Le bufale del Professore
Mercoledì, 21 marzo 2012
S’immagini di volersi dare all’ippica, magari seguendo i consigli di qualche amico lungimirante, che ha ben capito di che pasta siano le nostre attitudini.
Allora, riconoscenti per l’utile consiglio, ci si mette all’opera. Si cerca una stalla, in cui alloggiare il quadrupede, si contattano i fornitori di biada dove attingere il foraggio, si pensa seriamente all’acquisto di un trasportino, - se mai venisse voglia di far correre la bestia in un altro ippodromo, - non senza aver dotato prima l’auto del provvidenziale gancio di traino e, infine s’acquistano sella, frustino, paramenti e, perché no?, del vestiario acconcio, con tanto di stivali e cappellino.
Tutto sembrerebbe pronto per lanciarsi nella nuova avventura, poco importa se amatoriale o con finalità più imprenditive, senonché ci si rende conto a quel punto, forse tardivamente, che manca l’oggetto più importante e fondamentale per l’avvio di quella pratica: il cavallo.
Questo procedimento, forse un po’ eccentrico per non dire demenziale, è quello che pare aver seguito sino ad oggi il signor Monti e i suoi discepoli da quando s’è insediato alla guida del Paese. Ha cominciato con lo spread, curato a suon di tagliole fiscali e di roboanti minacce di morte all’evasore. E’ proseguito con una cervellotica riforma delle pensioni, che nulla ha prodotto in favore dell’occupazione se non la disperazione di chi s’è vista sparire ogni possibilità di sopravvivenza con un magro assegno di quiescenza, nell’impossibilità di trovare un’occupazione qualunque che generasse reddito per sé e la sua famiglia. S’è concluso alcune ore or sono con un bluff degno dei migliori maestri delle tre carte da mercatini rionali sul tema “riforma del mercato del lavoro”, come titolo principale, e “cancellazione degli ammortizzatori sociali” e “azzeramento dell’articolo 18” come occhiello e sottotitolo. Il tutto condito dal suono di un’estenuante quanto disgustosa litania di maggiore equità e giustizia sociale o distribuzione equilibrata dei sacrifici per il risanamento, ripetuta ossessivamente urbi et orbi quasi a convincere se stessi prima ancora che il disincantato pubblico dei cittadini italioti. Un pubblico fatto oramai di nauseati incurabili per l’ennesima tentativo plateale di abbindolare la loro creduloneria in virtù del fatto che l’impegno questa volta provenisse per bocca di conclamati luminari della cultura nazionale e non dai soliti ceffi di Casini, Berlusconi, Alfano o qualche altro membro della benemerita consorteria di ladri, imbroglioni, tangentisti che ammorbano i palazzi del potere.
Certo, è innegabile che il famigerato spread tra titoli del debito italiano e bund tedeschi si sia ridotto vistosamente con la cura Monti, passando dai quasi 600 punti a poco meno di 280 nello scorcio di un paio di mesi. Ma c’è da chiedersi con serenità è meno entusiasmo quali siano i meriti di questo prodigioso governo, dato che non bisogna possedere alcuna scienza infusa per sapere che con la riduzione del cibo ingerito si ottengono effetti miracolosi sulla silhouette: ma che bravi quest’Italiani che nell’arco di 60 giorni sono riusciti a mettersi in carreggiata. Qui, cari amici, non c’è nessuna bravura. C’è solo l’effetto del taglio selvaggio delle disponibilità economiche per l’acquisto anche dei generi di prima necessità; c’è un’escalation della tassazione a livelli inauditi, che non lascia spazio a spese aggiuntive a quelle per bollette, imposte e gabelle. Ma a fronte di questo strepitoso successo rimane aperta la questione ripresa e sviluppo, quell’araba fenice inafferrabile di cui ci si riempie la bocca ma che nessuno ha mai visto. Rimane aperta altresì la questione dell’equità, cioè della ripartizione dei sacrifici, che fino a questo momento ha avuto vittime più che certe che attendono di vedere in quale modo imprenditori di grido, finanzieri d’assalto, - e perché no?, - la feccia politica che rapina il Paese saranno chiamati a versare il loro contributo, contributo ben più sostanzioso di quello che con spocchia sommaria è stato imposto a muratori ed elettrauto, a operai ed impiegati.
