Il Mago di Gemona
Sabato, 14 aprile 2012
Ma a chi voleva darla a bere il signor Umberto Bossi quando, come l’altra sera, in presenza di un drappello dei soliti adepti – molto meno di quanto pensasse, invero – parlava di complotti di magistrati e oscuri mestatori a proposito delle gravissime distrazioni di denaro della Lega? Ritiene il padre-padrone del Carroccio di poter ancora imbonire qualche idiota di passaggio quando, chiedendo scusa per le malefatte del Trota filmato mentre intascava rimborsi illegittimi provenienti dai rimborsi elettorali riconosciuti al partito che ha guidato per vent’anni?
Scava che ti scava, la verità è venuta a galla, almeno una parte già sufficiente ad inchiodare la controfigura del ben più nobile Mago Otelma, per certi versi, alle sue responsabilità. Sapeva tutto, perché gli era stato detto e, dunque, le sue meschine scuse ai suoi sostenitori non convincono nessuno, sebbene come in tutte le sceneggiate da fine regime ci sia sempre il solito pirla che continua a osannare il nome del capo, del dittatore, dell’imbonitore. E’ successo sempre: Pinochet, Videla, Tito, Ceausescu, Gbabo e prima ancora Tito e altri tirannuncoli arricchitisi sulle spalle della gente sono stati cacciati a furor di popolo, quantunque qualche nostalgico obnubilato dalla loro immagine sia sceso in piazza a gridare il suo sostegno.
Le scope ostentate a Bergamo per fare pulizia in casa, in verità, avrebbero dovuto essere sostituite da striglie, per mondare il lordume che infetta l’animo di certi sedicenti uomini di governo, di quei personaggi che, a dispetto di qualunque miserabile difesa, hanno parlato bene, ma hanno razzolato tra gli escrementi, come maiali in una porcilaia.
Man mano che le indagini sulle malefatte di Belsito procedono, infatti, vengono fuori le distrazioni dei fondi della Lega a favore della famiglia Bossi, per cure mediche di Umberto e dei figli, per pagare infrazioni al codice della strada del Trota, per saldare le pendenze fiscali della famiglia, in pratica per mille comuni ragioni che nulla hanno a che vedere con l’impiego in attività di carattere politico cui furono riconosciuti.
Ovviamente il Mago di Gemona continua a sostenere di non saperne nulla, quantunque la signora Marrone, con la quale è felicemente coniugato da moltissimi anni, sia improvvisamente risultata intestataria di ben undici appartamenti, che si esclude siano stati acquistati con i proventi derivanti dalla gestione della ormai famosa scuola Bosina, foraggiata a sua volta con oltre un milione di euro provenienti dalle casse leghiste.
Né convincono le draconiane misure assunte nei confronti di Rosi Mauro, mamma Ebe per qualcuno, la Scura per qualcun altro, la badante per la truppa leghista, e il furbo Belsito. Il caso Mauro, in questo verminaio di colpi di scena e di dilapidazione a scopi personali di pubblico denaro proveniente dal rimborso elettorale previsto per tutti i partiti, i soldi distratti per l’acquisto della sua laurea in Svizzera o dirottati per foraggiare il Sin.Pa. francamente appare grottesco e il sospetto che, invisa a Maroni e altri colonnelli della nomenklatura leghista, l’arrogantella leghista sia un capro espiatorio di comodo rimane elevato.
Certo è che, qualunque sarà l’epilogo della vicenda, la figura di Bossi, del paladino delle illusioni padane, del federalismo a parole, il discepolo del dio Po e delle sue ridicole ampolline d’acqua benedetta, ne esce a pezzi e il portarlo sugli scudi dopo le doverose dimissioni e la nomina improvvida a presidente del movimento, suona ancor più offensivo e sospetto, - quasi si tema che toglierlo di mezzo con l’ignominia che gli spetta possa generare chissà quale altra catastrofe ai danni di insospettabili maggiorenti oggi ancora non sfiorati da sospetti e coinvolgimenti nella gestione truffaldina del Carroccio.
