mercoledì, marzo 23, 2011

Processo breve, sì a norma salva premier

Mercoledì, 23 marzo 2011
C’è chi passa alla storia per le ragioni nobili, c’è chi passa alla storia per fatti, vicende e azioni che di nobile non hanno assolutamente nulla, ma per aver commesso azioni che rappresentano l'apoteosi dell’ingiustizia e della vergogna. Basta pensare al vile Maramaldo per rendersi conto che la storia, in fondo, non fa che registrare accadimenti e trasferirli ai posteri senza stilare alcuna classifica di meriti o demeriti.
Da oggi in questo infinito libro dei ricordi sarà annoverato anche un distinto signore di Belluno, Maurizio Paniz, di professione avvocato, tra i parlamentari più ricchi di questa miserevole Repubblica, che nelle ultime ore ha immortalato il suo nome accanto ad una delle iniziative più indecenti dell’era moderna: la prescrizione breve per gli ultrasessantacinquenni, cioè per il signor Silvio Berlusconi attualmente sotto processo per il caso Mills.
La Commissione giustizia della Camera, infatti, ha approvato, a maggioranza, la norma taglia-prescrizione per gli incensurati. Durante il voto sugli emendamenti, alla ripresa dei lavori nel pomeriggio, è passato l'emendamento Paniz quattro-bis, che premia chi ha la fedina pulita e allunga i tempi della prescrizione per chi è recidivo. La norma non si applica ai procedimenti in cui è già stata pronunciata sentenza di primo grado. Hanno votato contro Pd, Udc, IdV e Fli, che hanno anche deciso di abbandonare l’aula della Commissione, ritenendo che non vi siano più le condizioni per impedire il passaggio alle Camere di una legge che definire ad personam sarebbe solo un eufemismo. Sì, invece e ovviamente, da Pdl, Lega e gruppo dei sedicenti Responsabili.
L’avvenimento è di una gravità inaudita e dimostra come lo sfacelo delle regole democratiche e dello stato di diritto sia ormai senza alcun freno e che, come ha osservato qualcuno, il processo di ritorno al medioevo delle coscienze, in atto da quando la iattura Berlusconi s’è abbattuta sul Belpaese, sia in fase d’inarrestabile accelerazione.
Di fronte a questi accadimenti, la notizia proprio di ieri, che l'ex presidente israeliano Moshe Katzav è stato condannato a sette anni di carcere dopo essere stato riconosciuto colpevole di stupro, crea malinconia, poiché mette in evidenza l’esistenza di un mondo, che non è il nostro, nel quale c’è ancora il rispetto dei principi d’eguaglianza dei cittadini al cospetto della legge, a prescindere dai ruoli che hanno ricoperto e dal potere che hanno esercitato.
E si badi, l’inaccettabilità della legge approvata in Commissione non sta tanto nel fatto pretestuoso che tanti vorrebbero Silvio Berlusconi condannato in un processo per potersi liberare della schiavitù morale e culturale in cui ha ridotto l’Italia. Questi sono solo argomenti esibiti ad arte da una banda di politicanti truffaldini che mascherano con simili argomentazioni la loro propensione al servilismo becero. I cittadini vorrebbero invece che il loro primo ministro, questo sedicente uomo specchiato e senza macchia, si presentasse davanti ai giudici come qualunque mortale e si facesse giudicare, facendo valere le proprie ragioni e la propria innocenza nelle sedi deputate, anziché tentare di sfuggire con ogni mezzo alle aule dei tribunali dichiarandosi perseguitato politico. E tale persecuzione non può dimostrarsi con la sussistenza dei tanti processi e delle tante inchieste in cui è coinvolto. L’alto numero di procedimenti dimostra, semmai, la propensione alle iniziative borderline di Berlusconi, che non ha mai fatto mistero con arroganza e supponenza esemplari di sentirsi al di sopra della legge e delle pastoie che per queste rappresentano per i suoi affari e la concretizzazione delle sue debolezze.
D’altra parte, un personaggio che ancora oggi, davanti alle sconvolgenti violenze che stanno percorrendo la Libia di Gheddafi, non ha il buon senso ed il buongusto di prendere le distanze da un criminale come il Colonnello, la dice lunga sul concetto di democrazia che lo ispira, così come la proterva ostinazione con la quale s’è abbarbicato alla poltrona di palazzo Chigi travalichi il ricorso alla legittima difesa dell’investitura che gli ha conferito il corpo elettorale.
Paradossalmente, alla luce di queste ulteriori manifestazioni di disprezzo per il Paese e la democrazia, il problema che si pone per il futuro non è quello di imbastire un’efficace interdizione all’operato del suo governo quanto quello di tenere sotto controllo i meccanismi democratici di confronto con una politica folle e squadrista, che così continuando rischia di condurre al crollo delle regole e della tolleranza.
L’Italia proprio in questi giorni festeggia il 150° della sua unificazione in stato unitario, unità voluta dall’iniziativa di drappello di volontari partiti da Quarto e sbarcati a Marsala con l’idea di liberare intere aree del Paese dal giogo dei Borboni e del potere temporale della Chiesa, che avevano ridoto il popolo in miseria e schiavitù. S’illude però chi ritiene che nel terzo millennio non sussistano più le condizioni in Italia per un movimento di popolo che possa con la forza ribaltare assetti politici sgraditi e odiosi, dato che apparentemente non vi sarebbero condizioni di miseria e schiavitù come quelle del tempo dell’impresa garibaldina: la miseria e la schiavitù morale possono essere moventi persino più potenti della fame fisica nel promuovere iniziative tese ad abbattere la tirannia e la sordità dei potenti di turno.

(nella foto, il parlamentare Maurizio Paniz, autore in Commissione giustizia dell'emendamento salva-premier)

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martedì, marzo 15, 2011

Fino a che punto arriverà l’irresponsabilità?

