Chiagne e fotti!
Martedì, 12 giugno 2012
Chi non ricorda una
delle sue prime apparizioni in tv al fianco del suo dante causa Mario Monti?
Annunciava i
durissimi provvedimenti sulle pensioni e la sua voce si faceva sempre più
incerta, sino a venir meno per il pianto a dirotto che finiva per commuovere l’Italia
intera, cosciente del travaglio tremendo che aveva dovuto vincere quel donnino
minuto nel partorire una riforma che finiva per segnare il distino di milioni
di lavoratori. Le rughe profonde che le scolpivano il viso erano quasi il
simbolo della sofferenza che aveva dovuto superare a denti stretti per realizzare
qualcosa di molto spiacevole per il bene del Paese. Il quadretto non aveva
certo reso più digeribile quei provvedimenti, ma la simpatia quella vecchietta
così piena d’umanità se l’era conquistata di certo.
Come accade sovente
anche nei feuilleton di tutto rispetto, tuttavia, la professoressa Elsa Fornero,
ministro del Lavoro e delle Pari Opportunità del governo professorale di Mario
Monti, ha gettato la maschera, disvelando come quel pianto era stato ad arte una
raffinata sceneggiata degna di Cinecittà, un’esibizione studiata a tavolino che
doveva consentire al governo appena insediatosi di portare a casa con reazioni
limitate il risultato di un progetto criminale in cui avevano fallito per
decenni gli esecutivi precedenti, una riforma del sistema pensionistico
scellerata e vessatoria, che di colpo condannava i lavoratori a prolungare la
loro permanenza al lavoro di parecchi anni.
Ovviamente, per
rendere il provvedimento più credibile, la simpatica vecchietta e il suo bolso
capo si inventavano la balla grottesca che tale cambiamento costituiva il
prologo logico ad una riforma complessiva del mercato del lavoro, un meccanismo
propedeutico alla creazione dei posti di lavoro aggiuntivi in un mercato che
dava vistosi segnali d’asfissia. Chi
aveva immediatamente obiettato che il prolungamento della vita lavorativa non
faceva che rarefare le già scarse opportunità di ricambio generazionale tra
lavoratori anziani e falangi di giovani disoccupati era stato tacitato con
sufficienti e altezzose richiami ad attendere le mosse successive in tema di
sviluppo, che avrebbero fugato ogni dubbio sulla bontà dell’iniziativa.
E questo è stato il
primo atto del chiagne e fotti!
Il secondo atto
della sceneggiata, nel corso della quale sono emerse le reali intenzioni del
ministro-guitto, s’è consumato con l’apertura del tavolo sulla riforma del
mercato del lavoro, che, lungi dal puntare all’azzeramento delle norme
criminali che consentono uno sfruttamento schiavistico di milioni di giovani
con contratti di precariato, s’è rivelato solo un volgare tentativo di
cancellare le norme di civiltà dell’articolo 18 della legge 300, Statuto dei
Lavoratori, che vieta il ricorso al licenziamento senza giusta causa o
giustificato motivo oggettivo.
Anche in questo caso
il professor Elsa Fornero, - che non è arrivata a giurare sulla testa dei suoi
figli com’era uso fare un certo Silvio Berlusconi per dare credibilità alle più
turpi affermazioni che faceva, - s’è battuta per imbonire il mondo con la
panzana che una maggiore libertà di licenziare a piacimento potesse essere il
passaporto per entrare in modo stabile e più facile in un mondo del lavoro che
di opportunità occupazionali non ne offre da qualche lustro. Né va trascurato
che, mentre si trascinava lo scontro tra il ministro e le parti sociali sul
tema in questione, sul fronte delle tanto decantate misure per lo sviluppo di
nuove opportunità si assisteva alla caporetto del governo in tema di
liberalizzazioni, governo sconfitto su tutti i fronti da un parlamento di torvi
affaristi e in più scagnozzo delle lobby professionali e da drappelli di
taxisti riottosi intenti a bloccare il servizio in tutt’Italia.
E’ questo il secondo
atto del chiagne e fotti!
Il terzo atto si
recita con la questione degli esodati dal lavoro, che in virtù dell’idiota
riforma del pensionamento non potranno collocarsi in quiescenza in quanto privi
dei nuovi requisiti fissati dalla rivista normativa. Costoro, un esercito il
cui numero oscilla da 65 mila (Fornero) a 135 mila (Inps) a oltre 300 mila (sindacati), a secondo della
fonte che ne denuncia la consistenza, sono una folla di disgraziati che non
hanno un lavoro, non hanno più un reddito, non hanno accesso alla pensione, in
quanto nella fase di esodazione, le norme sul pensionamento sono state variate.
Per costoro, confinati in un limbo senza via d’uscita, si sollecitano
interventi risolutivi in deroga alle norme capestro sui nuovi requisiti di
pensionamento, quantunque il dibattito non sia incentrato sulla necessità di
una soluzione quanto sull’effettiva consistenza di questa umanità in sofferenza,
nonostante il professor Fornero confermi sdegnosamente i numeri da lei forniti.
Dalla pubblicazione
di un rapporto riservato della direzione generale dell’Inps si apprende in
queste ore che l’umanità interessata ad un provvedimento di salvataggio ammonta
a 390.200, che conferma quanto fosse più vicino a verità il dato reclamato
dalle organizzazioni sindacali, sebbene approssimato per difetto, che non
quello sbandierato dal ministro.
Con una gravità che
si commenta da sola, il professor Fornero, preso atto della fuga di notizie
finita sui giornali che smentisce il dato farlocco da lei sostenuto sino ad ora,
anziché scusarsi con la pubblica opinione e confessare di aver omesso di
dichiarare quanto le fosse già noto sulla reale consistenza del problema, ha
ritenuto più opportuno convocare d’urgenza i vertici dell’Inps e strigliarli
per la fuga di notizie, che non solo la mette in evidente imbarazzo, ma svela
definitivamente anche a coloro che avessero conservato qualche dubbio quanto il
Paese sia in balia di una banda di suonatori di piffero, ancorché insigni
cattedratici, che fanno della reticenza e della bugia un metodo di rigore
contabile che si scarica sulle spalle dei cittadini.
Questa vicenda, che
completa il curriculum di Elsa Fornero e
la consacra guitto da fiera paesana, dimostra che con questo esecutivo non è
possibile andare avanti né coltivare speranza di uscire dal tunnel della crisi
con un’equa distribuzione dei sacrifici. Il governo Monti, al di là delle
dichiarazioni roboanti, si è dimostrato incapace non solo di gestire la crisi
facendo ricorso ai principi universali dell’economia politica, - taglio della
spesa corrente e improduttiva e rilancio dei consumi, - ma ha altresì
confermato che in fondo si muove su soluzioni di continuità con la sventurata
politica dell’esecutivo Berlusconi, pur se con un approccio ed un’eleganza
senza paragoni. Pensare tuttavia che quest’approccio sia sterile rispetto alle
conseguenze di ribellione sociale già paventate ai tempi dell’Unto dal Signore
di Arcore è pura follia, visto che la credibilità, la pace sociale non si
guadagna solo evitando scandalosi incontri con minorenni e tenendosi lontani da
festini orgiastici, ma con un sano e doverose rigore scevro da camarille e,
soprattutto, da miserabili sceneggiate strappalacrime e false comunicazioni
opportunistiche.
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