Politburo in salsa di pomodoro
Giovedì, 7 giugno 2012
Si dice fossero 120.
Qualcuno dice 90. Al di là dei numeri, una sola certezza: i curricula dei
candidati alle nomine delle Authority nazionali, l’AGCOM e la Privacy, non sono
stati neanche presi in considerazione, avendo avuto il sopravvento ancora una
volta una logica spartitoria tra partiti, che la dice lunga sulla volontà di
invertire la rotta e rimettersi in carreggiata della politica nostrana.
Non che i nominati
siano tutti i soliti pellegrini raccattati negli sgabuzzini delle segreterie di
partito e messi lì a ostentare la potenza condizionante di questa o quella
fazione politica. Maurizio Decina è un ingegnere in elettronica specializzato
in telecomunicazioni, insigne cattedratico alla facoltà di Ingegneria,
Dipartimento di Elettronica, del Politecnico di Milano, con un lunghissimo
curriculum in aziende di telecomunicazione e pubblicazioni e riconoscimenti
internazionali in materia. Augusta Iannini, oltre che coniuge del noto
giornalista Bruno Vespa, è un magistrato di lunga e comprovata esperienza, che dal
2001 ha assunto incarichi di direzione generale presso il ministero della
Giustizia.
Non altrettanto è
possibile dire di Antonio Martusciello, già imposto dal governo Berlusconi in
AGCOM, per la probabile ragione di aver militato tra le forze d’assalto alle
vendite di pubblicità in Publitalia ’80, dunque con un evidentissimo ruolo di
garanzia e di tutela per la costellazione Fininvest. Similmente si può dire di
Giovanna Bianchi Clerici, giornalista professionista già consigliere RAI in
quota alla Lega di Bossi, che, guarda caso, dopo il tanto tuonare, proprio in
coincidenza con la nomina ha votato ieri per il salvataggio della poltrona di
Formigoni alla Regione Lombardia. Non sono poi chiare le motivazioni della
nomina di Antonello Soro, laureato in medicina e chirurgia e primario
ospedaliero in dermatologia, di Antonio Posteraro, l'attuale vicesegretario
della Camera, di Antonio Preto, capo di gabinetto di Antonio Tajani nella
Commissione europea e di Licia Califano, docente di Diritto costituzionale a
Urbino, ai quali certamente non mancano i titoli accademici, ma non sembra
possano vantare particolari esperienze nell’ambito dei ruoli loro assegnati.
Ciò che emerge
indiscutibile dalle modalità di nomina, alle quali non hanno partecipato IdV,
SEL e Radicali, che hanno contestato duramente il metodo, è l’ennesimo colpo di
mano delle maggioranza ombra PdL-PD-UDC, che non demorde dalla logica
lottizzatoria della spartizione del potere.
ABC, al secolo
Alfano-Bersani-Casini, perseverano nella convinzione che i 50 milioni di
elettori di questo disgraziato Paese sono idioti irrecuperabili, a cui è
possibile imporre qualunque scelta perché incapaci di ribellarsi e rispedirli a
casa con tanto di salutare calcione là dove non batte il sole. Questi
personaggi, completamente avulsi dalla realtà, sono dell’idea che lo stato sia
cosa privata e la volontà dei cittadini sia irrilevante rispetto alle scelte
che impongono e, pertanto, continuano nell’opera devastante di sputtanamento
istituzionale e di squalificazione della politica, che tanto spazio incompreso
ha lasciato al fiorire delle liste civiche e tanto ne lascerà alla prossima
tornata elettorale. Questo trittico malefico si comporta come la peggiore
nomenklatura degli anni bui del Politburo, convinta che il saldo del conto non
sarà loro mai richiesto e che l’occupazione del potere sia l’unica via
possibile per garantirsi la perpetuazione della poltrona.
Che il clima sia
questo è avvalorato anche da un altro misfatto consumatosi ieri, quel rifiuto
di concedere gli arresti all’ondivago senatore prima FI poi IdV e ora PdL
Sergio De Gregorio, coinvolto nelle vicende del noto saltimbanco Lavitola, che
la dice lunga sul clima di autoreferenzialità consolidatosi nei santuari della
politica nostrana.
Tornando alla farsa
delle nomine, è opportuno precisare che i nominati di cui si parla hanno
sbaragliato personaggi come Gustavo
Zagrebelsky, Valerio Onida e Stefano Rodotà, sulle cui competenze nulla c’è da
eccepire. E, ovviamente, si sono
scatenate le polemiche. Antonio Di Pietro parla di «pagina buia per la democrazia» e attacca il Pd per il «metodo pilatesco» e la «lottizzazione» dei posti». Arturo Parisi
è furioso, ritiene «irresponsabile»
aver scelto i membri delle Autorità di garanzia «secondo il principio della spartizione» e denuncia un «attacco alle istituzioni che parte dal cuore
delle istituzioni». Nel Pd la ferita brucia. I deputati parlano apertamente
di «bluff», «sceneggiata», «truffa», «scandalo». Ma Franceschini difende il
metodo e spiega che non c'era altro modo di votare in Parlamento e si sfoga: «Quale spartizione, quale manuale Cencelli!
Abbiamo eletto otto persone i cui curriculum facevano parte dei 90 arrivati...».
È vero. Peccato che il nome dell'onorevole dermatologo Soro circolasse da
settimane come uno dei candidati blindati.
«È stata una delle peggiori pagine della vita
del gruppo PD», è il giudizio della prodiana Sandra Zampa. E il senatore
Ignazio Marino, deluso perché gli aspiranti non sono stati ascoltati nelle
commissioni competenti, rivela l'«assenza
totale» di trasparenza: «Per questo
non ho votato. Da un partito che si dice democratico ci si aspetta un impegno
senza tregua per scardinare i sistemi di spartizione».
Anche sul web monta
l'indignazione. Beppe Grillo parla di Agcom come di «una presa per i fondelli», Roberto Saviano denuncia su Twitter la
mancanza di trasparenza. E adesso il caso Authority rischia di incrinare i
rapporti, già non idilliaci, tra Bersani, Di Pietro e Vendola: se il leader
dell'IdV arriva a mettere in forse l'alleanza con il Pd, quello del SEL bolla
le nomine come «una pagina nera, che può
pesare moltissimo sulla scena politica».
(nella foto, Maurizio Decina, neo-eletto all'AGCOM)
0 Commenti:
Posta un commento
Iscriviti a Commenti sul post [Atom]
<< Home page