Martedì, 15 marzo 2011
Le vicende che stanno sconvolgendo il Giappone e l’intera economia mondiale, - che certamente non s’aspettava questa tragedia immane proprio nella fase in cui timidi segni di ripresa si stavano manifestando, - ha due protagonisti. Il primo protagonista è la natura, contro la quale nulla può fare il genere umano, se non subire le conseguenze della sua imprevedibilità e della sua inimmaginabile forza distruttrice. Il secondo protagonista è l’uomo, che con le sue scelte, molto spesso tanto avventate quanto nefaste, crea le condizioni affinché un disastro naturale possa moltiplicare esponenzialmente le sue conseguenze.
La questione nucleare, che è ritornata oggi prepotentemente alla ribalta dopo le conseguenze sulle centrali del violentissimo sisma che ha colpito il Giappone, conferma quanto da sempre gli avversari di questa tecnologia hanno sostenuto e che cioè non esiste una modalità assolutamente sicura di gestione dell’energia atomica e che i rischi connessi sono tali da sconsigliare a chiunque abbia il minimo senso di responsabilità di imbarcarsi in avventure del genere.
Né ha senso, a sostegno della posizione dei nuclearisti, asserire che l’impianto di Fukushima, dove si stanno creando i gravissimi problemi di contaminazione radioattiva, è datato e, dunque, la tecnologia impiegata è tale da non consentirne una gestione in un emergenza straordinaria, ancorché derivante da eventi catastrofici e imprevedibili. La produzione di energia nucleare avviene con procedimenti simili a quelli con i quali funzionano gli inneschi delle bombe atomiche e pretendere di contenere gli effetti di un’eventuale esplosione atomica in un bunker, per quanto appositamente progettato, è cosa del tutto fantascientifica per non dire priva di ogni senso.
A conferma della pericolosità e dell’ingestibilità di eventi come quelli giapponesi, per quanto inconsueti e difficilmente ripetitivi, basta leggere l’articolo pubblicato oggi su Le Scienze a firma di Giovanni Spataro, che spiega tecnicamente le ragioni per le quali Fukushima, come qualunque altra centrale nucleare, non può ritenersi esente da rischi e dalla creazione nell’ambiente di conseguenze spaventose in caso d'incidente.
Nonostante questi accadimenti dovrebbero suggerire una revisione dei progetti in atto di nuove avventure nucleari, specialmente in quei Paesi nei quali tale tecnologia non sia ancora attecchita, proprio stamani il ministro italiano dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha avuto l’impudenza di presentarsi in televisione e dichiarare agli Italiani che il governo Berlusconi non ha subito alcun ripensamento dal disastro in atto in Giappone e intende proseguire imperterrito nel piano di nuclearizzazione del Paese. A far nascere dubbi sull’opportunità di imbarcarsi in questa criminale intrapresa non sono servite neanche le decisioni tedesche e svizzere delle ultime ore, che, per bocca dei rispettivi premier, hanno annunciato la chiusura immediata delle centrali più vetuste ed il blocco dei piani per nuovi insediamenti industriali di produzione di energia nucleare.
Fortunatamente da qualche giorno tacciono i megafoni mediatici di questo centrodestra scellerato e irresponsabili, che dopo gli idioti sberleffi, - sberleffi motivati più dall’irrefrenabile faziosità che dalla effettiva valutazione delle drammatiche informazioni provenienti dall’estremo oriente, - contro chi aveva lanciato l’allarme anche per l'Italia, terra notoriamente sismica, sulle conseguenze del nucleare, ha preferito defilarsi in un silenzio eloquente. Il che fa ritenere che anche all’interno della coalizione di governo, in vista del probabile sollevamento popolare contro il piano nucleare di questo esecutivo, comincino a delinearsi distinguo e ripensamenti. A questo s’aggiunga che, allo stato attuale, non è stato ancora individuato alcun sito nel quale collocare le progettate centrali, vista la pressoché totale indisponibilità delle regioni ad ospitare sul proprio territorio fabbriche di morte. Né risulta che Berlusconi o la Prestigiacomo abbiano in programma di candidare rispettivamente Arcore e Siracusa come siti pilota per l’avvio del programma in questione.
In definitiva e senza per questo voler sminuire il dolore per la tragicità degli eventi che stanno martoriando il Giappone, il ricorso alla tecnologia nucleare per la produzione d’energia è stato folle e rimane pazzesco, poiché il prezzo dell’indipendenza nel fabbisogno d’energia non può essere realizzato mettendo a repentaglio la stessa esistenza del genere umano. Agli invasati che non trovano di meglio che abbarbicarsi alla scorciatoia nucleare per fronteggiare i problemi energetici, scorciatoia sostenuta dagli irresponsabili che questa strada hanno già imboccato, occorrerebbe ricordare che le atomiche, dopo le spaventose esperienze di Hiroshima e Nagasaki, non sono mai più state impiegate neanche nelle tante guerre che a quegli eventi hanno fatto seguito, sebbene avrebbero consentito rapide e facili vittorie. Evidentemente le conseguenze derivanti dall’impiego di simili ordigni tecnologici sono state considerate talmente esiziali per tutto il genere umano, quindi vincitori compresi, da dissuadere anche i guerrafondai più scellerati e caparbi. E sarebbe paradossale che, solo per questioni di principio, non si facesse neanche alle ulteriori evidenze la dovuta marcia indietro persino in tempo di pace.

(nella foto, il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo)

