causa d’un dissenso sui suoi programmi politici, ma perché cacciato a furor di popolo per manifesta incapacità e per il palesarsi definitivo d’una mancanza di credibilità assoluta, vittima lui medesimo delle fandonie da avanspettacolo raccontate a mezzo mondo e degli impegni mai mantenuti nei confronti dei suoi elettori e dei suoi interlocutori internazionali.
Si porta sul gobbo un indelebile marchio di infamia persino più grande del folle Mussolini che nelle sventure d’Italia l’ha preceduto. Il controverso Duce lasciò il Paese nello sfascio di una ricostruzione susseguente una folle avventura bellica, situazione nella quale c’erano comunque le condizioni sociali per rimboccarsi le maniche e ricrescere. Silvio Berlusconi lascia in eredità un Paese in piena crisi prefallimentare, distrutto nella speranza, nella voglia di lottare, rinchiuso in un egoismo sordo, profondamente diviso da campanilismi esasperati, corroso da una guerra generazionale senza quartiere, con un tessuto sociale lacerato dalle mille storture provocate dalle sue politiche di guerra al sindacato, dal disimpegno verso la deindustrializzazione di intere aree della Penisola, da un’irrisolta questione occupazionale giovanile, dallo sfruttamento quasi schiavistico di lavoratori costretti a subire qualunque oscurantistica regressione dei diritti nei posti di lavoro. E non ultimo un crollo drammatico della fiducia nella politica e nelle istituzioni, a cui non sono stati risparmiati attacchi farneticanti e schizofrenici, con l’intento di soggiogarne la libertà e addomesticarne il consenso, ma con il risultato di radicare un incontenibile voltastomaco nei confronti della loro credibilità.
Qualcuno ha paragonato il tycoon di Arcore al personaggio di Rasputin per l’enorme potere concentrato nelle sue mani, per l’uso spregiudicato che ne ha fatto e per le mitiche qualità e incontinenze sessuali: d’altra parte l’uno s’era fatto monaco e si spacciava, dunque, per uomo di fede; il Nostro s’è sempre dichiarato unto del Signore, dunque legittimato ad ogni sorta di efferatezza in nome del Padre Celeste. Le notti di entrambi sono velate di misteri e d’avventure mirabolanti e chissà che anche il membro di Berlusconi alla sua dipartita da questo doloroso mondo non venga gelosamente conservato ed esposto in qualche museo, come succede a quello di Rasputin dal 2004, in bella mostra in quello di San Pietroburgo. Certo è che entrambi hanno avuto il malsano potere di avvelenare la realtà sociale nella quale hanno vissuto e agito, con scandali d’ogni taglia e d’ogni tipo e lasciando dietro di sé macerie sociali difficili da rimuovere nel breve periodo.
Insieme con lui sono destinati a sparire dalla geografia politica un numero considerevole di mezze figure e imbonitori, che gli hanno molto spesso tenuto il bordone perché servi veri o perché falsi e opportunisti compagni di viaggio. E' in questa circostanza che, come Mr. Chips, il Cavaliere si renderà conto d’esser stato sempre solo, a dispetto delle sue illusorie convinzioni: la sconfitta è sempre orfana e quando la nave affonda anche i ratti si precipitano sulle scialuppe di salvataggio nella speranza di non affogare.
Agli sconfitti, a coloro che hanno combattuto battaglie oneste e impavide, è d’uso concedere l’onore delle armi, come ultimo atto di rispetto per un avversario che ha condotto il confronto con lealtà e determinazione. Francamente a Berlusconi non ci pare possa riconoscersi tale atto di rispetto, non fosse per il tronfio disprezzo con il quale ha svillaneggiato costantemente avversari e oppositori e per l’epilogo (ancora tutto da verificare al momento in cui scriviamo, ndr) con il quale è stato costretto a lasciare.
Sebbene non sia generalmente considerato gesto d’eleganza infierire sui vinti, noi oggi scegliamo di passare per persone di scarsa sensibilità, e, francamente, nel non nutrire alcun compatimento per la fine meritata di Silvio Berlusconi, peraltro giunta anche troppo tardi, ci permettiamo anche di augurargli, al grido di “Viva l’Italia”, cento di questi giorni!
Ci scusiamo con i lettori per il lungo silenzio trascorso sino ad oggi, ma tra le storture di questo disgraziato Paese vi è anche la qualità del servizio telefonico e adsl. Purtroppo siamo ostaggio della Telecom, che, al di là della tanto decantata liberalizzazione della telefonia, continua a mantenere il monopolio delle centrali di smistamento traffico, dalle quali, in tante aree del Paese, persevera nell’erogare servizi da terzo mondo. Purtroppo la zona dalla quale scriviamo usufruisce di servizi adsl da albori della civiltà e ciò molto spesso c’impedisce di tenervi informati con il nostro punto di vista sui fatti della vita quotidiana.
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