Il gioco al massacro
Giovedì, 29 marzo 2012
(nella foto, il quadretto di famiglia del governo Monti, infarcito di sedicenti esperti e tecnici)
Non è chiaro ancora quale sia il gioco del professore Monti. E’ certo che nella sua scriteriata e poco scientifica battaglia in difesa delle corbellerie sull’articolo 18, partorite dalla penna del suo giannizzero Fornero, ma orchestrate da una mente malata che intenderebbe approfittare dallo scompiglio generatosi con la gravissima crisi economica in atto per assestare un colpo mortale ai diritti dei lavoratori dipendenti, ha prodotto una frattura profonda nei rapporti con una parte della maggioranza anomala che lo sostiene e con il Quirinale che lo ha voluto come salvatore della patria.
Il sospetto è che il professore, disposto anche a giocarsi la faccia pur di realizzare un disegno oscuro, sia il braccio operativo di una regia occulta, che intende mettere nell’angolo il PD, in significativa ascesa di consensi dopo il disastro berlusconiano, addossandogli la responsabilità della caduta del suo governo per ridare al PdL e alle forze reazionarie e moderate del Paese la credibilità persa in oltre tre anni di vergognosa amministrazione della cosa pubblica.
Sa bene infatti il professore che il PD, al di là delle posizioni intransigenti della CGIL e della Camusso, non potrà mai avallare una modifica dell’articolo 18 che cancella in un solo colpo il sacrosanto diritto di perdere il lavoro per ragioni diverse dalla giusta causa o di comprovate motivazioni oggettive, imputabili a comportamenti contrari ai principi di disciplina, dimostrati inconfutabilmente in sede giudiziale, e non delegati al giudizio strumentale e discutibile dell’imprenditore. Una formulazione così concepita della riforma dell’articolo 18 rappresenterebbe per i lavoratori un salto indietro di mezzo secolo e per il PD, nato dalla rifondazione del PCI e che basa ancora la sua forza sulla saldezza del cordone ombelicale che lo lega alla classe lavoratrice dipendente in senso ampio, lo stravolgimento definitivo della sua matrice operaista. In questa prospettiva non v’è margine per Monti e Fornero per un’imposizione arrogante d’un voto di fiducia, poiché oltre al PD il biglietto per un buon ritiro gli sarebbe messo in mano da IdV- che ha preannunciato un referendum abrogativo nel caso la legge passasse - e Lega Nord, in netto dissenso con l’esecutivo sin dalla sua formazione. Non è, inoltre, peregrina l’ipotesi di defezioni all’interno dello stesso gruppo che, in modo variabile, ha espresso il suo sostanziale assenso alla riforma licenziata.
Questa prospettiva non consente di comprendere le ragioni per le quali il premier, impegnato in oriente in incontri istituzionali, abbia continuato a tuonare come un vecchio trombone sull’immodificabilità del testo sul mercato del lavoro, cingendosi persino il capo di serti d’alloro rappresentati dalle dichiarazioni di plauso dei partner internazionali con i quali si è incontrato. Forse il professor Monti ha sottovalutato che quei plausi provengono da altrettanti squali, Cina compresa, rappresentanti di un capitalismo senza frontiere che sempre ha mal tollerato rispetto di regole e pastoie varie alla sua proterva esuberanza.
Né il dissenso diffuso, non solo di movimenti politici e sindacali, ma anche di cittadini, sulla cui espressione di democraticità a nessuno è consentito nutrire dubbi e men che meno ad un premier pavoneggiante, può essere liquidato con le manipolazioni mediatiche. Il popolo sarà in dissenso con la politica e i partiti, espressione di una neo aristocrazia autoreferenziale, e con le svendute posizioni di qualche leader sindacale, ma è ben lungi dal condividere una riforma profondamente inutile, perniciosa e fascistoide come quella dell’articolo 18. Dunque, asserire che i cittadini “hanno capito” equivale ad affermare solo una verità parziale, che consiste non nella condivisione, ma nella piena comprensione di un disegno malefico che intende fermare gli orologi e tornare ad uno schiavismo imbellettato da modernità in cui il lavoratore è solo merce, materia prima surrogabile a piacimento, senza diritto alcuno di parola e di difesa.