lunedì, marzo 14, 2011

Le minchiate di Radio Londra

Lunedì, 14 marzo 2011
Sono anni che un Silvio Berlusconi che ha superato ogni limite di tollerabilità e di pazienza insulta, denigra e vilipende le istituzioni e la magistratura in particolare, in questo fiancheggiato da una schiera nutritissima di sicari, opportunisti e altra melma umana, che più o meno consapevolmente è pronta a reggergli bordone per ogni contumelia che proferisce.
Sebbene sia chiaro a tutti che questo attacco frontale ha l’unico scopo di delegittimare la magistratura e le istituzioni che ne difendono ruolo e prerogative al solo fine di poter infliggerle un micidiale colpo risolutivo, che cancelli definitivamente i suoi conti sospesi con la giustizia, la faccia tosta del premier, sempre più disperato e isolato nel contesto internazionale, vuole che vada avanti imperterrito. Come abbiamo più volte evidenziato la pubblicità è l’anima del commercio e, a forza di millantare per buone le proprietà inesistenti di un certo prodotto, qualcuno che lo compri ci sarà: il consenso è come l’olio, si versa e s’espande. Basta saperlo pilotare sulle vie più appropriate e, alla fine, il risultato è garantito.
A questo s’aggiunga la fragilità insospettabile della memoria umana, che tutto rimuove o, al peggio, rimodula al punto da far perdere peso determinante agli elementi negativi di certi fatti e così rivalutare persino l’improponibile. E chi non fosse convinto di questa tesi si interroghi in base a quali presupposti l’ex ministro Scajola s’è rifatto vivo proprio nelle ultime ore per reclamare un posto al sole, certo che le vicende cialtronesche della casa con vista Colosseo siano ormai nell’archivio dei ricordi sbiaditi.
Ma tornando alla questione magistrati, nella giornata di ieri c’è stata un’ulteriore presa di posizione di Berlusconi in difesa dell’obbrobrio messo in programma dal governo e presentato con il nome altisonante di riforma della giustizia. L’eroico presidente del consiglio, - così s’è autodefinito con la modestia che lo contraddistingue, - ha detto che i magistrati sono cittadini come gli altri e, dunque, se sbagliano debbono essere chiamati a pagare.
Il discorso non farebbe una grinza qualora a certi doveri corrispondessero diritti di peso equivalente. Ma così non è, in quanto i magistrati secondo le molto restrittive interpretazioni dei loro detrattori dovrebbero mutuare il motto dei Carabinieri, “usi obbedir tacendo”, e incassare ogni insulto da qualunque direzione provenga.
Questo è quello che ci ha ricordato ancora ieri sera Giuliano Ferrara, che, intervistato al TG1 del sodale Minzolini, non ha perso l’occasione per inveire contro il procuratore di Palermo Pietro Ingroia, colpevole di aver espresso la propria opinione non sulle fesserie che dice Berlusconi e il suo codazzo di cointeressati, ma sulla proposta di riforma della giustizia, quella giustizia che lui per primo, in quanto magistrato, dovrebbe poi amministrare.
«Se i magistrati fanno i comizi, i politici potrebbero anche fare le sentenze» ha sentenziato un Ferrara in evidente crisi di lucidità, che s’è sentito in dovere di richiamare persino il Capo dello Stato: «E' lui il presidente del Csm, dovrebbe dire qualcosa», quantunque questa richiesta non s’è capito bene se fosse indirizzata alle considerazioni espresse da Ingroia o alle elucubrazioni che lui si è lasciato sfuggire nello studio del TG1. Dopo di che, con l’eleganza che da sempre contraddistingue l’ingresso di un elefante in una rivendita di cristalli, ha lanciato lo slogan della sua trasmissione: «Sono schierato. Non come Santoro, Lerner, Dandini, Floris.», - ha aggiunto ironicamente, - «Dirò cose scomode; non dirle rende il paese più povero e anche più stupido», ha concluso con l’analoga protervia dell’uomo che difende. E a noi non resta che la speranza che il Paese, con le minchiate che ci racconterà Ferrara, non diventi ancora più povero e stupido di quanto non lo abbia ridotto 15 anni di presenza berlusconiana.
Ma la sortita di Ferrara non è stata la sola. Anche il presidente dei deputati del PdL, Fabrizio Cicchitto ha preteso di dire la sua: «Quello del procuratore Ingroia è un autentico caso. Un PM impegnato in indagini delicatissime concernenti i rapporti mafia-politica e che nel contempo partecipa a manifestazioni politiche, sviluppa attacchi politici. In sostanza è ormai un personaggio politico di prima fila e rappresenta una contraddizione devastante per l'equilibrio del sistema. Ci auguriamo che quanto prima, magari fra una pratica a tutela e l'altra, il Csm si occupi di questo caso gravissimo». Pare, in ogni caso che le sdegnose dichiarazioni del pidduista Cicchitto non abbiano trovato alcun consenso, se anche il vicepresidente del CSM, Michele Vietti, ha sentito il dovere di esprimere il suo pensiero, dissonante rispetto a quello di Cicchitto e in difesa di Ingroia: «Si deve consentire a tutti, anche ai magistrati, di dire ciò che pensano» della riforma costituzionale della giustizia. Tuttavia, - ha concluso Vietti, - «Raccomanderei su questa materia una grande prudenza, un grande equilibrio e una grande sobrietà a tutti, sia ai magistrati sia alla politica che ai giornalisti».
Come si vede ancora non è iniziato il dibattito parlamentare sulla questione giustizia, così come proposta dal governo, né tantomeno abbiamo ancora avuto l’immenso piacere di assistere allo show che ci riserva di certo un ringalluzzito e, soprattutto, schieratissimo Giuliano Ferrara, che già sono iniziate le schermaglie. Ma mentre le contrapposizione, le divergenze di opinioni, la dialettica, - per dirla con un termine solo, - quando abbia per oggetto il confronto sincero e disinteressato delle idee è l’anima della democrazia, ci chiediamo se un confronto sulla mistificazione della realtà e la promozione di squallidi interessi privati e di parte a interessi generali rientri ancora nei binari della democrazia.

(nella foto, Pietro Ingroia, PM antimafia di Palermo)