C’è, infine, la questione sviluppo e rilancio dell’economia, che dovrebbe passare attraverso la creazione di nuovi posti di lavoro e l’allargamento della base distributiva della ricchezza. E qui, francamente, ci pare s’arrivi alla storia del cavallo ancora d’acquistare, mentre stalla ed orpelli accessori, almeno nelle dichiarazioni d’intento, sembrerebbero esserci tutti: taglio delle pensioni, manovra per il taglio del debito, riforma del mercato del lavoro, con annessa libertà di licenziare. Cavallo al cui arrivo sono in pochi a credere, visto che le premesse lasciano intravvedere al massimo possibilità per l’acquisto d’un modesto asinello e non certo d’un focoso destriero.
Forse alla luce dei fatti sarebbe stato meglio dedicarsi all’allevamento di bufale, attività che ci pare decisamente più consona alla credibilità del governo tecnico di cui parliamo.
Nel frattempo, mentre fiduciosi s’attende Godot, si deve prendere atto anche di un vistoso calo della democrazia, di un’espansione senza confine di quelle pratiche decisionistiche e autoritarie, che hanno svuotato il ruolo delle istituzioni parlamentari a colpi di voto di fiducia – 12 in quattro mesi di vita dell’attuale governo, -ed hanno avvelenato, al grido di “nessun ponga veti”, il confronto civile e la ricerca del consenso: qui gli unici che pongon veti sono coloro che esortano gli altri a non porne più, nel pieno rispetto di quella tradizione catto-fascista che predica di fare ciò che si chiede e non d’imitare i comportamenti cui s’assiste.
Ma la situazione ormai sembra volgere al capolinea. Questo governo, voluto da Napolitano e sostenuto dall’ignava coalizione PdL/PD/UDC, il famigerato trio Alfano-Bersani-Casini, sta per consumare i margini che lo mantengono in vita, poiché le scelte imposte in materia di lavoro obbligheranno molto presto qualcuno di questi a venire allo scoperto e dimostrare in modo ineludibile da quale parte intende schierarsi nella difesa degli interessi del proprio elettorato.
Questo passaggio sarà particolarmente delicato per il PD, quel partito fondato sulla difesa delle istanze della classe lavoratrice, guarda caso proprio quella che dalla cura del professor Monti e della sua equipe di medici e infermieri ha subito i maggiori traumi.
Allora, riconoscenti per l’utile consiglio, ci si mette all’opera. Si cerca una stalla, in cui alloggiare il quadrupede, si contattano i fornitori di biada dove attingere il foraggio, si pensa seriamente all’acquisto di un trasportino, - se mai venisse voglia di far correre la bestia in un altro ippodromo, - non senza aver dotato prima l’auto del provvidenziale gancio di traino e, infine s’acquistano sella, frustino, paramenti e, perché no?, del vestiario acconcio, con tanto di stivali e cappellino.
Tutto sembrerebbe pronto per lanciarsi nella nuova avventura, poco importa se amatoriale o con finalità più imprenditive, senonché ci si rende conto a quel punto, forse tardivamente, che manca l’oggetto più importante e fondamentale per l’avvio di quella pratica: il cavallo.
Questo procedimento, forse un po’ eccentrico per non dire demenziale, è quello che pare aver seguito sino ad oggi il signor Monti e i suoi discepoli da quando s’è insediato alla guida del Paese. Ha cominciato con lo spread, curato a suon di tagliole fiscali e di roboanti minacce di morte all’evasore. E’ proseguito con una cervellotica riforma delle pensioni, che nulla ha prodotto in favore dell’occupazione se non la disperazione di chi s’è vista sparire ogni possibilità di sopravvivenza con un magro assegno di quiescenza, nell’impossibilità di trovare un’occupazione qualunque che generasse reddito per sé e la sua famiglia. S’è concluso alcune ore or sono con un bluff degno dei migliori maestri delle tre carte da mercatini rionali sul tema “riforma del mercato del lavoro”, come titolo principale, e “cancellazione degli ammortizzatori sociali” e “azzeramento dell’articolo 18” come occhiello e sottotitolo. Il tutto condito dal suono di un’estenuante quanto disgustosa litania di maggiore equità e giustizia sociale o distribuzione equilibrata dei sacrifici per il risanamento, ripetuta ossessivamente urbi et orbi quasi a convincere se stessi prima ancora che il disincantato pubblico dei cittadini italioti. Un pubblico fatto oramai di nauseati incurabili per l’ennesima tentativo plateale di abbindolare la loro creduloneria in virtù del fatto che l’impegno questa volta provenisse per bocca di conclamati luminari della cultura nazionale e non dai soliti ceffi di Casini, Berlusconi, Alfano o qualche altro membro della benemerita consorteria di ladri, imbroglioni, tangentisti che ammorbano i palazzi del potere.
