Il ritorno del Cavalier Priapo e delle sue gag
Giovedì, 19 luglio
2012
«Il ritorno di un
governo Berlusconi sarebbe un film dell'orrore». Così Pier Ferdinando
Casini, ospite della trasmissione Radio
Anch'io, commenta l'annuncio del Cavaliere di volersi ricandidare come
premier.
Sebbene la dichiarazione di Casini ben sintetizzi e liquidi
l’osceno annuncio dell’ex Unto del Signore, di voler ritornare in campo e di
volersi riproporre – udite, udite! – niente meno che presidente del consiglio
del futuro governo uscente dalle elezioni del 2013, nel revival del Cavaliere
ci sono tutti gli ingredienti di sfrontatezza, ridicolaggine, arroganza e
temerarietà tipiche del personaggio. Ingredienti che vanno ben oltre il limite
della sopportazione e che, se non fossimo in un paese di fessi e baciapile,
dovrebbero di per sé considerarsi più che sufficienti per sfanculare ad aeternum chi ha fatto dell’Italia lo
zimbello d’Europa e del mondo.
E’ del tutto inutile chiedersi con quale faccia l’eroe dei bunga-bunga, lo sparaballe meno
credibile dell’universo, l’imbonitore delle masse, abbia azzardato l’annuncio
di una sua rentrée. Chi ha contezza della situazione quasi disperata delle sue
aziende, oggi non lontane dallo stato disastroso in cui versavano nel lontano
1992, può che darsi una risposta: potersi accaparrare la poltrona di primo ministro
consentirebbe al ciarlatano di muovere le manopole giuste per tirare fuori
dalla secche le sue boccheggianti aziende e, nello stesso tempo, gli
permetterebbe di infliggere un altro colpo di maglio ai processi residui che ha
in corso, assicurandogli una vecchiaia ancora al sole e con il conforto del
profumo di qualche giovane samaritana ben pagata, disposta per quel denaro a
farlo ancora sentire un arzillo tombeur
de femme.
E nel dare l’annuncio non ha esitato neanche davanti alle
presumibili lacrime di Alfano, quell’Angiolino Jolie – come lo chiama la Littizzetto
– umiliato all’inverosimile e trattato peggio di una pianella da sguattera,
unta e logora. Né s’è preoccupato delle grasse risate d’un Sarkozy ormai in
quiescenza o del disgusto di quella Angela Merkel, apostrofata “culona
inchiavabile” ancora qualche mese fa, ma divenuta “amica” nella circostanza.
E’ innegabile, - al tramonto degli Orfei, dei Togni e dei
Medrano, - come la politica nostrana non ci abbia fatto sentire la mancanza dei
pagliacci, quantunque la squallida umanità che s’è cimentata
nell’interpretazione di questi ruoli sia ben lungi dallo strapparci qualche
sorriso. In questo Silvio Berlusconi e la sua compassionevole corte di nani,
ballerine, figuranti e chi più ne ha più ne metta è riuscito a strapparci solo
indignazione e sgomento, oltre a tanta rabbia per i bocconi amarissimi che ci
ha costretto a trangugiare: la crisi non esiste, la disoccupazione è solo
apparenza, in Italia non c’è povertà e altre cialtronerie simili. Evidentemente
quando proferiva queste scemenze oltre che distratto dalle performance delle
olgettine consacrate a Priapo, doveva aver per mente qualcuno dei suoi numerosi
amici crapuloni, non certo il povero Bertolaso, intento a farsi massaggiare la
cervicale da una masseuse scrupolosa, che indossava preservativi in ogni
dito della mano per evidenti ragioni igieniche (ne sono stati trovati parecchi nel budoir delle terapie).
«Se Berlusconi si
ritira dalla politica i sondaggi danno un 10% di voti al Pdl, se lui non si
ritira ma lo appoggia con altri candidati si parla del 18%, con lui candidato
il partito è al 28%. La decisione mi sembra quindi scontata», afferma Ennio
Doris, numero uno di Banca Mediolanum e amico intimo del Cavaliere. In autunno
gli consigliò di farsi da parte, ma ora il patron dell’istituto di credito spiega
in un’intervista al direttore di Affaritaliani.it,
Angelo Maria Perrino, perché l'ex premier abbia deciso di ridiscendere in campo e
perché ritenga essenziale tale decisione. All’intervistatore, che gli ha fatto
rilevare come appaia più che ottimistica l’ipotesi di un’affermazione così vistosa,
considerato che il consuntivo del passato esecutivo Berlusconi non può che
considerarsi disastroso, il profeta della “banca tutt’intorno a te” s’è
dichiarato certo delle proprie allucinazioni, tenuto conto che nel programma elettorale dell’ex Unto del
Signore c’è la rinnovata bufala della riduzione delle tasse, da realizzare
attraverso la spending review e l’alienazione del patrimonio pubblico.
Ovvia la domanda successiva: ma allora perché non questa
riduzione non è stata fatta con il governo precedente, quando all'Economia sedeva quel gran genio di Giulio Tremonti? E qui Ennio Doris,
mollemente seduto sulla sua inseparabile Frau, s’è sparato la stupidaggine del secolo:
«Le coalizioni fanno fatica a realizzare
progetti così ambiziosi!», come dire “vedrai che adesso che prenderà il 28%”,
- largamente meno del 46% della coalizione precedente, - “il miracolo si
compirà e farà impallidire l’autore della moltiplicazione dei pani e dei pesci”.
Ma se non mancano i boccaloni e i manipolatori delle
masse presunti, in questo clima svergognato di battage pubblicitario pro Cavalier Viagra
non mancano altrettanto quelli veri, come l’indomabile Sallusti e i suoi scherani
armati di penna al vetriolo, che alla notizia della rentrée hanno cominciato ad
elevare salmi e ad organizzare sacrifici propiziatori. Tra gli immolati per
accattivarsi la benevolenza dei numi c’è la Minetti, indicata come “trombata
dal Cavaliere” – non si capisce bene se trattasi d’un ritorno al passato, e
nulla è dato sapere circa la posizione assunta dalla vittima nella circostanza –
e, -ahilui!, - la Santanché, la Danielona prossima allo stesso Sallusti, che, in
tempi non remoti, aveva dichiarato che il vecchio reprobo di Arcore ce l’aveva
su con lei solo perché s’era sempre rifiutata di dargliela. Ovviamente il suo
successivo ingresso nel PdL, con tanto di scalata ai vertici della dirigenza,
sino alla presunta auto-candidatura alla segreteria del partito in alternativa
ad Angiolino Jolie, lascia intuire che anche per la Santanché il famoso detto dell’ugonotto
Enrico IV di Francia “Parigi val bene una messa” sia sempre di grande attualità.
In ogni caso, illudersi di rifarsi la faccia e la credibilità "trombando" (il verbo volutamente equivoco e de il Giornale) qualche Lolita imposta a suo tempo nei ranghi del partito e nelle istituzioni è ancora una volta sintomo di una patologia mentale grave e persistente.
Noi, francamente, non nascondiamo la nostra felicità per la
decisone del Cavaliere, non fosse perché le sue gesta, le sue iniziative, le
sue dichiarazioni offrono spunti tragicomici interessanti nel grigiore cui ci
sta assopendo il mesto professore Monti e la sua troupe di bolsi professori. Ci auguriamo solamente che nel suono
fragoroso delle pernacchie l'impareggiabile Cavaliere non se ne venga fuori con la solita battuta
ipocrita: “Sono stato frainteso! Rimango fuori e faccio il padre nobile”, anche se di nobile nei suoi trascorsi c'è veramente poco.
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