domenica, marzo 13, 2011

Idioti si nasce faziosi si diventa

Domenica, 13 marzo 2011
“Un'apocalisse, ma la sinistra specula sul nucleare” e "L'incidente? Meno pericoloso di una sigaretta", il Giornale di Alessandro Sallusti; “Balle atomiche” e “Zichichi: «I reattori reggono a qualsiasi evento catastrofico»", Il Tempo di Mario Sechi; “Un disastro naturale val bene una speculazione, soprattutto in vista di referendum”, Libero di Maurizio Belpietro e Vittorio Feltri.
Sono questi alcuni dei titoli di giornale apparsi nelle edicole nostrane a commento dello spaventoso terremoto in Giappone e dei danni registrati alla centrale nucleare di Fukushima nell’area di Miyagi, tra le più colpite dalla violenza dello tsunami seguito al sisma di magnitudo 9 della scala Richter.
Com’era prevedibile il drammatico evento giapponese ha riaperto il dibattito sul nucleare in Italia, progetto che fa parte del piano energetico della coalizione di governo e che, proprio in queste settimane, sembrava stesse subendo un’accelerazione.
Naturalmente il disastro che ha colpito l’estremo oriente del pianeta ha amplificato il grido d’allarme lanciato da moltissimo tempo da tutti coloro che osteggiano il ricorso a questa tecnologia per la produzione energetica, in considerazione della sua pericolosità e del fatto che l’Italia è un paese ad altissimo rischio sismico. Ma «ve la immaginate una situazione analoga in Italia?, vi immaginate una centrale nucleare costruita/gestita/controllata dagli stessi soggetti che non riescono a completare una autostrada (SA-RC), a costruire un inceneritore funzionale (NA), che da anni "pontificano" sullo stretto di Messina senza avere nemmeno un progetto preliminare degno di questo nome?», scrive un lettore de il Giornale commentando i titoli apparsi stamani su quel quotidiano, tesi a rivalutare l’idea nucleare del governo.
Sì, perché secondo la banda Sallusti, nel tentativo di minimizzare le nefaste conseguenze derivanti dall’esplosione di una centrale nucleare a causa dello sconvolgimento del sistema di raffreddamento delle barre di produzione energetica, la sinistra italiana guarderebbe solo strumentalmente al disastroso terremoto, per poter attaccare i progetti del governo in materia di nucleare. «Nella narrazione (termine vendoliano) della sinistra e dell’ambientalismo italiani, in Giappone non ci sono stati un terremoto e uno tsunami devastanti, con tutte le loro terribili conseguenze. No, in Giappone c’è stato un incidente gravissimo a una centrale nucleare. La sciagura, il disastro, riguardano solo ciò che è avvenuto, che sta avvenendo, attorno al reattore 1 della centrale di Fukushima» scrive tal Giuseppe De Filippi su il Giornale, che poi continua «Nichi Vendola se la prende con la “narrazione della leggenda della sicurezza” (appunto, la narrazione). E subito si fa cupamente veggente: “Quel fumo radioattivo è un’ipoteca drammatica non solo su quei territori del Giappone ma sulla vita della specie umana sul pianeta, io chiedo con forza che il Governo e il Parlamento blocchino l’opzione nuclearista nel nostro Paese”. E vabbè, parla di fumo e si fa fumoso. Quello, si è detto, è vapore acqueo, è entrato in contatto con alcuni elementi radioattivi fuoriusciti dal reattore e molto probabilmente porta qualche radioattività», - ci spiega il saccente De Filippi, - «ma, secondo tutte le analisi tecniche, il livello di pericolosità (che pure c’è) è basso». Ovviamente il collega De Filippi e il suo patron Sallusti non si sono mai mossi dalla redazione del loro quotidiano, ma hanno registrato, come chi scrive, le informazioni pervenute dall’ufficio del Primo ministro giapponese, che parlano dell’evacuazione a scopo precauzionale di oltre 30 mila persone (al momento, dato che si parla di circa 200 mila persone da evacuare) e di un livello di radioattività rilevata nell’area, a causa delle esplosioni già avvenute in quella centrale, pari al doppio ammesso. Tuttavia, in loro il desiderio di propaganda alla coalizione politica per la quale parteggiano è talmente forte da abbandonarsi senza ritegno alcuno a idiote e canzonatorie considerazioni sui richiami ai rischi del nucleare anche nella nostra realtà.
Sulla stessa lunghezza d’onda, - ma sarebbe il caso di parlare di cavallone per restare in tema e dare la misura della faziosità, - Mario Sechi, che scomoda persino il mitico Zichichi per farsi confermare da Ginevra, dove si trova lo scienziato, l’assurda tesi da ammannire ai suoi lettori. «Mi sono sentito con i colleghi giapponesi» - spiega l'illustre fisico italiano - «e mi hanno rassicurato, non c'è nessun allarme».
Ma a Fukushima qualcosa deve essere successo. C'era del fumo bianco che usciva dal reattore, fa notare l’intervistatore a Zichichi. «In quella zona c'è stato comunque un terremoto che avrà forse toccato alcuni sistemi di scambio d'acqua. Saranno scoppiati forse alcuni incendi locali. Ma non c'è stata esplosione. Che motivo avrebbero i giapponesi a nascondere un evento simile?», afferma lo scienziato, che a proposito dell’allarme ufficiale lanciato dalle autorità nipponiche precisa: «È una prassi normale. L'allarme è preventivo, non c'è nulla di straordinario. L'energia nucleare non va demonizzata, è la salvezza dell'umanità». Infine aggiunge: «Il cuore del sistema nucleare, se si rispettano le cose note, è sicuro. Il nucleare deve essere manipolato da chi lo sa fare. Le stesse tecnologie gestite da persone competenti e selezionate producono incidenti dieci volte inferiori. La tecnologia nucleare è la più sicura che oggi esista. Se non fosse stato per le bombe sarebbe stata la più grande invenzione di tutti i tempi: un chilo di uranio che produce la stessa energia di un milione di chili di petrolio!»
In fine, Libero, che non perde occasione per confermare come la guerra cieca in difesa di idee indifendibili finisca spesso solo per mortificare l’intelligenza. «Un disastro naturale val bene una speculazione, soprattutto in vista di referendum», - scrive il quotidiano, che prosegue- «Gianni Mattioli, del Comitato “Vota sì per fermare il nucleare” approfitta con scarso tempismo dell'incidente alla centrale nucleare di Fukushima, esplosa a causa del terribile sisma di venerdì in Giappone, per rilanciare il no all'eventuale costruzione di impianti atomici in Italia. Perché mai, chiede Mattioli, il nostro Paese "che ha un rischio sismico tale per cui i siti che potrebbero ospitare centrali nucleari, stando alle regole in discussione in sede Euratom, sono pochissimi", dovrebbe mettere mano a un programma di costruzione di impianti? Mattioli, già sottosegretario ai Lavori pubblici nel primo governo Prodi (1996-98) e responsabile delle politiche ecologiche per Sinistra Ecologia e Libertà, non si sofferma, per esempio, sul crollo della diga di Fukushima (secondo il sillogismo, si dovrebbe cessare di costruire dighe anche in Italia) e sulla magnitudo del sisma giapponese, 8,9°, mai verificatasi in un territorio pure a rischio sismico qual è il nostro. Meglio attaccare chi vede nel nucleare una possibile risposta alla crisi energetica dei prossimi anni, invocando "una profonda ribellione per l'incompetenza e l'ignoranza di chi porta avanti questa scelta, contro la quale stiamo organizzando una grande battaglia di democrazia e cultura scientifica". Mattioli ricorda come nei dintorni degli impianti nucleari c'è più del raddoppio delle leucemie infantili, quindi conclude: "Perché dovremmo far partire un programma che tra 20 anni darà un contributo solo del 5% ai nostri consumi?". Ma forse è un dibattito troppo delicato per metterlo sulla graticola di una tragedia ancora in corso».
Evidentemente cercare di distinguere in questo quadro chi ci mette del suo e chi fa solo ciò che può è un gioco arduo.

(nella foto, la centrale nucleare di Fukushima in Giappone, a rischio esplosione in seguito al disastroso terremoto delle ultime ore)