Certo, è innegabile che il famigerato spread tra titoli del debito italiano e bund tedeschi si sia ridotto vistosamente con la cura Monti, passando dai quasi 600 punti a poco meno di 280 nello scorcio di un paio di mesi. Ma c’è da chiedersi con serenità è meno entusiasmo quali siano i meriti di questo prodigioso governo, dato che non bisogna possedere alcuna scienza infusa per sapere che con la riduzione del cibo ingerito si ottengono effetti miracolosi sulla silhouette: ma che bravi quest’Italiani che nell’arco di 60 giorni sono riusciti a mettersi in carreggiata. Qui, cari amici, non c’è nessuna bravura. C’è solo l’effetto del taglio selvaggio delle disponibilità economiche per l’acquisto anche dei generi di prima necessità; c’è un’escalation della tassazione a livelli inauditi, che non lascia spazio a spese aggiuntive a quelle per bollette, imposte e gabelle. Ma a fronte di questo strepitoso successo rimane aperta la questione ripresa e sviluppo, quell’araba fenice inafferrabile di cui ci si riempie la bocca ma che nessuno ha mai visto. Rimane aperta altresì la questione dell’equità, cioè della ripartizione dei sacrifici, che fino a questo momento ha avuto vittime più che certe che attendono di vedere in quale modo imprenditori di grido, finanzieri d’assalto, - e perché no?, - la feccia politica che rapina il Paese saranno chiamati a versare il loro contributo, contributo ben più sostanzioso di quello che con spocchia sommaria è stato imposto a muratori ed elettrauto, a operai ed impiegati.
C’è, infine, la questione sviluppo e rilancio dell’economia, che dovrebbe passare attraverso la creazione di nuovi posti di lavoro e l’allargamento della base distributiva della ricchezza. E qui, francamente, ci pare s’arrivi alla storia del cavallo ancora d’acquistare, mentre stalla ed orpelli accessori, almeno nelle dichiarazioni d’intento, sembrerebbero esserci tutti: taglio delle pensioni, manovra per il taglio del debito, riforma del mercato del lavoro, con annessa libertà di licenziare. Cavallo al cui arrivo sono in pochi a credere, visto che le premesse lasciano intravvedere al massimo possibilità per l’acquisto d’un modesto asinello e non certo d’un focoso destriero.
Forse alla luce dei fatti sarebbe stato meglio dedicarsi all’allevamento di bufale, attività che ci pare decisamente più consona alla credibilità del governo tecnico di cui parliamo.
Nel frattempo, mentre fiduciosi s’attende Godot, si deve prendere atto anche di un vistoso calo della democrazia, di un’espansione senza confine di quelle pratiche decisionistiche e autoritarie, che hanno svuotato il ruolo delle istituzioni parlamentari a colpi di voto di fiducia – 12 in quattro mesi di vita dell’attuale governo, -ed hanno avvelenato, al grido di “nessun ponga veti”, il confronto civile e la ricerca del consenso: qui gli unici che pongon veti sono coloro che esortano gli altri a non porne più, nel pieno rispetto di quella tradizione catto-fascista che predica di fare ciò che si chiede e non d’imitare i comportamenti cui s’assiste.
Ma la situazione ormai sembra volgere al capolinea. Questo governo, voluto da Napolitano e sostenuto dall’ignava coalizione PdL/PD/UDC, il famigerato trio Alfano-Bersani-Casini, sta per consumare i margini che lo mantengono in vita, poiché le scelte imposte in materia di lavoro obbligheranno molto presto qualcuno di questi a venire allo scoperto e dimostrare in modo ineludibile da quale parte intende schierarsi nella difesa degli interessi del proprio elettorato.
Questo passaggio sarà particolarmente delicato per il PD, quel partito fondato sulla difesa delle istanze della classe lavoratrice, guarda caso proprio quella che dalla cura del professor Monti e della sua equipe di medici e infermieri ha subito i maggiori traumi.
(nella foto, Susanna Camusso, segretario confederale della Cgil, rimasta l'ultimo baluardo in difesa dell'art. 18 e della politica di restaurazione del governo Monti)
0 Commenti:
Posta un commento
Iscriviti a Commenti sul post [Atom]
<< Home page