E il caso Lega, peraltro arrivato mentre ancora rimbombava l’eco delle altrettanto gravi malefatte dell’ex tesoriere della Margherita, Luigi Lusi, conferma tragicamente che è il sistema italico che è corrotto sino al midollo spinale. Non c’è né Sud né Nord che divida l’Italia. Non c’è una Roma ladrona che in sé ammorbi il Paese. Semmai Roma è come l’hotel Villa Igea di Palermo per la mafia, un covo dove disonesti di tutte latitudini si danno appuntamento per intrigare, ordire abominevoli delitti contro la fede pubblica, ingrassare illecitamente i portafogli propri e quelli dei loro lacchè, nella consapevolezza che, qualunque sia l’entità del delitto consumato, difficilmente saranno perseguiti in maniera esemplare quand’anche fossero colti con le mani nel sacco.
Sulla scorta di quest’ennesimo scandalo, peraltro poco commentato dagli esponenti degli altri partiti che siedono come la Lega in quel che pomposamente s’ostinano a chiamare parlamento italiano, come a sancire un’omertosa connivenza con i metodi truffaldini dei ladri padani, si parla già di una nuova legge che garantisca trasparenza nei bilanci delle formazioni politiche e renda visibile l’utilizzo dei famigerati rimborsi elettorali. Coloro che invocano una diversa normativa e controlli più incisivi, tuttavia, hanno sottovalutato per evidente opportunismo che il problema non è solamente quello di giustificare al popolo che paga quale impiego venga fatto del proprio denaro, ma è anche quello di giustificare la ragione per la quale il rimborso sia d’ammontare spropositato rispetto alle spese effettivamente sostenute da ogni singolo partito per l’attività elettorale. Resta poi da capire quale sia la ragione per la quale i residui di tali finanziamenti, quando non spesi e specialmente di questi tempi, non confluiscano nuovamente nella casse dello stato per finanziare capitoli di spesa in sofferenza.
Quando qualche testa rotolerà recisa nel canestro di una ghigliottina allestita sulla pubblica piazza allora si potrà parlare nuovamente di democrazia in questo Paese, un paese infettato da una corruzione straripante e dove persino il Mago Otelma, venditore di presagi improbabili, appare un onesto professionista in confronto a questa feccia che governa e si autoproclama al servizio dello stato.
(nella foto, un momento del raduno bergamasco della Lega nel quale s'è preannunciata una bonifica dei vertici)
Scava che ti scava, la verità è venuta a galla, almeno una parte già sufficiente ad inchiodare la controfigura del ben più nobile Mago Otelma, per certi versi, alle sue responsabilità. Sapeva tutto, perché gli era stato detto e, dunque, le sue meschine scuse ai suoi sostenitori non convincono nessuno, sebbene come in tutte le sceneggiate da fine regime ci sia sempre il solito pirla che continua a osannare il nome del capo, del dittatore, dell’imbonitore. E’ successo sempre: Pinochet, Videla, Tito, Ceausescu, Gbabo e prima ancora Tito e altri tirannuncoli arricchitisi sulle spalle della gente sono stati cacciati a furor di popolo, quantunque qualche nostalgico obnubilato dalla loro immagine sia sceso in piazza a gridare il suo sostegno.
Le scope ostentate a Bergamo per fare pulizia in casa, in verità, avrebbero dovuto essere sostituite da striglie, per mondare il lordume che infetta l’animo di certi sedicenti uomini di governo, di quei personaggi che, a dispetto di qualunque miserabile difesa, hanno parlato bene, ma hanno razzolato tra gli escrementi, come maiali in una porcilaia.
Man mano che le indagini sulle malefatte di Belsito procedono, infatti, vengono fuori le distrazioni dei fondi della Lega a favore della famiglia Bossi, per cure mediche di Umberto e dei figli, per pagare infrazioni al codice della strada del Trota, per saldare le pendenze fiscali della famiglia, in pratica per mille comuni ragioni che nulla hanno a che vedere con l’impiego in attività di carattere politico cui furono riconosciuti.