sabato, marzo 12, 2011

Riforme false e pastette vere

Sabato, 12 marzo 2011
Il governo vorrebbe stabilire su quali reati i giudici devono intervenire e vorrebbe far decidere alla maggioranza parlamentare che lo supporta su quali indagare e quali no.
«Se la riforma della giustizia di cui il governo s’è fatto promotore fosse stata in vigore, la storia di “mani pulite” non sarebbe mai stata scritta».
Ecco, basterebbero già queste due considerazioni, - la prima ovvia conseguenza dell’impalcatura delle riforma proposta da PdL e Lega, e la seconda sfrontata dichiarazione di Silvio Berlusconi in persona, - per far ritenere morto e sepolto ogni possibile dialogo sul progetto dell’esecutivo di modificare il sistema giudiziario italiano.
D’altra parte c’era da aspettarsela una sortita come quella di cu si parla. Un presidente del consiglio sceso in campo personalmente per mettersi al riparo dalle conseguenze giudiziarie delle innumerevoli illegalità consumate all’ombra di padrini come Bettino Craxi, travolto dallo tsunami tangentopoli, non poteva che sollecitar uno smantellamento dei principi più elementari del codice penale, come atto finale di un attentato alle regole giuridiche continuato nel tempo. Così, falliti sino ad oggi i tentativi di liberarsi definitivamente dalle maglie della giustizia nonostante la cancellazione del falso in bilancio, i legittimi impedimenti, i processi brevi e le altre vomitevoli diavolerie inventate con la complicità di giuristi ormai alla disperazione, adesso si tira fuori il coniglio dal cilindro e si presenta un progetto di riforma della giustizia che definir ridicolo è solo un eufemismo.
Ma il paradosso sta nel fatto che Silvio Berlusconi stesso è ben conscio che una riforma basata su un improponibile asservimento della magistratura al governo non passerà mai il vaglio del Colle e, soprattutto, il referendum popolare cui l’impalcatura delle norme in questione dovrebbe essere sottoposta, dato che in parlamento mai si raggiungerebbe il quorum dei due terzi per la sua approvazione definitiva.
Allora c’è da chiedersi quale sia la ragione per la quale Silvio Berlusconi apra l’ennesimo fronte di scontro con le opposizioni, l’ordine giudiziario, la Presidenza della Repubblica e la stragrande maggioranza della pubblica opinione, peraltro arcistufa di questa vergognosa farsa a base di bulli e pupe che ormai occupa la quotidianità del Paese.
La risposta non è ardua, anzi è molto più facile di quanto si possa pensare, perché rientra nella strategia di distogliere l’attenzione da eventi assai nocivi per l’immagine del padrone del vapore Italia, come il processo per sfruttamento della prostituzione in cui è coinvolto in prima persona, e catalizzare l’attenzione su questioni più d’apparenza che di merito. In altri termini, se lo scontro politico si sposta dalle aule dei tribunali in cui si processa il capo del governo per reati infamanti ai palazzi istituzionali del confronto politico, magari per discutere di qualcosa apparentemente importante, è probabile che ci sia meno spazio per discutere delle questioni personali del premier e che la sua immagine non imbocchi la via del precipizio.
Non si spiegherebbe altrimenti l’apertura di una discussione come quella sulla giustizia che a detta degli stesi promotori prevede una conclusione nell’arco di un biennio, dunque a rinnovo già avviato di legislatura. Che poi nel progetto di riforma siano state previste gravissime provocazioni come due CSM, la cancellazione dell’obbligo dell’azione penale, l’avvio di indagini solo sui reati annualmente previsti dal parlamento, magari nel corpo della finanziaria, una farraginosa separazione di carriere tra inquirenti e giudicanti, strane dipendenze della polizia giudiziaria dal ministro della giustizia, è un’evidente tentativo di amplificare la portata del paradosso, proprio per stimolare l’innalzamento del livello di guardia e di scontro. Nello stesso tempo se per puro caso qualcuna delle puttanate inserite nel progetto dovesse persino passare, per svista o per effetto dei normali processi di scambio, sarebbe tutto guadagno per un personaggio che della ricerca dell’impunità ha fatto un’ossessione.
Ancora qualche giorno fa Giuliano Ferrara, promotore della kermesse delle mutande, - grazie alla quale su presumibile ordine del Sardanapalo di Arcore s’è guadagnato un contratto principesco nella RAI controllata da Masi, - urlava invasato che s’augura un Cavaliere tornato all’antico, con una propositività capace di togliere terreno alle iniziative di un’opposizione compattata dall’immobilismo in cui sembrava caduto il governo: l’uscita sulla riforma della magistratura sembra rispondere a quella sollecitazione.
Ma se con questa tattica Silvio Berlusconi s’illude di poter riprendere un po’ di fiato, non è detto che alla fine i risultati corrispondano a quanto nelle intenzioni. Non è più tempo in cui s’è disposti a mandar giù tutte le scemenze che vengono propinate ad arte e persino popoli notoriamente meno aperti e acculturati del nostro ne stanno dando dimostrazione; e illudersi che tutte le ciambelle vengano con il buco, sol perché sì è maestri di pastette e di frittate, può rivelarsi alla lunga esiziale.

(nella foto, il ministro della giustizia, Angelino Alfano)

giovedì, marzo 10, 2011

I servi del male

Giovedì, 10 marzo 2011
Ce l’ha fatta. Il progressista a gettone, il juke-box dell’antipuritanesimo, finalmente si insedia negli studi della RAI e a suon di milioni, nello spazio che un tempo fu di Enzo Biagi, ci racconterà il suo obiettivo punto di vista sui fatti della cronaca politica italiana.
Ora, non c’è nulla da eccepire se anche a Giuliano Ferrara viene lasciato spazio sulla televisione pubblica affinché, a braccetto con i paladini della trasparenza, dell’onestà e dell’obiettività dell’informazione, di cui il centrodestra è infarcito come un bignè, o in supporto ai liberi pensatori dai nomi roboanti, - Minzolini, Sallusti, Belpietro, Feltri, Sechi, Porro, Facci, e altri rari esemplari di pensiero liberista, che nella famosa scala di Sciascia si collocano appena prima di quaquaraquà, - ci venga a magnificare la nullità di Silvio Berlusconi e vada a colmare i vuoti d’indottrinamento malriusciti a Capezzone o al pasdaran della P2 Cicchitto. Ma che a questo personaggio venga riconosciuto il ruolo d’intellettuale di rango, al punto da collocarlo in uno spazio orario che fu scippato ad un maestro come Biagi, attribuendogli doti d’obiettività insospettabile, è francamente un affronto persino alla stupidità degli stupidi. E che sia sopportabile che il promotore di un partito antiabortista e schierato sulle posizioni più reazionarie di uno dei papi più reazionari dell’era moderna, Ratzinger, si spacci per paladino della crociata contro il neo-puritanesimo, francamente, equivale a chiedere l'impossibile.
Ormai il nostro è un Paese nel quale la schizofrenia è bene comune e chi non è affetto passa per disadattato, nel migliore dei casi, o per guerrigliero potenziale, - l’accusa di comunismo appioppata dal malinconico e tragico ducetto di Arcore ha proprio quell’obiettivo.
Così, il grande giornalista e intellettuale, - l’inversione dell’ordine degli addendi non cambia il prodotto, - ci fa sapere, quantunque bontà sua non arrivi al punto da pretendere gratitudine come al suo squallido mandante, che spera «di fare polemica, di rompere la cappa di ipocrisia, di dispiacere a certi giornali, a certi commentatori. L'Italia è occupata non da Berlusconi, ma da una mentalità, da un cultura e da un modo di essere delle élite», che a Ferrara «fa venire l'orticaria». Né si preoccupa nella grottesca interpretazione che darà di sé e delle posizioni di difesa d’ufficio che assumerà a favore del premier di non reggere il confronto con un Biagi, la cui levatura morale sembra ai più al di sopra d’ogni critica e che sia rimasta intatta a parecchi anni dal suo esilio dalla RAI e dalla sua scomparsa. «Il successo di Biagi non è colpa mia. L'avrò visto due volte in tutto», dichiara Ferrara in perfetto stile berlusconiano, per poi aggiungere con arroganza pari solo alla sua stazza «Non sono Biagi, non accarezzo il pelo del gatto nel verso giusto. Ho messo in conto le critiche. E conosco l'apologo di Arbasino: brillante promessa quando lavoravo a Raitre, solito stronzo quando andai sulle tv di Berlusconi, venerato maestro a Otto e mezzo, dove volevano venire tutti». Poi conclude con un’affermazione di falsa verità e d’autocoscienza: «Per un certo ambiente, ora, tornerò il solito stronzo», che, al di là dell’autoironia, costituisce l’unica apodittica certezza. C’è comunque da dire che per 15 mila euro a settimana, - questo il compenso previsto al personaggio, - con ogni probabilità sarebbero tanti coloro che passerebbero volentieri per stronzi e andrebbero di corsa in tv ad ingrossare le fila dei ciarlatani, banditori e leccaculo del potente di turno.
Ma quantunque non si intenda qui mettere in discussione il diritto all’espressione del dissenso, essendo questa una delle regole della democrazia e il fondamento d’ogni libertà, - che magari né il Giulianone né i personaggi che difende meriterebbero, - la questione Ferrara assume un sapore diverso nella lotta politica in atto, che vede Berlusconi e le sue falangi da una parte, l’opposizione dall’altra e le istituzioni come sfondo di uno scontro senza precedenti. Il reclutamento di Ferrara, pertanto, non è funzionale al riequilibrio delle voci in campo, ma rientra nel meccanismo della “macchina del fango”, come ha ben sottolineato lo scrittore Saviano, che non esita ad avvalersi dell’ausilio di personaggi noti alla pubblica opinione pur di rendere credibili le falsità e il ribaltamento della realtà che propinano. Sono queste le tecniche criminali cui hanno fatto ricorso i regimi autoritari di ogni colore, neri e rossi, per anestetizzare le coscienze o stravolgere l’evidenza di fatti e il buon Berlusconi non poteva certamente fare eccezione.
Non può dimenticarsi, infatti, che il reclutamento di Giuliano Ferrara avviene in pieno scandalo Ruby, all’indomani della resa di pubblico dominio di una vicenda di sesso con minori che travalica il boccaccesco e invade prepotentemente il codice penale. Che la magistratura abbia sollevato il proprio braccio contro questi reati, ancorché commessi da Silvio Berlusconi in persona, era fatto dovuto e raccontare in giro che questa è un ulteriore prova della persecuzione giudiziaria contro il premier è mistificazione quasi altrettanto criminale al reato che si vorrebbe derubricare: se il vecchio assatanato s’è fatto una ragazzina deve essere perseguito come un qualunque cittadino e nessun verme rivoltante ha il diritto di gridare strumentalmente all’attentato politico da parte di chi quell'azione ha il dovere d'attivare. Chi è senza peccato ha il diritto sacrosanto di scagliare la prima pietra, è bene rammenti Ferrara, e faccia questo presentandosi in tribunale e ridicolizzando con altrettanti fatti riscontrabili le prove addotte dai magistrati a suo carico. Non si faccia ricorso a mezzucci ancora più infamanti, come ricorrere persino alla corruzione di qualche impiegato d’anagrafe marocchino, per falsificare il registro di nascita della vittima dell’abuso sessuale. Questa è un ulteriore inconfutabile prova della veridicità delle accusa e che ci si trova davanti ad un quadretto talmente squallido da non consentire alcun rispetto umano per l’autore del misfatto e per quanti lo proteggono, siano questi il presidente del consiglio e la congrega eversivo-golpista dei suoi parlamentari e megafoni di turno.
Allora il signor Ferrara farebbe bene prima di aprire la bocca e dar fiato ai denti di connettere gli elementi dei fatti di cui si parla, con l’onesta intellettuale che gli residua, piuttosto che mettersi al servizio definitivo di un padrone sputtanato la cui caduta, presto o tardi, trascinerà nel guano anche gli apparenti e disinteressati garantisti dell’ultim’ora.

