Il modernismo all'italiana
Martedì, 15 gennaio
2013
C’è chi scorato e al colmo dell’ira
sostiene che il nostro è diventato un paese di arroganti imbecilli. C’è chi
invece sorride amaramente per le continue alzate d’ingegno d’un paese legale
completamente avulso da quello reale, dove si continuano a varare pseudo
provvedimenti “semplificativi” senza tener conto che, nella realtà di
riferimento, questi saranno difficilmente applicabili o finiranno per
complicare inutilmente le cose anziché semplificarle.
All’indomani dell’entrata in
vigore anche per le famiglie del redditometro, - nobile quanto assurdo
strumento varato per “stanare gli evasori” ed il cui effetto sarà quello d’accendere
una guerra senza quartiere tra chi, onestissimo, già paga e salato e chi
continuerà a restare nell’ombra in barba agli 007 in salsa di pomodoro
nostrani, - ecco l’ennesimo appuntamento con la stupidaggine assurta a regola: a partire dal corrente anno non
sarà più possibile presentare domanda d’iscrizione scolastica in forma
cartacea, ma solo per via telematica.
La trovata in un paese civile si potrebbe ritenere assai apprezzabile, dato che consente di evitare inutili
code con ore d’attesa, con tutto ciò che comporta per chi lavora, presso le segreterie
delle scuole, oltre a realizzare evidenti risparmi nell’impiego del personale
addetto alla ricezione del cartaceo, spesso coinvolto suo malgrado in inutili
polemiche sull’inserimento nella modulistica di dati errati, di allegati
mancanti e via dicendo. A partire dal corrente anno, dunque, fine delle code e
della carta e, comodamente seduti in salotto, magari intenti a sorbire un thè,
sarà sufficiente aprire un banalissimo computer, connetterlo ad internet,
cercare il sito della scuola con la quale collegarsi e, come per incanto, il
gioco è fatto. Ma è qui che con fragore d’ossa rotte cade il famoso asino e si
delineano drammaticamente i problemi.
Sì, perché chi scalda la sedia
nei palazzi del potere e si diletta ad inventare “specifici di Dulcamara” di donizettiana
memoria fa sovente i conti senza l’oste o s’illude d’avere a che fare con una
realtà che esiste solo nei rotocalchi o nella fiction più moderne, mentre nel
quotidiano il computer è un oggetto ancora sconosciuto a tanti e l’acronimo
ADSL è al meglio tradotto come “Associazione dei senza lavoro”. Ciò nonostante
e senza vergognarsi che mai sia stato assunto un provvedimento di legge che
obblighi le compagnie telefoniche come la Telecom a fornire un servizio minimo
di connessione alla rete a tutte le faglie italiane, si continuano a varare
norme e provvedimenti che finiscono per generare il panico tra coloro che, non
potendo fra poco acquistare quattro michette per mangiare, figuriamoci se
possono passarsi il lusso d’acquistare un pc, con l’onere poi di spiegare a
Befera dove hanno trovato i soldi. Né va sottovalutato che un pc, per quanto ormai
friendly negli allestimenti in commercio, diventa comunque un ordigno
misterioso e incomprensibile nelle mani di tanti che non hanno la più pallida
idea di cosa sia un browser, un url, uno shift o un invio e un click. Chi
pensasse si stia esagerando provi a chiedere alla nonna settantenne di eseguire
la banale connessione con il sito del comune in cui risiede o con la banca con
la quale intrattiene un rapporto di conto corrente dopo l’obbligo di dotarsene per
vedersi accreditata la pensione.
Ma a questa ventata di
modernizzazione idiota non è esente nessuno. Anche l’INPS, il glorioso istituto
pigliatutto già dallo scorso anno ha imposto la procedura telematica per l’inoltro
delle domande di pensione, con il risultato che anche se hai tre lauree, di cui
una conseguita al MIT di Boston, compilare una domanda di pensione senza l’ausilio
di un patronato, che conosce tutti i gangli della procedura, risulta pressoché
impossibile.
Come se questi argomenti non
bastassero, veniamo al tema principe e cioè quello della connessione ad
internet, che rimane un miraggio per una quota assai rilevante della popolazione
nazionale. La tabella che segue offre una panoramica aggiornata della
diffusione della ADSL di prima generazione e quella a cosiddetta banda larga in
Italia (ADSL+), che non tiene conto delle aree (maggioritarie) completamente
non raggiunte dal servizio.
Se si eccettuano i grandi centri
urbani, dove le linee ADSL sono da tempo in esercizio pur se con una qualità di
connessione non eccelsa, un buon 30% della popolazione della Penisola è ancora
tagliata fuori per effetto del famigerato digital
divide, che non consente di avere un servizio di connessione. Le ragioni di
questo ostacolo, quantunque obiettivamente aggravato dalla morfologia del
territorio nazionale, sono molteplici. Vanno primariamente dallo strafottente atteggiamento
dei nostri governanti che si sono rifiutati di riconoscere alla connessione
internet lo status di “diritto universale” come è avvenuto nella maggior parte
d’Europa, costringendo le compagnie telefoniche ad ammodernare gli impianti e
garantire l’erogazione di un servizio di connessione minima a tutta l’utenza.
Passano attraverso la cultura assistenzialista delle imprese telefoniche
nazionali, che avrebbero preteso sussidi ed investimenti pubblici a fondo
perduto per l’ammodernamento della rete, e la guerra senza quartiere che hanno
promosso nei confronti delle nuove società entrate nel mercato delle
telecomunicazione per l’erogazione di servizi di connessione wi-fi per internet
e telefonia mobile. Un esempio di questa vergognosa guerra è offerto dai
risultati del wi-max, che se non ostacolato dall’oligopolio esistente avrebbe
dovuto permettere un accesso ai servizi internet anche in aree remote dell’Italia,
grazie ad un sistema capillare di ripetitori, con velocità di connessione
addirittura di 20-30 MB/sec, quando l’attuale connessione della Telecom nel 70%
dei casi non arriva neppure a quei 7MB/sec protervamente pubblicizzati in pompa
magna. Né, infine, si parli di fibra ottica, rete realizzata da Fastweb nell’ultimo
ventennio, rimasta un caso isolato sebbene negli ultimi tempi, recitando un
tardivo mea culpa, stia vedendo Telecom riconsiderare il proprio piano d’investimento
pluriennale e guardare alla tecnologia con rinnovato interesse.
C’è da chiedersi, quindi, che
significato abbiano le iniziative varate dalla pubblica amministrazione alla
luce di questa realtà. Sembra quasi che i provvedimenti vengano assunti più guardando
in casa propria ed ai servizi inevitabilmente presenti nei palazzi romani del
potere che non a quelli effettivamente fruibili nelle case degli italiani. D’altra
parte è proprio la qualità dei servizi di cui si fruisce, a fronte di una
tassazione diretta e indiretta che opprime, che si motivano in certa misura le forme
di disobbedienza o di evasione fiscale. Fino a quando non ci si vorrà render
conto che la gente non paga le tasse per vedere - nella migliore delle ipotesi - i
porci ingrassare nelle stalle, ma per ottenere in cambio servizi irrinunciabili
di qualità, che rendono effettivamente il paese moderno ancorché civile, allora
anche l’elusione dei propri doveri di cittadino di contribuire al finanziamento
ed alla sostenibilità della spesa pubblica e dei suoi apparati diventa
legittima: legittima difesa.
(nella foto, un gruppo di contadine alle prese con l'iscrizione a scuola dei propri figli)
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