Ovviamente il Mago di Gemona continua a sostenere di non saperne nulla, quantunque la signora Marrone, con la quale è felicemente coniugato da moltissimi anni, sia improvvisamente risultata intestataria di ben undici appartamenti, che si esclude siano stati acquistati con i proventi derivanti dalla gestione della ormai famosa scuola Bosina, foraggiata a sua volta con oltre un milione di euro provenienti dalle casse leghiste.
Né convincono le draconiane misure assunte nei confronti di Rosi Mauro, mamma Ebe per qualcuno, la Scura per qualcun altro, la badante per la truppa leghista, e il furbo Belsito. Il caso Mauro, in questo verminaio di colpi di scena e di dilapidazione a scopi personali di pubblico denaro proveniente dal rimborso elettorale previsto per tutti i partiti, i soldi distratti per l’acquisto della sua laurea in Svizzera o dirottati per foraggiare il Sin.Pa. francamente appare grottesco e il sospetto che, invisa a Maroni e altri colonnelli della nomenklatura leghista, l’arrogantella leghista sia un capro espiatorio di comodo rimane elevato.
Certo è che, qualunque sarà l’epilogo della vicenda, la figura di Bossi, del paladino delle illusioni padane, del federalismo a parole, il discepolo del dio Po e delle sue ridicole ampolline d’acqua benedetta, ne esce a pezzi e il portarlo sugli scudi dopo le doverose dimissioni e la nomina improvvida a presidente del movimento, suona ancor più offensivo e sospetto, - quasi si tema che toglierlo di mezzo con l’ignominia che gli spetta possa generare chissà quale altra catastrofe ai danni di insospettabili maggiorenti oggi ancora non sfiorati da sospetti e coinvolgimenti nella gestione truffaldina del Carroccio.
E il caso Lega, peraltro arrivato mentre ancora rimbombava l’eco delle altrettanto gravi malefatte dell’ex tesoriere della Margherita, Luigi Lusi, conferma tragicamente che è il sistema italico che è corrotto sino al midollo spinale. Non c’è né Sud né Nord che divida l’Italia. Non c’è una Roma ladrona che in sé ammorbi il Paese. Semmai Roma è come l’hotel Villa Igea di Palermo per la mafia, un covo dove disonesti di tutte latitudini si danno appuntamento per intrigare, ordire abominevoli delitti contro la fede pubblica, ingrassare illecitamente i portafogli propri e quelli dei loro lacchè, nella consapevolezza che, qualunque sia l’entità del delitto consumato, difficilmente saranno perseguiti in maniera esemplare quand’anche fossero colti con le mani nel sacco.
Sulla scorta di quest’ennesimo scandalo, peraltro poco commentato dagli esponenti degli altri partiti che siedono come la Lega in quel che pomposamente s’ostinano a chiamare parlamento italiano, come a sancire un’omertosa connivenza con i metodi truffaldini dei ladri padani, si parla già di una nuova legge che garantisca trasparenza nei bilanci delle formazioni politiche e renda visibile l’utilizzo dei famigerati rimborsi elettorali. Coloro che invocano una diversa normativa e controlli più incisivi, tuttavia, hanno sottovalutato per evidente opportunismo che il problema non è solamente quello di giustificare al popolo che paga quale impiego venga fatto del proprio denaro, ma è anche quello di giustificare la ragione per la quale il rimborso sia d’ammontare spropositato rispetto alle spese effettivamente sostenute da ogni singolo partito per l’attività elettorale. Resta poi da capire quale sia la ragione per la quale i residui di tali finanziamenti, quando non spesi e specialmente di questi tempi, non confluiscano nuovamente nella casse dello stato per finanziare capitoli di spesa in sofferenza.
Quando qualche testa rotolerà recisa nel canestro di una ghigliottina allestita sulla pubblica piazza allora si potrà parlare nuovamente di democrazia in questo Paese, un paese infettato da una corruzione straripante e dove persino il Mago Otelma, venditore di presagi improbabili, appare un onesto professionista in confronto a questa feccia che governa e si autoproclama al servizio dello stato.
(nella foto, un momento del raduno bergamasco della Lega nel quale s'è preannunciata una bonifica dei vertici)
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