domenica, marzo 06, 2011

La giustizia a misura di Arcore

Domenica, 6 marzo 2011
Il ciarlatano/piazzista di Arcore è alla frutta, anzi, come mormora irriverente qualcuno dei suoi opportunisti lacchè, è all’amaro. Una spia più che evidente di questa disperazione è il rifiuto di andare all urne, dove sa di incassare una sconfitta massacrante, dopo aver minacciato per lungo tempo il ricorso al voto anticipato.
Anche la Lega, gli sboroni di Pontida sempre pronti a minacciare con stupidaggini galattiche ora la secessione, ora la mobilitazione di quattro pecorai valtellinesi, di elezioni non parla più. E non perché abbia portato a casa uno sgorbio orripilante di federalismo, che sarà duro da far digerire persino ai più sprovveduti elettori del Carroccio, quanto perché i teatranti di via Bellerio sanno che la gente padana ha capito che parano le terga al Cavalier Viagra solo per portarsi a casa uno stipendio principesco ala faccia degli sprovveduti che hanno creduto nella grinta rinnovatrice di Maroni, Bossi Borghezio e tutto il carrozzone carnascialesco che questi hanno messo in piedi negli anni.
Altro che Roma ladrona e ridicole repubbliche del nord. Qui si fa leva sul malcontento vero della gente per sistemare Trote e ampliare il potere personale in banche, fondazioni e altre latterie similari.
Nel frattempo un disperato Berlusconi non si perde convegno remoto del PdL per lanciare anatemi contro gli avversari o per fare vacua propaganda agli sconosciuti meriti del suo esecutivo.
«La sinistra ancora una volta non esita di fronte a nulla nell'ultimo disperato tentativo di ottenere con scorciatoie mediatico-giudiziarie quello che non riesce a ottenere nelle urne». Lo dice il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, in un messaggio inviato alla prima Conferenza nazionale sul lavoro e occupazione femminile del Pdl. E alla platea di donne manda l’incomprensibile messaggio demenziale: «Chi cerca di strumentalizzare politicamente le donne non le difende, ma le mortifica», che per chi ne conosce le debolezze non può che significare che le donne hanno valore solo se orizzontali.
I guai giudiziari rimangono comunque in cima alle preoccupazioni del premier, che attraverso il suo legale fa sapere di essere pronto a «difendersi in aula», ma senza precisare che per ciascuno dei quattro processi cui è attualmente coinvolto si presenterebbe davanti ai magistrati una volta al mese, il lunedì, nella convinzione così di poter pilotare i termini di prescrizione. Nella stessa occasione ha fatto sapere «Giovedì presenteremo la riforma della giustizia. E' una riforma che sarà epocale». E su questo c’è da giurarci sopra: come non potrebbe essere epocale una riforma della giustizia proposta da un uomo sostenuto da una congrega di complici sputtanati che ormai da 14 anni non fa che massacrare istituzioni e magistrati? Poi, giusto più per autoerotismo più che per sincera convinzione, aggiunge ad libitum «Nessun governo mai ha fatto così bene. Stiamo lavorando sulla riforma tributaria, è una cosa assolutamente importante, siamo rimasti a leggi di 40 anni fa e abbiamo poi in programma il piano per il Sud», omettendo di rammentare in coda a questa mirabolante ed inedita notizia che si tratta dell’ennesimo coup de théâtre, visto che dei piani per il Sud s’è perso il conto, e che ci sono legittime ragioni per ritenere che servirà ad ingrassare le pance di tanti amici con baffi e coppola e del raro esempio di buongoverno dell’allievo di Marcello Dell’Utri, Gianfranco Micciché.
Mentre si preannunciano queste riforme vitali per il futuro del Paese la disoccupazione sale, riparte la cassa integrazione, si preannunciano nuovi tagli nella scuola pubblica (si parla di 20 mila cattedre) accompagnati a inauditi bonus per la scuola privata, non si parla dei problemi veri della nazione, cioè di come affrontare un tentativo di serio rilancio dell’economia o far fronte all’insostenibile aumento dei prezzi, in particolare degli alimentari, sotto la spinta della nuova crisi petrolifera in atto.
Parlare di queste cose o rammentare l’urgenza di questi temi sarà da comunisti, come ama apostrofare stupidamente un velenoso presidente del consiglio, ma dal nostro punto di vista è criminale, se non addirittura sintomo di un palese tradimento del mandato popolare ricevuto tacerne la priorità o disinteressarsene, creando le condizioni per una mortificazione dell’esistenza senza precedenti.
Purtroppo in questa canagliesca commedia dell’omissione Silvio Berlusconi può contare sul fiancheggiamento di squalificatissimi quanto ben pagati maitre à penser che riescono a catturare l’approvazione di categorie di idioti inebetiti o di delinquenti acclarati che hanno tutto da guadagnare dal rimestamento dello sterco cui si dedicano pervicacemente. Basta guardare ai vari Minzolini, Belpietro, Sechi, Feltri, Sallusti, Facci e via dicendo, - la lista è pari ad un elenco telefonico, - ai quali nelle ultime ore s’è aggregato, guadagnandosi un appannaggio da nababbo in Rai grazie alle sortite, il mutandaro Giuliano Ferrara, grande campione di coerenza politica del XX secolo, passato dalle fiere file di Lotta Continua all’inzerbinimento verso il tirannello di Arcore.
Ma il quesito è su dove ci condurrà questa situazione in cui l’unica cosa che fa notizia sono le ribalderie del premier e i suoi eccessi di legittima difesa. E a quanti serbassero dubbi sul vero significato di democrazia o sull’esistenza di una preconcetta antipatia nei confronti di Silvio Berlusconi suggeriamo, come ha fatto una nostra amica di recente, di dedicarsi alla lettura di un documento vecchio di 2500 anni, il discorso di Pericle agli ateniesi del 461, dal quale, per quanto possa sembrare strano, emerge come persino gli antichi Greci avessero un concetto di democrazia più sviluppato del nostro primo ministro e dell’armata di venditori di fumo di cui si circonda.