D’altra parte, che questo sia l’orientamento di Monti e del suo esecutivo tecnico s’è già rivelato con la riforma del sistema pensionistico, con il varo di meccanismi dispotici che hanno azzerato lustri di diritti maturati e in poche ore hanno allungato il diritto alla quiescenza di sette anni, oltre a perpetrare con la copertura di una legge infame quanto maturato in anni di versamenti contributivi. Se non questo cos’altro significa tout court il passaggio coatto al sistema contributivo per milioni di lavoratori? Come mai la signora Fornero, la tragediante piagnucolona che ha presentato la riforma e che non ha mai fatto mistero di considerare il precedente sistema retributivo una vera porcata, “un’ingiustizia sociale”, è in prima file nel mantenere il privilegio di quel meccanismo?
La verità è che come nella migliore tradizione cattolica si raccomanda – meglio, s’impone, - di fare ciò che si dice e non ciò che si dà come esempio, magari facendo gli sboroni con i più deboli e tenersi pronti a calar le brache con i poteri forti, - vedi tassisti, professionisti, farmacisti, banche, categorie verso le quali in fase di strombazzamenti sulle liberalizzazioni s’era anticipato un colpo di maglio alle storiche avidità, per poi fare ingloriosa quanto meschina marcia indietro in fase di conversione in legge del provvedimento.
E se quest’andazzo dovesse invece avere l’obiettivo di far rimpiangere all’Italia mentecatta la presenza del giullare di Arcore, che il professore stia tranquillo: non solo è sulla buona strada del recupero degli adepti, ma così continuando sarà in grado di recuperare al Cavalier Viagra tanti neofiti e simpatizzanti, specialmente tra quelli che, stanchi d’essere rappresentati da ladri e cerebrolesi, tutto sommato preferiscono tuffarsi nello sterco quando ne hanno voglia, piuttosto che esservi spinti a viva forza da un esimio luminare d’università, che ignora il senso della giustizia, dell’equità e parecchi dei principi della scienza che si picca d’insegnare.
Il sospetto è che il professore, disposto anche a giocarsi la faccia pur di realizzare un disegno oscuro, sia il braccio operativo di una regia occulta, che intende mettere nell’angolo il PD, in significativa ascesa di consensi dopo il disastro berlusconiano, addossandogli la responsabilità della caduta del suo governo per ridare al PdL e alle forze reazionarie e moderate del Paese la credibilità persa in oltre tre anni di vergognosa amministrazione della cosa pubblica.
Sa bene infatti il professore che il PD, al di là delle posizioni intransigenti della CGIL e della Camusso, non potrà mai avallare una modifica dell’articolo 18 che cancella in un solo colpo il sacrosanto diritto di perdere il lavoro per ragioni diverse dalla giusta causa o di comprovate motivazioni oggettive, imputabili a comportamenti contrari ai principi di disciplina, dimostrati inconfutabilmente in sede giudiziale, e non delegati al giudizio strumentale e discutibile dell’imprenditore. Una formulazione così concepita della riforma dell’articolo 18 rappresenterebbe per i lavoratori un salto indietro di mezzo secolo e per il PD, nato dalla rifondazione del PCI e che basa ancora la sua forza sulla saldezza del cordone ombelicale che lo lega alla classe lavoratrice dipendente in senso ampio, lo stravolgimento definitivo della sua matrice operaista. In questa prospettiva non v’è margine per Monti e Fornero per un’imposizione arrogante d’un voto di fiducia, poiché oltre al PD il biglietto per un buon ritiro gli sarebbe messo in mano da IdV- che ha preannunciato un referendum abrogativo nel caso la legge passasse - e Lega Nord, in netto dissenso con l’esecutivo sin dalla sua formazione. Non è, inoltre, peregrina l’ipotesi di defezioni all’interno dello stesso gruppo che, in modo variabile, ha espresso il suo sostanziale assenso alla riforma licenziata.