(nella foto, il direttore de il Foglio, Giuliano Ferrara, neo-zerbino di Berlusconi)

sabato, marzo 05, 2011

Federalismo e leggi truffa

Sabato, 5 marzo 2011
L’Italia ha il triste primato anche nella classifica dei paesi nei quali si producono leggi di comodo per alcune categorie di cittadini, provvedimenti inventati ad arte per tornaconto di precisi interessi di rami dell’amministrazione pubblica e altre alchimie normative che tutto hanno a cuore tranne che l’interesse generale dei cittadini. Tali leggi costituiscono il grande zibaldone delle leggi truffa di cui siamo decisamente maestri.
Gli esempi sono innumerevoli e stanno sotto al nostro naso. Basta osservare. Cosa dire per esempio della bellissima legge che ha innovato in materia elettorale? Candidati in odore di mafia e che disponevano di ingenti risorse potevano pagarsi una campagna elettorale. Cosa fare per combattere il fenomeno? Semplice si ricorre ad una legge truffa che assegna alla segreteria di ogni partito il diritto insindacabile di mettere in lista chi gli pare, compresi i delinquenti di prima, che adesso saranno eletti automaticamente in base ai voti raccolti da ogni partito. Non ci credete? Allora fatevi spiegare in base a quale meccanismo sono stati eletti i due specchiati senatori Dell’Utri e Cuffaro, giusto per far dei nomi di mero esempio, e poi trovate in giro qualcuno che afferma di aver votato UDC o PdL perché in lista c’erano i personaggi menzionati.
Questa legge elettorale è dunque una legge truffa, una delle tante, fatta per assecondare gli interessi del potere e non certo quelli dei cittadini. E non c’era proprio bisogno delle confessioni tardive di Roberto Calderoli, - l’autore della porcata, come lui stesso ha definito la legge di sua invenzione, - per rendersene conto ed apprezzare gli orrendi guasti che ha prodotto al nostro oramai prezzolato sistema parlamentare.
Ma la Lega è maestra di queste invenzioni e lo dimostra l’ennesimo strappo cui ha obbligato il Paese con le nuove norme sul federalismo municipale. Una legge demenziale, che se da un lato tenta di compensare le idiote norme che hanno cancellato l’ICI sulle seconde case, azzerando così gran parte dei proventi dei comuni, impone balzelli dissennati e di sapore medievale a chi decide di fare una gita fuoriporta e di dormire una notte in un albergo.
«L’effetto immediato del federalismo municipale sarà solo l’introduzione di nuove tasse, che per i nostri settori si tradurrà nell’aumento dell’imposta legata all’Imu e nella reintroduzione della tassa di soggiorno. Del federalismo abbiamo bisogno tutti ma con il federalismo questo provvedimento, per ora, c’entra ben poco. Non vedo tagli significativi agli sprechi, mentre chi paga le tasse ne pagherà ancora di più. Non siamo più le galline dalle uova d’oro», dice Massimo Zanon, presidente di Confcommercio Veneto, dunque voce al di sopra d’ogni sospetta appartenenza a fazioni avversarie della Lega.
Stando alle stime della Confcommercio, il passaggio dall’Ici all’Imu (fissata all’aliquota base del 7,6 per mille) comporterà una spesa maggiore per le imprese pari a 812 milioni di euro, con un aumento medio secondo le stime della Cgia di Mestre del 16,6% per il Veneto, pari a 108 euro di media per ciascuna unità immobiliare. E che non si tratti di critiche isolate è confermato anche dalla presa di posizione di Oreste Parisato, leader Cna, la galassia dell’artigianato, che sostiene che si tratta di «un provvedimento con molte ombre, perché dal federalismo ci aspettavamo più equilibrio nel rapporto tra gettito erariale e spesa pubblica, di certo non che aumentasse ulteriormente la pressione fiscale». Analoga protesta dagli operatori turistici, che pongono sul banco degli imputati, dopo l’Imu, anche la tassa di soggiorno, prevista a carico degli ospiti delle strutture alberghiere, campeggi, ostelli, ecc., salvo che tali strutture non siano legate ad organizzazioni di culto: «I nostri alberghi praticheranno l’esercizio del culto.» - ironizza il presidente di Confturismo, Marco Michielli - «D’altronde nella camera d’albergo o in roulotte ciascuno può pregare il dio in cui crede. E’ un federalismo irriconoscibile rispetto ai (buoni) propositi iniziali, non trovo la corrispondenza tra le promesse e fatti».
Ma allora, vien da chiedersi, perché s’è fatto così ampio clamore intorno ad una legge che persino agli addetti ai lavori appare un’emerita bufala?
La domanda è del tutto retorica, poiché non tiene in alcun conto che i quattro fanfaroni che da sempre sono saldamente incollati ai vertici del movimento padano dovevano pur portare a casa qualcosa per giustificare con il proprio elettorato il loro appoggio all’impresentabile di Arcore. Qui in ballo non c’è la battaglia per condizioni di vita più moderne e migliori di gente da sempre usa a lavorare sodo e che reclama maggiore equità a fronte dei sacrifici profusi, ma c’è la sordida guerra dei gerarchi leghisti per mantenere le poltrone e perpetuare i propri privilegi di casta, cosa che negli ultimi tempi hanno fortemente compromesso reggendo il bordone ad un governo di rissosi affaristi, dediti a gestire gli affaracci personali più che ad ocuparsi della collettività, a cominciare dal presidente del consiglio. Portare a casa pur un’oscena maschera di federalismo, ma comunque qualcosa che porti quel nome, permetterà a Bossi e soci di vendere ai tantissimi gonzi come una vittoria l’ennesimo imbroglio e di continuare i questa ridicola crociata per un’Italia ad autonomia diffusa e in grado di usufruire delle risorse prodotte localmente.
E che di gonzi ce ne siano oltre ogni ragionevole aspettativa e fatto conclamato. Basti pensare che in quel di Novara anziché festeggiare il controverso 17 marzo come festa nazionale per il 150° anniversario dell’unità del Paese i dipendenti del Comune, a maggioranza leghista, hanno accettato orgogliosi di farsi un giorno di ferie.