Questa prospettiva non consente di comprendere le ragioni per le quali il premier, impegnato in oriente in incontri istituzionali, abbia continuato a tuonare come un vecchio trombone sull’immodificabilità del testo sul mercato del lavoro, cingendosi persino il capo di serti d’alloro rappresentati dalle dichiarazioni di plauso dei partner internazionali con i quali si è incontrato. Forse il professor Monti ha sottovalutato che quei plausi provengono da altrettanti squali, Cina compresa, rappresentanti di un capitalismo senza frontiere che sempre ha mal tollerato rispetto di regole e pastoie varie alla sua proterva esuberanza.
Né il dissenso diffuso, non solo di movimenti politici e sindacali, ma anche di cittadini, sulla cui espressione di democraticità a nessuno è consentito nutrire dubbi e men che meno ad un premier pavoneggiante, può essere liquidato con le manipolazioni mediatiche. Il popolo sarà in dissenso con la politica e i partiti, espressione di una neo aristocrazia autoreferenziale, e con le svendute posizioni di qualche leader sindacale, ma è ben lungi dal condividere una riforma profondamente inutile, perniciosa e fascistoide come quella dell’articolo 18. Dunque, asserire che i cittadini “hanno capito” equivale ad affermare solo una verità parziale, che consiste non nella condivisione, ma nella piena comprensione di un disegno malefico che intende fermare gli orologi e tornare ad uno schiavismo imbellettato da modernità in cui il lavoratore è solo merce, materia prima surrogabile a piacimento, senza diritto alcuno di parola e di difesa.
D’altra parte, che questo sia l’orientamento di Monti e del suo esecutivo tecnico s’è già rivelato con la riforma del sistema pensionistico, con il varo di meccanismi dispotici che hanno azzerato lustri di diritti maturati e in poche ore hanno allungato il diritto alla quiescenza di sette anni, oltre a perpetrare con la copertura di una legge infame quanto maturato in anni di versamenti contributivi. Se non questo cos’altro significa tout court il passaggio coatto al sistema contributivo per milioni di lavoratori? Come mai la signora Fornero, la tragediante piagnucolona che ha presentato la riforma e che non ha mai fatto mistero di considerare il precedente sistema retributivo una vera porcata, “un’ingiustizia sociale”, è in prima file nel mantenere il privilegio di quel meccanismo?
La verità è che come nella migliore tradizione cattolica si raccomanda – meglio, s’impone, - di fare ciò che si dice e non ciò che si dà come esempio, magari facendo gli sboroni con i più deboli e tenersi pronti a calar le brache con i poteri forti, - vedi tassisti, professionisti, farmacisti, banche, categorie verso le quali in fase di strombazzamenti sulle liberalizzazioni s’era anticipato un colpo di maglio alle storiche avidità, per poi fare ingloriosa quanto meschina marcia indietro in fase di conversione in legge del provvedimento.
E se quest’andazzo dovesse invece avere l’obiettivo di far rimpiangere all’Italia mentecatta la presenza del giullare di Arcore, che il professore stia tranquillo: non solo è sulla buona strada del recupero degli adepti, ma così continuando sarà in grado di recuperare al Cavalier Viagra tanti neofiti e simpatizzanti, specialmente tra quelli che, stanchi d’essere rappresentati da ladri e cerebrolesi, tutto sommato preferiscono tuffarsi nello sterco quando ne hanno voglia, piuttosto che esservi spinti a viva forza da un esimio luminare d’università, che ignora il senso della giustizia, dell’equità e parecchi dei principi della scienza che si picca d’insegnare.
(nella foto, il quadretto di famiglia del governo Monti, infarcito di sedicenti esperti e tecnici)
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