(nella foto, il Ministro leghista Roberto Calderoli, campione di demenziali leggi truffa)

mercoledì, marzo 02, 2011

L’esasperante potere del cialtrone

Martedì, 2 marzo 2011
Da troppo tempo va avanti la squallida storia di Berlusconi e compagni e fingere che il problema non esista non è certo possibile. Un po’ perché, piaccia o meno, questo personaggio è il presidente del consiglio di questo Paese pazzesco; un po’ perché le ribalderie e le cialtronate cui si abbandona impunito e senza ritegno alcuno sono tali da non poter passare inosservate o esenti da una critica severa.
Abbiamo più volte affermato di non avere alcuna debolezza bacchettona o bigotta, né tanto meno abbiamo inclinazioni voyeuristiche, che ci spingono a sbirciare dal buco della serratura nella camera da letto del tristissimo vegliardo per vedere come se la cava con le quattro manze ben pagate – in altri tempi si sarebbe detto troie. Porre la questione sotto questo profilo, come fa il tristissimo vegliardo e i suoi vomitevoli scagnozzi da quando è saltata fuori la storiella delle sue ossessioni sessuali, è puro stravolgimento della verità. Ciò che rileva non è certamente che il poveraccio si arrampichi alla vita e s’illuda di sconfiggere il peso dei suoi 75 anni rincorrendo un po’ di bernarda, quanto il fatto che non si fermi né davanti alla minore età delle troie che frequenta né che imponga ai cittadini di pagarne le prestazioni che gli rendono con un posto in parlamento o in un qualsiasi consiglio provinciale, regionale, comunale o di ente pubblico. E il fatto che finga di non capire che i motivi per i quali la gente è stufa di lui e dell’accozzaglia di squallidi lacché che lo osannano è la cosa che fa lievitare un’irritazione incontenibile, quell’irritazione che, così continuando, porterà ad un moto di popolo alla stregua di quanto sta avvenendo in altri Paesi del Mediterraneo per liberasi di gaglioffi spregevoli ai quali il nostro non ha nulla da invidiare.
Così, mentre l’opinione pubblica esprime una condanna senza appello per le vergognose storielle con la marocchina minorenne Ruby e le manze dell’Olgettina, lui s’inventa l’ennesima persecuzione della magistratura, allargata questa volta a fiancheggiatori insospettabili come il Quirinale e la Corte Costituzionale, che avrebbero fatto un patto per annientarlo dalla geografia della politica e sbatterlo in galera. Peccato che tra mille scuse e abusi, per i quali il comune cittadino sarebbe già da un pezzo a giocare a scacchi a spese dello stato, lui in un tribunale non si sia mai presentato e quando si proclama innocente e oggetto di persecuzione giudiziaria lo fa alla stessa stregua di qualunque stupratore, assassino o ladro sulla cui colpevolezza non sia ancora intervenuta una sentenza di condanna.
Ma il tristissimo vegliardo gode delle guarentigie di un ruolo dall’alto del quale può permettersi, fino a quando la tolleranza lo consentirà, di svillaneggiare il presidente della Repubblica, - troppo zelante con il suo staff nel rispedire al mittente le leggi in odore di illegalità, - la Corte Costituzionale, - nota aggregazione di comunisti, - e persino i cittadini, ai quali pretende d’imbonire una versione pazzesca della vicenda Ruby, secondo cui avrebbe telefonato in questura perché convinto che la puttanella fosse effettivamente la nipote di Mubarak: caro presidente, per una volta vogliamo fare come lei, mancando di rispetto all’istituzione Presidenza del Consiglio di cui lei non è che la caricatura, invitandola a andare a quel paese, se crede che ci si possa bere una stronzata del genere.
Certo, di gente che la stronzata se l’è bevuta, o almeno finge di, ce n’è tanta, a cominciare dai prezzolati che ricatta con la minaccia dell’esclusione dalla lista in caso di elezioni che ingombrano il parlamento e ingrossano le fila dei suoi supporter. Ma non s’illuda! Anche se Rotondi, - giusto per citare a caso il nome d’un signor nessuno che tutto è con lei e nulla senza di lei, - ancora oggi si sperticava nell’assoluzione dei ladri della vecchia DC e degli imbroglioni del defunto PSI, e nel magnificare la sua provvidenziale discesa in campo per raccogliere l’eredità di quei ladri e di quegl’imbroglioni è pronto a scaricarla non appena la sua tenuta vacillerà. Ciò nonostante, usando termini e argomentazioni per i quali meriterebbe d’essere rinchiuso in isolamento a Guantanamo piuttosto che sporcare una sedia a palazzo Chigi, l’abbia difesa a spada tratta e si sia augurato che si faccia finalmente pulizia di quei magistrati che le turbano il sonno.
Noi, caro presidente, siamo stufi di vederla invadere le nostre case con i suoi lamenti, le sue minacce, le sue stravaganze, le sue ossessioni, la sua arroganza e le sue proposte allucinanti, come la limitazione della libertà di stampa, la ridicola alternanza nei programmi RAI di viscidi sodali a professionisti seri, magistrati nominati con il gradimento dei suoi servi e soggetti al suo controllo, scuole occupate dalla sua propaganda ed altre schifezze innominabili. Ciò non significa che rinunciamo a muoverle critiche e farle battaglia democratica affinché lei ritorni alle catacombe dalle quali con le illusioni e quattro sapienti raggiri da piazzista è riuscito ad evadere, ma significa soltanto che non escludiamo di andar via da questo Paese, mai così pieno di fango come da quando lei è assurto al potere e nel quale è sempre più difficile riuscire a vivere senza avvertire il ribrezzo per la sua presenza.

(nella foto, Gianfranco Rotondi, ministro per l'attuazione del programma)